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ESTETICA E TEORIA DELLA PERCEZIONE

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Título del Test:
ESTETICA E TEORIA DELLA PERCEZIONE

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prof. Feyles Martino Maria

Fecha de Creación: 2022/01/07

Categoría: Otros

Número Preguntas: 426

Valoración:(1)
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2.1 Quale delle seguenti definizioni dell'estetica è falsa. l'estetica è una filosofia dell'arte. l'estetica è una filosofia del bello. l'estetica è una filosofia dell'esperienza sensibile. l'estetica è una filosofia del bene.

2.2 Quale tra i seguenti interrogativi non dovrebbe essere di competenza dell'estetica?. che rapporto c'è tra bellezza e perfezione?. che natura ha il piacere estetico?. che cos'è la felicità?. cos'è il sublime?.

2.3 Nella storia della filosofia occidentale l'estetica è stata concepita in modi diversi. Hegel la concepiva innanzitutto come una filosofia del bello, mentre Husserl la concepiva come una filosofia dell'arte. Husserl la concepiva innanzitutto come una filosofia del bello, mentre Hegel la concepiva come una filosofia dell'arte. Hegel la concepiva innanzitutto come una filosofia del bello, mentre Kant la concepiva come una filosofia dell'arte. Kant la concepiva innanzitutto come una filosofia del bello, mentre Hegel la concepiva come una filosofia dell'arte.

2.4 Quale tra i seguenti interrogativi non dovrebbe essere di competenza dell'estetica?. che rapporto c'è tra spettatore e immagine?. che caratteristiche ha il metodo scientifico?. è giusto censurare un'opera d'arte immorale?. che cos'è lo stile?.

2.5 Quale tra i seguenti interrogativi non dovrebbe essere di competenza dell'estetica?. qual è la forma di governo più giusta?. che rapporto c'è tra immaginazione e ricordo?. che cosa sono i sentimenti?. che rapporto c'è tra concetti e percezioni?.

3.1 Per Derrida la fenomenologia husserliana. implica un privilegiamento del problema del linguaggio che dipende da una metafisica della presenza. implica un privilegiamento della percezione che dipende da una metafisica della presenza. implica un privilegiamento del problema della tecnica che dipende da una metafisica della presenza. implica un privilegiamento dell'etica che dipende da una metafisica della presenza.

3.2 In "La voce e il fenomeno" Derrida. decostruisce la concezione husserliana del segno. decostruisce la concezione freudiana dell'inconscio. decostruisce la concezione husserliana della giustizia. decostruisce la concezione freudiana del segno.

3.3 La critica derridiana alla fenomenologia viene sviluppata in particolare in tre opere. "Il problema della genesi nella filosofia di Husserl", "Introduzione a Husserl ‘L'origine della geometria’", "Le voce e il fenomeno". "Il problema della genesi nella filosofia di Husserl", "Introduzione alle Ricerche Logiche di Husserl", "Le voce e il fenomeno". "Il problema del linguaggio nella filosofia di Husserl", "Introduzione a Husserl ‘L'origine della verità’", "Le voce e il fenomeno". "Il problema del linguaggio nella filosofia di Husserl", "Introduzione alle Ricerche Logiche di Husserl", "Le voce e il fenomeno".

3.4 Dal punto di vista metodologico si può dire che. il fenomenologo si preoccupa di descrivere in modo rigoroso l’esperienza, mentre il decostruzionista lavora principalmente sui testi. il decostruzionista si preoccupa di descrivere in modo rigoroso l’esperienza, mentre il fenomenologo parte sempre dall'intuizione. il fenomenologo si preoccupa di descrivere in modo rigoroso l’esperienza, mentre il decostruzionista parte sempre dall'intuizione. il decostruzionista si preoccupa di descrivere in modo rigoroso l’esperienza, mentre il fenomenologo lavora principalmente sui testi.

3.5 Dal punto di vista metodologico la decostruzione. è uno sviluppo ortodosso del metodo fenomenologico. è agli antipodi rispetto al metodo fenomenologico. implica il tentativo di "ritornare alle cose stesse". è uno sviluppo del metodo scientifico.

3.6 La decostruzione come stile di lettura dei testi filosofici ha tra i suoi antecedenti. Husserl e Nietzsche. Nietzsche e Heidegger. Nietzsche e Husserl. Husserl e Heidegger.

3.7 La decostruzione. implica un atteggiamento di rifiuto categorico della tradizione filosofica occidentale. implica un atteggiamento di rifiuto dei valori della tradizione religiosa occidentale e una affermazione dei valori puramente razionali della tradizione filosofica occidentale. implica un approccio critico alla tradizione filosofica, ma non implica un antitradizionalismo di principio. implica un tentativo di restaurare i valori fondamentali della tradizione filosofica occidentale.

3.8 Decostruire un testo. utilizzare il metodo filologico per contestare le tesi fondamentali del testo stesso. significa far emergere le contraddizioni, i riferimenti impliciti, i paradossi, le aporie che sono presenti nel testo stesso. significa mostrare che un testo non ha un autentico valore teoretico. significa leggere un testo cercando di essere il più possibile fedeli alla lettera del testo stesso.

3.9 Jacques Derrida. è nato a Parigi, ma ha insegnato prevalentemente negli Stati Uniti. è un filosofo francese, ma i suoi scritti sono prevalentemente in inglese. è nato ad Algeri, ma ha studiato e insegnato prevalentemente a Parigi. è nato a Parigi, ma ha insegnato prevalentemente ad Algeri.

3.10 L'estetica diventa una disciplina filosofica autonoma. nel XVIII secolo. nel XV secolo. nel XX secolo. nel XIII secolo.

3.11 Quale delle seguenti affermazioni è vera?. la crisi dell'estetica comincia grossomodo nel XVIII secolo. nell'antichità i problemi fondamentali dell'estetica sono già presenti ma non sono considerati come problemi che hanno una loro autonomia. l'estetica raggiunge il periodo del suo massimo sviluppo solo nell'età contemporanea, per effetto della crisi della modernità. l'età medioevale può essere considerata come un periodo di post-estetica, perché è un età buia.

3.12 Quale delle seguenti affermazioni è vera?. L'estetica nasce in età moderna perché solo nella modernità i problemi legati all'arte, alla bellezza e alla sensibilità vengono considerati come un settore autonomo del sapere e dell'esperienza. l'estetica nasce già in età antica, perché le prime riflessioni filosofiche sull'arte le troviamo già in Platone. L'estetica nasce in età medioevale perché solo con il cristianesimo l'arte acquista un significato autenticamente spirituale. L'estetica nasce in età medioevale perché i problemi legati all'arte, alla bellezza e alla sensibilità cominciano ad essere considerati come un settore autonomo del sapere e dell'esperienza.

3.13 Chi è il primo autore che utilizza il termine "estetica" nel titolo di un libro?. Derrida. Husserl. Kant. Baumgarten.

3.14 Quando l'estetica si costituisce come una disciplina scientifica autonoma?. nell'età postmoderna. nella modernità. nel medioevo. nell'antichità.

3.15 Il termine "decostruzione". nessune delle risposte indicate è corretta. indica soltanto la seconda fase dello sviluppo del pensiero derridiano. viene utilizzato per indicare un movimento di pensiero che si è sviluppato alla fine del XIX secolo, a cui Derrida aderisce fin dagli anni della gioventù. indica soltanto la prima fase dello sviluppo del pensiero derridiano.

4.1 Per Derrida la scrittura. è uno strumento tecnico subordinato ed inferiore rispetto al linguaggio orale. è uno strumento tecnico subordinato ed inferiore rispetto al pensiero. non è semplicemente un sistema neutrale di trascrizione dei significati che si producono nel linguaggio orale. è un sistema di trascrizione dei significati che si producono originariamente nel linguaggio orale.

4.2 Per Derrida il pensiero di Freud. nessuna delle risposte indicate è corretta. rimane logocentrico, perché la psicoanalisi concepisce il soggetto essenzialmente come ragione. offre degli strumenti teorici fondamentali per decostruire la nozione moderna di soggettività. offre degli strumenti teorici fondamentali per confermare la nozione moderna di soggettività.

4.3 In "Della grammatologia" Derrida. analizza la concezione della scrittura di Saussure, Levi-Strauss, Cartesio. analizza la concezione della scrittura di Husserl, Levi-Strauss, Cartesio. analizza la concezione della scrittura di Saussure, Levi-Strauss, Rousseau. analizza la concezione della scrittura di Bergson, Levi-Strauss, Rousseau.

4.4 Per Derrida la scrittura. essendo una tecnica, appartiene fin dall'origine alla "natura" umana. non essendo una tecnica, non può appartenere alla "natura" umana. essendo una tecnica, non può appartenere alla "natura" umana. non essendo una tecnica, appartiene fin dall'origine alla "natura" umana.

4.5 Nel 1967 Derrida pubblica tre libri in cui sono contenuti gli elementi teorici fondamentali della decostruzione: "La scrittura e la differenza", "La voce e il fenomeno", "Margini della filosofia". "La scrittura e la differenza", "Della grammatologia", "Margini della filosofia". "La voce e il fenomeno", "Della grammatologia", "La scrittura e la differenza". "La voce e il fenomeno", "Della grammatologia", "Margini della filosofia".

4.6 Dal punto di vista derridiano. la filosofia occidentale ha sempre operato una sorta di "rimozione" della scrittura, nel senso husserliano del termine. è sbagliato cercare di individuare ciò che in un testo filosofico è "rimosso" o negato. la filosofia occidentale ha sempre operato una sorta di "rimozione" della scrittura, nel senso freudiano del termine. la filosofia occidentale ha sempre operato una sorta di "rimozione" della coscienza, nel senso freudiano del termine.

4.7 Dal punto di vista derridiano l'inconscio. nessuna delle risposte indicate è corretta. è una sorta di scrittura "interna". è una memoria e dunque non può essere confuso con un archivio. è l'esatto opposto della scrittura.

4.8 Dal punto di vista derridiano la filosofia occidentale. ha sempre negato o misconosciuto il valore quasi trascendentale della scrittura. nessuna delle risposte indicate è corretta. ha sempre attribuito un valore trascendentale alla scrittura. ha sempre negato o misconosciuto il valore quasi trascendentale del soggetto.

4.9 Leroi-Gourhan è importante dal punto di vista derridiano. perché ha mostrato con argomentazioni empiriche e teoriche che antropogenesi e tecnogenesi coincidono. perché ha mostrato con argomentazione empiriche e teoriche che l'inconscio è la dimensione prevalente della soggettività. perché ha mostrato con argomentazione empiriche e teoriche che filosofia e letteratura non si possono mai separare. perché ha mostrato con argomentazione empiriche e teoriche che il testo può essere letto anche al di là delle intenzioni dell'autore.

4.10 La decostruzione implica. una critica dell'umanesimo e in questo senso è vicina ad altre correnti di pensiero post-strutturaliste. nessuna delle risposte indicate è corretta. una rivalutazione dell'umanesimo e in questo senso è vicina ad altre correnti di pensiero post-strutturaliste. una critica dell'umanesimo e in questo senso si distingue nettamente dalle altre correnti di pensiero post-strutturaliste.

4.11 Per Derrida. l'archi-scrittura non è una tecnica, mentre la scrittura lo è. c'è un legame essenziale tra la nozione di archi-scrittura e la nozione di intuizione. c'è un legame essenziale tra la nozione di archi-scrittura e la nozione di tecnica. l'archi-scrittura è una tecnica, mentre la scrittura in senso proprio non lo è.

4.12 Per Derrida. il nostro rapporto con la realtà è sempre immediato, ma di fatto siamo prigionieri di una sorta di "bolla testuale". il nostro rapporto con la realtà è sempre immediato e la realtà ciò che è fuori dal testo. non c'è nulla fuori del testo e dunque la realtà propriamente non esiste, esiste solo la testualità. il nostro rapporto con la realtà è sempre mediato e la realtà si presenta sempre come testualizzata.

4.13 La concezione derridiana del rapporto tra tecnica e uomo è per molti versi in debito con il pensiero di. Husserl. Leroi-Gourhan. Saussure. Freud.

4.14 Derrida ha più volte ribadito che. l'interpretazione decostruzionista dell'asserzione di "Della grammatologia", "non c'è fuori testo", è da escludere. l'interpretazione nichilistica dell'asserzione di "Della grammatologia", "non c'è fuori testo", è da escludere. l'interpretazione nichilistica dell'asserzione di "Della grammatologia", "non c'è fuori testo", è corretta. l'interpretazione relativistica dell'asserzione di "Della grammatologia", "non c'è fuori testo", è corretta.

4.15 Quale celebre asserzione di Della grammatologia viene generalmente considerata come lo slogan della decostruzione?. "non c'è fuori testo". "non c'è nulla fuori dal linguaggio". "non c'è nulla fuori dalla coscienza". nessuna delle risposte indicate è corretta.

5.1 Dal punto di vista derridiano. è necessario decostruire il primato della percezione teorizzato da Husserl. grazie alla percezione possiamo avere un'esperienza "originale" delle cose. la percezione in "carne ed ossa" è il prototipo di tutti gli atti intuitivi e il paradigma di ogni conoscenza. la percezione non è l'unico atto intuitivo, ma è l'unico che ci fa conoscere le cose in "carne ed ossa".

5.2 Dal punto di vista derridiano. bisogna vigilare per evitare di cadere nelle seduzioni dell'immaginazione e dimenticare la realtà. il problema dell'immaginazione non può essere considerato dal punto di vista decostruzionista, perché è un falso problema. la riduzione del problema dell'immaginazione è strettamente legata alla riduzione del problema del segno e dipende da una concezione logocentrica. la riduzione del problema dell'immaginazione apre la strada ad una concezione più autentica del segno.

5.3 Per Derrida. la memoria umana non è artificiale perché è una memoria interna. la scrittura è una forma di archiviazione, mentre la memoria è una forma di ri-percezione dell'originale. la distinzione tra memoria e archivio dipenda una contrapposizione tra "dentro" e "fuori" che deve essere decostruita. le memorie artificiali sono tecniche, mentre la memoria umana non ha nulla di tecnico.

5.4 Per Derrida. non esiste percezione pura e non esiste memoria che non sia in debito con una tecnica di scrittura. non esiste percezione pura, ma esiste una pura memoria. la memoria non è un archivio, perché è una forma di ri-percezione. la memoria è una scrittura, perché è una forma di ri-percezione.

5.5 La critica alla fenomenologia husserliana proposta da Derrida. implica una decostruzione della nozione husserliana di bellezza. implica una rivalutazione della nozione husserliana di bellezza. implica una nuova fondazione del progetto moderno dell'estetica intesa come teoria dell'esperienza sensibile. implica una decostruzione dell'idea moderna di estetica, intesa come teoria dell'esperienza sensibile.

5.6 Dal punto di vista derridiano. non è possibile tracciare una linea di confine netta tra l'arte in senso stretto e le altre forme di scrittura. è necessario tracciare una linea di confine netta tra l'arte in senso stretto e le altre forme di scrittura. la nozione moderna di arte non ha legami con la nozione di scrittura teorizzata nella filosofia decostruzionista. i problemi dell'estetica restano al fi fuori dell'ambito di interesse della decostruzione.

5.7 Secondo il prof. Feyles. la distinzione tipicamente moderna tra arte e tecnica è alla base del pensiero derridiano. la distinzione medioevale tra arte e tecnica, non potrebbe essere accettata da Derrida. la distinzione tipicamente moderna tra arte e tecnica, non potrebbe essere accettata da Derrida. la distinzione platonica tra arte e tecnica è alla base del pensiero derridiano.

5.8 La collocazione del bello tra i trascendentali. è una premessa necessaria per la decostruzione dell'estetica proposta da Derrida. presuppone un'ontologia che accoglie i risultati di un pensiero della differenza. è una conseguenza della decostruzione dell'estetica proposta da Derrida. presuppone un'ontologia fondata sull'identità, che Derrida non può accettare.

5.9 Secondo il prof. Feyles. la posizione dell'estetica all'interno del sistema dei saperi dipende da una antropologia che è molto vicina alla concezione derridiana del soggetto. nessuna delle risposte indicate è corretta. la posizione dell'estetica all'interno del sistema del sapere, dipende da una articolazione ontologica o antropologica che Derrida non può accettare. la posizione dell'estetica all'interno del sistema dei saperi dipende da una articolazione ontologica che è molto vicina alla concezione derridiana dell'essere.

5.10 Secondo il prof. Feyles. Derrida non ha mai scritto un trattato di estetica, anche perché l'estetica è una disciplina essenzialmente legata a una articolazione sistematica dei saperi filosofici che Derrida rifiuta. Derrida non ha mai scritto un trattato di estetica, solo per ragioni contingenti: di fatto il progetto di un'estetica decostruzionista è presente fin da subito nel pensiero derridiano. la Grammatologia è a tutti gli effetti un'estetica. Derrida non ha mai scritto un trattato di estetica, anche perché l'estetica non ha alcun nesso con la nozione di scrittura.

5.11 Secondo il prof. Feyles. la decostruzione è essenzialmente legata all'estetica, anche se un'estetica decostruzionista non può esistere per ragioni principio. la decostruzione è, dal punto di vista teorico, equivalente ad un'estetica. la decostruzione è essenzialmente legata all'estetica e per questo è necessario sviluppare quell'estetica decostruzionista che Derrida ha soltanto abbozzato, ma mai portato a termine. la decostruzione non ha alcun legame con l'estetica, intesa come filosofia dell'arte.

5.12 La nozione di "différance". non esiste perché in francese si scrive différence. indica per Derrida tanto la differenza come diversità, quanto il differimento temporale, come ritardo. è una delle nozioni che secondo Derrida bisogna decostruire, dal momento che dipende da una concezione logocentrica del soggetto. indica per Derrida il differimento temporale del significato, non il suo essere sempre differente.

5.13 La decostruzione può essere considerata. come un pensiero della differenza. nessuna delle risposte indicate è corretta. come un pensiero dell'identità. come un pensiero dell'indifferenza.

5.14 Tra gli autori che hanno maggiormente influenzato Derrida, vi è sicuramente. R. Georg Strauss, uno dei padri dello strutturalismo francese. R. Georg Strauss, uno dei padri della fenomenologia francese. C. Levi-Strauss, uno dei padri dello strutturalismo francese. C. Levi-Strauss, uno dei padri della fenomenologia francese.

5.15 La decostruzione del logocentrismo teorizzata da Derrida è in debito con. la critica all'etnocentrismo proposta da C. Levi-Strauss. la critica all'etnocentrismo proposta da Saussure. la critica all'etnocentrismo proposta da Husserl. la critica all'etnocentrismo proposta da Heidegger.

6.1 Analizzando la "Critica della facoltà di giudizio", Derrida mostra. che la posizione kantiana dipende da un pregiudizio teorico, cioè da una contrapposizione di principio tra intrinseco ed estrinseco, naturale e artificiale, essenziale ed accessorio. che Kant considera l'abbigliamento parte essenziale di una rappresentazione dell'essere umano. che la posizione kantiana implica una decostruzione della contrapposizione di principio tra intrinseco ed estrinseco, naturale e artificiale, essenziale ed accessorio. nessuna delle risposte indicate è corretta.

6.2 Analizzando la "Critica della facoltà di giudizio", Derrida mostra. che dal punto di vista kantiano il colonnato di un edificio non appartiene veramente al "corpo" dell'opera. che dal punto di vista kantiano il titolo non appartiene veramente ad un testo. che dal punto di vista kantiano il sipario non appartiene veramente alla scena teatrale. nessuna delle risposte indicate è corretta.

6.3 Analizzando la "Critica della facoltà di giudizio", Derrida mostra. che Kant, inspiegabilmente, ritiene che la cornice di un quadro sia un accessorio inutile, mentre considera essenziale il panneggio di una statua. che Kant amava i quadri con cornici vistose, perché le cornici vistose attirano lo sguardo dello spettatore sull'opera. che Kant, inspiegabilmente, ritiene che il panneggio di una statua sia un accessorio inutile, mentre considera essenziale la cornice di un quadro. che Kant non amava i quadri con cornici eccessive, perché le cornici eccessive distolgono l'attenzione dall'essenziale.

6.4 In "La verità in pittura" Derrida mostra che. i titoli di un testo sono più importanti del testo stesso. che non è mai possibile stabilire una distinzione netta tra ciò che è esterno ad un'opera d'arte e ciò che è interno. è necessario, per poter formulare un autentico giudizio estetico, stabilire una distinzione netta tra ciò che è esterno ad un'opera d'arte e ciò che è interno. la cornice di un quadro è più importante del contenuto del quadro stesso.

6.5 Analizzando la "Critica della facoltà di giudizio", Derrida mostra. che Kant, inspiegabilmente, ritiene il panneggio di una statua essenziale alla rappresentazione. che Kant, inspiegabilmente, ritiene il panneggio di una statua un accessorio estrinseco alla rappresentazione. che Kant ritiene che il piedistallo di una statua non debba essere considerato come parte integrante dell'opera. che Kant ritiene che il piedistallo di una statua debba essere considerato come parte integrante dell'opera.

6.6 Analizzando la "Critica della facoltà di giudizio", Derrida mostra. che Kant concepisce in modo sostanzialmente negativo i parerga. che Kant dimentica o rimuove la problematica dei parerga. che Kant decostruisce la nozione di parergon. che Kant concepisce in modo sostanzialmente positivo i parerga.

6.7 In "La verità in pittura" Derrida afferma che. "Un parergon sta in cambio, in posizione subordinata (…) ma non si trova a lato, si riferisce e coopera, da un certo fuori, all’interno dell’operazione. Non è semplicemente al di fuori, né semplicemente all’interno". "La pittura sta in cambio, in posizione subordinata (…) ma non si trova a lato, si riferisce e coopera, da un certo fuori, all’interno dell’operazione. Non è semplicemente al di fuori, né semplicemente all’interno". "L'evento sta in cambio, in posizione subordinata (…) ma non si trova a lato, si riferisce e coopera, da un certo fuori, all’interno dell’operazione. Non è semplicemente al di fuori, né semplicemente all’interno". "La differenza sta in cambio, in posizione subordinata (…) ma non si trova a lato, si riferisce e coopera, da un certo fuori, all’interno dell’operazione. Non è semplicemente al di fuori, né semplicemente all’interno".

6.8 Esempi di parergon possono essere: il colore del dipinto, la nota della sinfonia, la metafora della poesia. nessuna delle risposte indicate è corretta. la memoria, l'archivio, la traccia. la cornice del quadro, il piedistallo della statua, il sipario del teatro.

6.9 Quale delle seguenti definizioni della nozione di "parergon" non è corretta. "l'aggiunta". "ciò che sta fuori dall'opera". "l'evento". "l'accessorio".

6.10 Come si intitola il testo che Derrida pubblica nel 1978, in cui si confronta con alcune tra le più importanti filosofie dell'arte della modernità?. "Decostruzione dell'estetica". "Della grammatologia". "La verità in pittura". "La voce e il fenomeno".

6.11 Quale delle seguenti affermazioni è vera?. Il "La verità in pittura" Derrida si confronta con le filosofie dell'arte di Kant, Hegel e Heidegger. Il "La verità in pittura" Derrida si confronta con le filosofie dell'arte di Hegel, Husserl e Heidegger. Il "La verità in pittura" Derrida si confronta con le filosofie dell'arte di Kant, Husserl e Heidegger. Il "La verità in pittura" Derrida si confronta con le filosofie dell'arte di Kant, Hegel e Husserl.

6.12 Per Derrida. è necessario individuare un'essenza unitaria che accomuna le diverse espressioni artistiche. l'arte è un discorso "egemonico" che tende ad occupare il campo del sapere filosofico. è necessario decostruire la pretesa delle estetiche moderne di individuare un'essenza unitaria dell'arte. nessuna delle risposte indicate è corretta.

6.13 Per Derrida è necessario "smontare". la filosofia dell'arte che Hegel sviluppa nella Critica della facoltà di giudizio. le filosofie dell'arte di Kant, Hegel e Heidegger. la filosofia dell'arte che Kant sviluppa nelle Lezioni di Estetica. le filosofie dell'arte di Kant, Husserl e Heidegger.

6.14 Per Derrida. interrogare il voler dire di un opera d'arte significa sottometterla all'autorità della parola e del discorso filosofico. l'estetica moderna ha fallito perché non ha mai veramente interrogato il voler dire delle opere d'arte. la decostruzione ha il compito di far emergere i concetti che sono espressi nelle opere d'arte. interrogare il voler dire di un opera d'arte significa liberare il suo potenziale di equivocità.

6.15 Dal punto di vista derridiano. l'arte è una forma imperfetta di pensiero. l'arte è una verità intellettuale espressa in una forma sensibile. nessune delle risposte indicate è corretta. l'arte è una forma di pensiero subordinata rispetto alla filosofia.

6.16 Per Derrida il tentativo di affermare la superiorità della poesia rispetto alle altre arti. è uno dei punti deboli del discorso teorico di Ponge. è il sintomo del pregiudizio nichilistico che è alla base del pensiero heideggeriano. è uno dei punti deboli del discorso teorico di Jabès. è il sintomo del pregiudizio logocentrico che è alla base delle più importanti filosofie dell'arte moderne.

7.1 Per Derrida. i poeti sono dei filosofi mancati. i filosofi sono musicisti senza talento musicale. evidenziare la metaforicità del linguaggio filosofico significa screditare la filosofia e privarla di ogni rigore concettuale. evidenziare la metaforicità del linguaggio filosofico non significa screditare la filosofia e privarla di ogni rigore concettuale.

7.2 Per Derrida la concezione aristotelica della metafora. nessuna delle risposte indicate è corretta. è inadeguata perché la metafora non ha alcun valore conoscitivo. è inadeguata, perché tenta di razionalizzare la metafora. è inadeguata perché non spiega il fondamento razionale della metafora.

7.3 Per Derrida. il linguaggio metaforico è sempre necessariamente un linguaggio filosofico. il linguaggio filosofico è più metaforico del linguaggio poetico. il linguaggio filosofico è sempre necessariamente metaforico. il linguaggio filosofico non può mai essere metaforico.

7.4 Quale dei seguenti concetti fondamentali del linguaggio filosofico non ha un origine metaforica?. evidenza. comprensione. nessune delle risposte indicate è corretta. idea.

7.5 Nel saggio "La mitologia bianca. La metafora nel discorso filosofico" Derrida. commenta un passo delle "Poetica" in cui Aristotele utilizza la metafora della luce per fondare la nozione di evidenza. commenta un passo delle "Meditazioni filosofiche" in cui Cartesio utilizza la metafora della luce per fondare la nozione di evidenza. commenta un passo delle "Meditazioni filosofiche" in cui Aristotele utilizza la metafora della luce per fondare la nozione di evidenza. commenta un passo delle "Meditazioni filosofiche" in cui Cartesio evidenzia il carattere metaforico del verbo "comprendere".

7.6 Dal punto di vista derridiano. la poesia deve sempre far ricorso al linguaggio della filosofia e la filosofia deve sempre utilizzare il linguaggio poetico. nessuna delle risposte indicate è corretta. le filosofie che hanno l'ambizione di essere scientifiche e rigorose sono da respingere perché utilizzano un linguaggio completamente privo di metafore. anche le filosofie che hanno l'ambizione di essere rigorose e scientifiche devono sempre far ricorso alle risorse metaforiche del linguaggio.

7.7 Nel saggio "La mitologia bianca. La metafora nel discorso filosofico" Derrida. sostiene che Heidegger ha ragione quado afferma che i filosofi sono musicisti senza talento musicale. nessune delle risposte indicate è corretta. sostiene che Carnap ha ragione quado afferma che i filosofi sono musicisti senza talento musicale. sostiene che Husserl ha ragione quado afferma che i filosofi sono musicisti senza talento musicale.

7.8 Secondo Derrida. la filosofia occidentale da Aristotele in poi ha sempre tentato di comprendere e dominare intellettualmente la metafora. Platone rifiuta la metafora, a differenza di Aristotele, che era un grande artefice di miti e metafore. la filosofia occidentale da Aristotele in poi ha evitato e rimosso il problema della metafora. Aristotele rifiuta la metafora, a differenza di Platone, che era un grande artefice di miti e metafore.

7.9 Per Aristotele la metafora. non ha un fondamento analogico, perché è la percezione di una differenza tra due termini. non ha un fondamento matematico, perché è completamente irrazionale. ha un fondamento analogico, cioè si fonda sulla percezione di un rapporto di proporzionalità tra due coppie di termine. ha un fondamento analogico, perché è la percezione del rapporto matematico che lega tre termini tra loro.

7.10 Aristotele nella "Poetica". spiega che inventare una metafora che funziona significa saper cogliere una somiglianza inedita tra le cose. spiega che inventare una metafora che funziona significa saper cogliere la differenza tra le cose. spiega che inventare una metafora significa saper cogliere un'essenza. spiega che inventare una metafora significa saper cogliere un'individualità empirica.

7.11 Nella "Poetica" Aristotele analizza un celebre esempio di metafora, quale?. "parole come fiori". "la sera della vita". "fanciulle in fiore". "luce dei miei occhi".

8.1 Dal punto di vista di Derrida. la concezione aristotelica della metafora rimane inadeguata, perché per Aristotele la metafora non è subordinata al concetto. la concezione aristotelica della metafora rimane inadeguata, perché per Aristotele la metafora rispecchia le somiglianze oggettive che sono già date nella realtà. la concezione aristotelica della metafora è inadeguata perché Aristotele subordina l'intelletto all'immaginazione poetica. la concezione aristotelica della metafora è inadeguata perché Aristotele non distingue tra buone metafore e cattive metafore.

8.2 La catacresi. sono metafore razionalizzate e dunque sono buone metafore. non possono essere considerate come metafore morte, perché hanno un valore metaforico "vivo". possono essere considerate come metafore morte, cioè come termini che in origine venivano utilizzati in senso metaforico, ma che hanno poi perso il valore metaforico. sono metafore razionalizzate e dunque inadeguate.

8.3 La catacresi. consiste nel fatto che un termine, già attribuito a una prima idea, venga anche attribuito ad una nuova idea che, di per sé, non ne aveva affatto o non ne ha più altri in proprio nella lingua. è una metafora buona, cioè una metafora eticamente positiva. è una metafora cattiva, cioè una metafora eticamente negativa. è l'utilizzo di un termine in senso proprio o letterale per indicare una realtà per la quale non c'era un termine figurato.

8.4 Dal punto di vista di Derrida. è necessario distinguere, buone metafore e cattive metafore: le prime ci fanno conoscere la realtà in modo oggettivo le seconde no. è possibile distinguere buone metafore e cattive metafore solo se la metafora è subordinata al criterio intellettuale della verità come rispecchiamento della realtà oggettiva. è necessario distinguere buone metafore e cattive metafore: le prime hanno un significato etico positivo, le seconde no. è possibile distinguere buone metafore e cattive metafore solo se la metafora non è subordinata al criterio intellettuale della verità come rispecchiamento della realtà oggettiva.

8.5 Dal punto di vista di Derrida. se è possibile sostituire il senso figurato di un termine con il senso proprio, allora la metafora è una cattiva metafora. se è possibile sostituire il senso figurato di un termine con il senso proprio, allora la metafora è una buona metafora. se è sempre possibile sostituire il senso figurato di un termine con il senso proprio, allora la metafora può essere spiegata in modo razionale. se è sempre possibile sostituire il senso figurato di un termine con il senso proprio, allora la metafora non può essere spiegata in modo razionale.

8.6 Per Derrida. non è possibile stabilire una distinzione assoluta tra senso traslato e senso figurato. il senso figurato di un termine è sempre meno importante del senso proprio. non è possibile stabilire una distinzione assoluta tra senso proprio e senso figurato. il senso proprio di un termine è sempre meno importante del senso figurato.

8.7 Nella "Poetica" Aristotele analizza un importante esempio di metafora i cui la sostituzione del senso figurato con il senso proprio non è possibile, quale?. "noi, come le foglie, abbiamo un esistenza breve". nessuna delle risposte indicate è corretta. "la sera della vita". "il sole semina la divina fiamma".

8.8 L'analisi aristotelica della metafora dimostra che. l'invenzione metaforica non può estendere i limiti della capacità del linguaggio di indicare la realtà. l'invenzione metaforica estende sempre i limiti della capacità del linguaggio di indicare la realtà. in alcuni casi è possibile che la metafora intervenga per colmare una lacuna semantica. non è mai possibile che la metafora vada a colmare una lacuna semantica.

8.9 L'espressione "la gamba del tavolo". è un'espressione che Aristotele analizza nella "Poetica". è un espressione che non ha senso proprio. è un'espressione che contiene una catacresi. è semplicemente una metafora.

9.1 Il linguaggio filosofico può essere un linguaggio scientifico. solo se non è possibile stabilire una distinzione chiara tra il senso proprio e il senso figurato. solo se viene decostruita la distinzione tra senso proprio e senso figurato. nessuna delle risposte indicate è corretta. solo se è possibile stabilire una distinzione chiara tra il senso proprio e il senso figurato.

9.2 "Quello che, dunque, qui ci interessa è questa produzione di un senso proprio, di un nuovo tipo di senso proprio, (...) il cui statuto intermedio tende a sfuggire all'opposizione di primitivo e figurato, stando in «mezzo» tra essi". Con questa affermazione Derrida si riferisce. alla catacresi. alla traduzione del senso figurato in termini propri. nessuna delle risposte indicate è corretta. allo statuto intermedio della particella "tra".

9.3 Dal punto di vista derridiano possiamo dire che. il senso figurato di un termine è sempre diverso, a seconda del contesto storico, mentre il senso proprio rimane uguale. il significato delle parole, soprattutto quando si tratta delle parole fondamentali del linguaggio filosofico, si modifica continuamente nel corso della storia. il significato delle parole, soprattutto quando si tratta delle parole fondamentali del linguaggio filosofico, rimane sostanzialmente invariato nel corso della storia. il senso proprio di un termine è sempre diverso, a seconda del contesto storico, mentre il senso figurato rimane uguale.

9.4 L'analisi della catacresi dimostra. che il senso proprio di un testo non esiste, ma dipende dall'interpretazione del lettore. che i termini astratti sono il risultato di una evoluzione linguistica che ha alla sua base un'intuizione immaginativa. che un testo che ha un senso figurato non può avere un valore scientifico. che le metafore sono sempre dei termini astratti che hanno alla base un'intuizione immaginativa.

9.5 Dal punto di vista derridiano possiamo dire che. nessuna delle risposte indicate è corretta. tutti i termini fondamentali del linguaggio filosofico sono nomi senza significato. tutti i termini fondamentali del linguaggio filosofico sono catacresi. tutti i termini fondamentali del linguaggio filosofico sono metafore vive.

9.6 Perché il seguente sillogismo è falso: "Dio è amore; L’amore è cieco; Stevie Wonder è cieco; ergo Stevie Wonder è Dio"?. perché le sue premesse sono false e ed equivoche. perché utilizza termini che sono catacresi. perché utilizza i termini in modo equivoco. perché utilizza termini che non hanno senso proprio.

9.7 Un sillogismo scientifico. conduce ad una conclusione vera solo se parte da premesse vere, è formalmente corretto e utilizza i termini in modo non equivoco. è sempre vero se utilizza i termini in modo univoco. conduce ad una conclusione falsa solo se parte da premesse false e utilizza i termini in modo non equivoco. conduce sempre ad una conclusione vera se utilizza i termini in modo non equivoco.

10.1 Per Heidegger e per Derrida. il lavoro sull'etimologia delle parole porta a concludere che i significanti sono immutabili. il lavoro sull'etimologia delle parole porta a concludere che i significati sono delle essenze immutabili. ricostruire la genesi etimologica di una parola significa anche ripercorre il cammino che porta alla costituzione di un determinato significato. ricostruire la genesi etimologica di una parola non significa ripercorre il cammino che porta alla costituzione di un determinato significato.

10.2 La differenza tra la parola francese "mouton" e la parola inglese "sheep". dimostra, secondo Saussure, che il senso proprio e il senso figurato non possono essere distinti in modo assoluto. dimostra, secondo Derrida, che il senso proprio e il senso figurato non possono essere distinti in modo assoluto. dimostra, secondo Saussure, che le lingue ritagliano esattamente allo stesso modo l'universo del significato. dimostra, secondo Saussure, che le lingue non ritagliano mai esattamente allo stesso modo l'universo del significato.

10.3 Quale testo sul linguaggio ha avuto una grande importanza nella formazione del pensiero derridiano. "Corso di linguistica generale" di Saussure. "In cammino verso il linguaggio" di Saussure. "Corso di linguistica generale" di Heidegger. "Lezioni sulla filosofia del linguaggio" di Husserl.

10.5 Dal punto di vista derridiano. le idee e i concetti non sono mai del tutto indipendenti dal linguaggio. le idee e i concetti possono essere indipendenti rispetto al linguaggio, ma non sono mai del tutto indipendenti rispetto alla scrittura. le idee e i concetti sono sempre necessariamente indipendenti dal linguaggio. le idee e i concetti possono essere indipendenti rispetto alla scrittura, ma non sono mai del tutto indipendenti rispetto al linguaggio.

10.6 La concezione derridiana del linguaggio è in debito con il pensiero di. Saussure e Cartesio. Saussure e Heidegger. Cartesio e Heidegger. Saussure e Aristotele.

10.7 Per Derrida il significato di un segno. è sempre necessariamente un concetto. esiste, ma non è mai conoscibile. non esiste. non è necessariamente un concetto.

10.8 Per Derrida. significante e significato sono legati in modo necessario, come ha mostrato Platone. significante e significato sono legati in modo necessario, come ha mostrato Saussure. significante e significato sono essenzialmente indipendenti, come ha mostrato Platone. significante e significato sono essenzialmente indipendenti, come ha mostrato Saussure.

10.9 Per Saussure. ogni lingua ritaglia in modo diverso l'universo del significato, ma non l'universo del significante. ogni lingua ritaglia in modo diverso l'universo del significante e quindi anche l'universo del significato. ogni lingua ritaglia in modo diverso l'universo del significante ma non l'universo del significato. nessuna delle risposte indicate è corretta.

10.10 Per Saussure. le lingue sono delle nomenclature, cioè dei sistemi di etichette che corrispondono alle cose reali. e lingue non sono semplici nomenclature, ma modi diversi di classificare gli oggetti reali. la concezione derridiana del linguaggio "getta una luce" sui misteri più profondi del linguaggio. la concezione derridiana del linguaggio è fuorviante.

11.1 Dal punto di vista derridiano. non tutte le metafore sono equivalenti dal punti di vista conoscitivo, anche se non è possibile contrapporre metafora e concetto. le metafore hanno più valore conoscitivo dei concetti. le metafore hanno un valore ornamentale e non conoscitivo. metafora e concetto sono esattamente la stessa cosa.

11.2 La contiguità tra concetto e metafora teorizzata da Derrida. implica come conseguenza che la filosofia non possa costituirsi come un sapere "scientifico" in senso forte, ma non implica la confusione generale tra sapere mitico e sapere razionale. implica come conseguenza la negazione del valore dei risultati delle scienze empiriche. implica l'impossibilità di stabilire una distinzione tra sapere mitico e sapere razionale. non ha alcuna conseguenza dal punto di vista strettamente epistemologico.

11.3 La contiguità tra concetto e metafora teorizzata da Derrida. deriva da un ripensamento della concezione husserliana della metafora. non implica la negazione della possibilità di stabilire una differenza tra metafore più funzionali e meno funzionali dal punto di vista epistemologico. deriva da un ripensamento della concezione cartesiana della metafora. implica la negazione della possibilità di stabilire una differenza tra metafore più funzionali e meno funzionali dal punto di vista epistemologico.

11.4 In "La mitologia bianca. La metafora nel discorso filosofico" Derrida cita un esempio di Canguilhem. per mostrare che il progresso scientifico è legato non tanto alla negazione delle risorse metaforiche del linguaggio, quanto piuttosto al passaggio da una metafora meno efficiente ad una metafora più efficiente. per decostruire l'idea che la scienza moderna sia più progredita di quella antica. per mostrare che il progresso scientifico è legato al superamento definitivo del linguaggio mitico e metaforico. nessuna delle risposte indicate è corretta.

11.5 Dal punto di vista derridiano la metafora dell'"irrigazione sanguigna". deve essere sostituita dal concetto scientifico di "circolazione sanguigna", che non è metaforico. è meno efficiente dal punto di vista epistemologico della metafora della "circolazione sanguigna". è più efficiente dal punto di vista epistemologico della metafora della "circolazione sanguigna". ha la stessa validità epistemologica della metafora della "circolazione sanguigna".

11.6 Secondo il prof. Feyles. i concetti di "onda" e "campo", utilizzati nel linguaggio della fisica moderna, sono metafore proprio come la "sera della vita". i concetti di "onda" e "campo" dimostrano che la scienza moderna non ha fondamento dal punto di vista epistemologico. i concetti di "onda" e campo, utilizzati nel linguaggio della fisica moderna, non hanno veramente un'origine metaforica. i concetti di "onda" e "campo" sono un esempio di catacresi all'interno del linguaggio della fisica moderna.

11.7 Cosa vuol dire Derrida quando si domanda: "La rettificazione della critica scientifica non va piuttosto da un concetto-tropico inefficiente, mal costruito, ad un concetto-tropico funzionale, più raffinato e più potente in un dato campo e in una determinata fase dello sviluppo scientifico?". Derrida esprime l'impossibilità di stabilire se una proposizione scientifica è più vera o meno vera di un'altra proposizione scientifica. Derrida sostiene che la scienza non ha il diritto di criticare il linguaggio metaforico della filosofia e della poesia. Derrida sostiene che la critica scientifica porta alla formulazione di concetti rigorosi e universali. Derrida sostiene che il progresso scientifico non implica il superamento di ogni metaforicità, ma la produzione di metafore sempre più funzionali.

12.1 Secondo il prof. Feyles. Derrida prende le distanze in modo definitivo dalla concezione heideggeriana del linguaggio. Derrida prende le distanze in modo definitivo dalla concezione del linguaggio propria di Saussure. l'idea di Saussure che vi sia un legame essenziale tra linguaggio ed essere è alla base della teorizzazione derridiana del rapporto tra scrittura e realtà. l'idea di Heidegger che vi sia un legame essenziale tra linguaggio ed essere è alla base della teorizzazione derridiana del rapporto tra scrittura e realtà.

12.2 Nella figura dell'Ebreo, presente nella poesia di Jabès,. Derrida vede una riproposizione della teoria moderna della soggettività. Derrida vede la rappresentazione dell'impossibilità del soggetto di essere se stesso, cioè di essere identico a sé. nessuna delle risposte indicate è corretta. Derrida vede una concezione ancora logocentrica del soggetto.

12.3 Dal punto di vista derridiano. l'interpretazione di un testo proposta dall'autore del testo è il criterio a cui il lettore deve necessariamente commisurarsi. nemmeno l'autore può sostenere di possedere l'interpretazione più corretta o più autentica del suo testo. nessuna delle risposte indicate è corretta. un testo è un testo solo se è espressione dei pensieri, dei sentimenti, delle opinioni di un autore.

12.4 Teorizzando la necessità dell'assenza dello scrittore, Derrida. che i testi poetici , a differenza dei testi filosofici, non sono espressione dei pensieri dell'autore. sostiene di fatto che un testo di un autore morto e quindi non più presente è un testo che produce più effetti di senso. non si riferisce alla necessità della morte effettiva dello scrittore empirico, quanto piuttosto all'impossibilità di stabilire qual è il significato originale che un autore ha voluto esprimere con un testo scritto. che i testi filosofici , a differenza dei testi poetici, non sono espressione dei sentimenti dell'autore.

12.5 Dal punto di vista derridiano. ogni forma di linguaggio, anche il linguaggio orale, è scrittura. nessuna delle risposte indicate è corretta. il linguaggio orale non è scrittura e per questo è meno significativo. la nozione di scrittura è meno comprensiva della nozione di linguaggio.

12.7 "Solo lo scritto mi permette di esistere dandomi un nome. Dunque è vero che le cose quando vengono, nominate nascono all'esistenza e nello stesso tempo perdono l'esistenza". In questa affermazione di Derrida. possiamo intendere un ripensamento di una nota tesi di Saussure sul linguaggio. possiamo intendere un ripensamento di una nota tesi husserliana sul linguaggio. possiamo intendere un ripensamento di una nota tesi heideggeriana sul linguaggio. possiamo intendere un ripensamento di una nota tesi di Freud sul linguaggio.

12.8 Leggendo Jabès Derrida evidenzia. che, per Jabès, il "libro" è l'opera del poeta così come un'oggetto è opera del soggetto. che Jabès ha una concezione aristotelica della metafora. che, per Jabès, il poeta è il soggetto del libro almeno quanto il libro è il soggetto del poeta. che Jabès ha una concezione cartesiana della metafora.

12.9 Nell'opera poetica di Jabès Derrida. nessuna delle risposte indicate è corretta. legge il tentativo di dare un fondamento oggettivo alla verità. legge il tentativo di dare un fondamento soggettivo alla verità. legge un ribaltamento dei rapporti tra soggetto e oggetto fissati dalla metafisica occidentale.

12.10 "Scrivere significa ritrarsi. […] Lasciare la parola. Essere poeta significa saper lasciare la parola. Lasciarla parlare da sola, il che essa può fare solo nello scritto". Secondo il prof. Feyles. questa affermazione implica una decostruzione del primato del lettore teorizzato nella filosofia moderna. questa affermazione heideggeriana è alla base della concezione che Derrida ha della scrittura. questa affermazione implica una decostruzione del primato dell'autore e del soggetto teorizzato dalla filosofia moderna. questa affermazione di Mallarmé è alla base della concezione che Derrida ha della scrittura.

12.11 Chi è l'autore dell'opera poetica intitolata "Le Livre des Questions"?. E. Jabès. F. Ponge. S.Mallarmé. P. Valéry.

12.12 Il saggio "Edmond Jabès e l’interrogazione del libro". appartiene ai primi anni della produzione teorica derridiana ed è scritto prima di "Della grammatologia". è contenuto nella raccolta "La disseminazione". è contenuto nella raccolta "La voce e il fenomeno". è un saggio che Derrida scrive nella seconda fase dello sviluppo del suo pensiero.

13.1 In "Della grammatologia" Derrida. spiega che la lettura produttiva esclude la necessità del commento raddoppiante. spiega che la lettura produttiva deve sempre essere preceduta da un commento raddoppiante. spiega che la lettura produttiva è di fatto un commento raddoppiante. spiega che la lettura produttiva non esclude la necessità del commento raddoppiante.

13.2 Dal punto di vista di Derrida. il significato di un testo è un'oggettività a cui il lettore deve conformarsi. nessuna delle risposte indicate è corretta. la lettura non è un atto produttivo che contribuisce in modo essenziale alla "scrittura" del significato. la lettura è un atto produttivo che contribuisce in modo essenziale alla "scrittura" del significato.

13.3 L'espressione "All'inizio c'è l'ermeneutica" che troviamo nel commento a Jabès di Derrida. è un rovesciamento di una nota affermazione platonica. è un rovesciamento del celebre incipit del Vangelo di Giovanni, che stabilisce il primato del "logos". indica l'adesione di Derrida al movimento filosofico che viene generalmente chiamato "ermeneutica". implica una svalutazione della nozione di interpretazione.

13.4 Le figure del "poeta" e del "rabbino" che Derrida ritrova nell'opera poetica di Jabès. rappresentano, secondo Derrida, la cultura occidentale e la cultura ebraica. rappresentano, secondo Derrida, l'arte e la religione. sono due metafore sostanzialmente equivalenti. rappresentano, secondo Derrida, due modi diversi di intendere l'interpretazione.

13.5 "La scrittura è dunque originariamente ermetica e seconda. La nostra, certo, ma già la Sua che incomincia con la voce rotta e con l'occultamento della Sua Faccia. Questa differenza, questa negatività in Dio, è la nostra libertà". L'interpretazione proposta dal prof. Feyles di questa affermazione sottolinea che. c'è un legame tra il carattere ermetico del testo e la libertà dell'interprete, che è analogo al legame che c'è tra la libertà dell'uomo e il ritrarsi di Dio dalla sua creazione. il carattere ermetico del testo sacro è legato ad una visione negativa di Dio, che non si rivela all'uomo, abbandonandolo a se stesso. nessuna delle risposte indicate è corretta. tanto più un testo è ermetico, tanto meno il lettore è libero nell'interpretazione.

13.6 Per Derrida. la decostruzione è "un nuovo umanesimo". è necessario "passare al di là dell’uomo e dell’umanesimo". nessuna delle risposte indicate è corretta. è necessario "rifondare l'umanesimo occidentale".

13.7 La seguente affermazione: "ad ogni interrogazione, l’Ebreo risponde con una interrogazione". è una citazione di Mallarmé che, secondo Derrida, è indice di un certo antisemitismo. è una citazione di Mallarmé che Derrida riporta per sottolineare il carattere strutturalmente enigmatico del testo. è una citazione di Jabès che, secondo Derrida, è indice di un certo antisemitismo. è una citazione di Jabès che Derrida riporta per sottolineare il carattere strutturalmente enigmatico del testo.

14.1 Dal punto di vista derridiano. un testo può essere interpretato solo se tutti i termini che esso contiene sono indefinibili. un testo può essere interpretato solo se tutti i termini che esso contiene sono definibili. un testo può essere interpretato solo se il suo orizzonte linguistico è dato come una totalità al lettore. uno scritto non si spiega mai interamente da sé, ma rimanda sempre ad un orizzonte testuale che non può mai essere dato nella sua totalità.

14.2 Nel saggio su Jabès analizzato a lezione, Derrida commenta un'enigmatica affermazione dello stesso Jabès. Quale delle seguenti?. "Dove si colloca il libro? Nel significato". "Dove si colloca il libro? Nel libro". "Dove si colloca il libro? Nell'essere". "Dove si colloca il libro? Nel nulla".

14.3 Secondo il prof. Feyles, l'affermazione "Tutto (av)viene nel libro" presente nel saggio su Jabès. nessuna delle risposte indicate è corretta. implica una concezione della testualità sostanzialmente diversa rispetto a quella che Derrida formulerà in "Della grammatologia". è un'anticipazione di una tesi fondamentale di "Della grammatologia": "Non c'è fuori-testo". implica una negazione della realtà non letteraria.

14.4 Per Derrida. un testo frammentario o eccessivamente aforistico è un testo che non può essere veramente interpretato. ogni testo ha in certo senso un carattere aforistico, perché il frammento è la forma di ogni scrittura. nessuna delle risposte indicate è corretta. la scrittura per aforismi è la forma più adeguata del discorso filosofico.

14.5 Sostenendo che "ogni uscita fuori dal libro si attua nel libro", Derrida. di fatto nega che esista una realtà autentica o oggettiva al di fuori dei libri, delle biblioteche o della letteratura. non vuole negare che esista una realtà al di fuori dei libri, delle biblioteche o della letteratura, ma evidenziare che il nostro rapporto con la realtà è già da sempre mediato da una rete di rimandi testuali. auspica che si attui un movimento di uscita al di là degli orizzonti angusti del testualismo. decostruisce una delle idee fondamentali del testualismo.

14.6 Nel saggio su Jabès analizzato a lezione, Derrida afferma che. il libro non è nel mondo, bensì il mondo è nel libro. il libro è nel mondo, non è il mondo che è nel libro. il libro non è il testo e il testo non è il libro. non c'è niente al di fuori dei libri.

14. 7 "Indubbiamente il fine della scrittura sta al di là della scrittura (...) Se essa non è lacerazione di sé verso l'altro nel riconoscimento della separazione infinita, se è compiacimento di sé, piacere di scrivere per scrivere, soddisfazione dell'artista, si distrugge da sé". Con questa affermazione Derrida. critica una concezione autoreferenziale della scrittura, che esclude ogni rapporto con la realtà al di fuori dei libri e della letteratura. critica il tentativo di Valéry che rimane prigioniero della tentazione dell'autocompiacimento e che persegue solo la "soddisfazione dell'artista". critica il tentativo di Jabès che rimane prigioniero della tentazione dell'autocompiacimento e che persegue solo la "soddisfazione dell'artista". riafferma una concezione autoreferenziale della scrittura e della testualità.

14.8 Dal punto di vista derridiano. si può dire che l'orizzonte della testualità non è un orizzonte onnicomprensivo, perché non esistono delle realtà esterne ai singoli testi empirici. si può dire che l'orizzonte della testualità non è un orizzonte onnicomprensivo, perché esistono delle realtà esterne ai singoli testi empirici. si può dire che l'orizzonte della testualità è un orizzonte onnicomprensivo, perché non esistono delle realtà esterne ai singoli testi empirici a cui questi stessi testi si potrebbero riferire. si può dire che l'orizzonte della testualità è un orizzonte onnicomprensivo, anche se esistono delle realtà esterne ai singoli testi empirici, realtà a cui questi stessi testi si possono riferire.

15.1 "(…) il prezzo da pagare si contratta con la morte; con ciò che separa l'“opera” dalla sua fonte (non c'è dunque alcun autore)». Con questa affermazione Derrida, nel saggio su Valéry. afferma che esistono dei testi anonimi, che non hanno autore. afferma che l'opera poetica di Valéry è un'opera senza autore. afferma che il testo è necessariamente indipendente dall'autore che lo ha prodotto. afferma che, quando l'autore muore, i testi diventano anonimi.

15.2 "La tela diviene assai presto indifferente all'animale-fonte che può benissimo morire senza neanche aver compreso quello che è successo". Con questa immagine Derrida. decostruisce l'idea di una "morte dell'autore". paragona l'autore ad un insetto che rimane impigliato nella tela del ragno. si riferisce al problema della "morte dell'autore". nessuna delle risposte indicate è corretta.

15.3 Le fonti nascoste di Valéry, per Derrida, sono innanzitutto. Freud, Heidegger e Nietzsche. Freud e Nietzsche. Nietzsche e Heidegger. Freud e Heidegger.

15.4 Nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". compie un'indagine storico-filologica per scoprire le fonti testuali a cui Valéry ha fatto riferimento nella sua opera poetica. dichiara di non voler considerare il problema delle fonti testuali di Valéry e di voler, invece, analizzare la metafora della fonte nella sua opera poetica. Derrida dichiara di voler analizzare le fonti testuali di Valéry, ma non le fonti esplicite, bensì quelle rifiutate e negate. nessuna delle risposte indicate è corretta.

15.5 Il saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". istituisce un confronto tra lo stile di Valéry, lo stile di Mallarmé e lo stile di Joyce. è un'analisi del problema della tecnica così come si pone nel pensiero filosofico di Valery. è un'analisi del problema del rapporto tra testo originale e traduzione. è costruito non tanto intorno ad un singolo tema teorico, quanto intorno all'immagine metaforica della fonte.

15.6 Il saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". fa parte della raccolta "Margini della filosofia". fa parte della raccolta "La scrittura e la differenza". fa parte della raccolta "La disseminazione". fa parte della raccolta "Decostruire l'estetica".

15.7 L'immagine della fonte, analizzata da Derrida,. è per Valéry un'immagine della purezza incontaminata, ma anche un'immagine dell'origine ultima e dunque della soggettività. è per Mallarmé un'immagine della purezza incontaminata, ma anche un'immagine dell'origine ultima e dunque della soggettività. è per Mallarmé un'immagine del fluire incessante e sempre mutevole delle cose, che sono sempre "differenti". è per Valéry un'immagine del fluire incessante e sempre mutevole delle cose, che sono sempre "differenti".

16.1 Per Valéry. l'io empirico è il nome di ciò che non ha rapporto con un viso, cioè di un soggetto trascendentale che non ha individualità. l'io empirico è il nome di ciò che non ha rapporto con un viso, cioè di un soggetto trascendentale che ha un'individualità ben determinata. l'io puro è il nome di ciò che non ha rapporto con un viso, cioè di un soggetto trascendentale che non ha individualità. l'io puro è il nome di ciò che non ha rapporto con un viso, cioè di un soggetto trascendentale ha individualità ben determinata.

16.2 Nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". Derrida decostruisce il più fondamentale dei concetti della filosofia moderna, cioè il concetto di "io puro", mostrando che si tratta di un concetto che ha un'origine metaforica. Derrida decostruisce il più fondamentale dei concetti della filosofia moderna, cioè il concetto di io, mostrando che l'io puro e l'io empirico in realtà non esistono. dimostra che il soggetto è costituito da tre diversi io, l'io puro, l'io empirico e l'inconscio. nessuna delle risposte indicate è corretta.

16.3 Dal punto di vista di Derrida. La filosofia moderna identificando l'origine con il nome "io puro", utilizza l'espressione "io" in modo improprio, perché l'origine non è una auto-coscienza. La filosofia moderna identificando l'origine con il nome "io puro", utilizza l'espressione "io" in senso letterale, perché l'origine non è una auto-coscienza. La filosofia moderna identificando l'origine con il nome "io puro", utilizza l'espressione "io" in modo improprio, perché l'origine è una autocoscienza. La filosofia moderna identificando l'origine con il nome "io puro", utilizza l'espressione "io" in modo improprio, perché l'origine è una soggettività.

16.4 Dal punto di vista di Derrida. l'io puro somiglia più alla coscienza, che non all'inconscio. nessuna delle risposte indicate è corretta. l'io empirico somiglia più all'inconscio, che non alla coscienza. l'io puro somiglia più all'inconscio, che non alla coscienza.

16.5 Dal punto di vista di Derrida. poiché l'io puro non appare mai e non si fenomenizza, si può dire che è esso è quasi un autocoscienza. poiché l'io puro non appare mai e non si fenomenizza, si può dire che è esso è quasi un inconscio. poiché l'io empirico non appare mai e non si fenomenizza, si può dire che è esso è quasi un inconscio. poiché autocoscienza non appare mai e non si fenomenizza, si può dire che è essa è quasi un inconscio.

16.6 Nel saggio su Valéry Derrida. decostruisce l'equivalenza stabilita dal pensiero moderno tra io puro e autocoscienza. decostruisce l'equivalenza stabilita dal pensiero moderno tra io puro e il pre-conscio. decostruisce l'equivalenza stabilita dal pensiero moderno tra io puro e inconscio. decostruisce l'equivalenza stabilita dal pensiero moderno tra inconscio e autocoscienza.

16.7 Per Derrida. L’io puro non è un fenomeno e ma può essere fenomeno per sé stesso, cioè può essere una auto-coscienza. L’io puro non è un fenomeno e dunque non può nemmeno essere fenomeno per sé stesso, cioè non può essere una auto-coscienza. L’io empirico non è un fenomeno e dunque non può nemmeno essere fenomeno per sé stesso, cioè non può essere una auto-coscienza. Nessuna delle risposte indicate è corretta.

16.8 Dal punto di vista derridiano. l'io puro, proprio come l'io empirico, non è semplicemente un postulato teorico ma una realtà effettiva. l'io empirico, a differenza dell'io puro, è più un postulato teorico che non una realtà effettiva. l'io puro, proprio come l'io empirico, è più un postulato teorico che non una realtà effettiva. l'io puro, a differenza dell'io empirico, è più un postulato teorico che non una realtà effettiva.

16.9 Nel saggio su Valéry Derrida spiega che. l'io empirico, pur essendo condizione di ogni apparire e di ogni esperienza, non può mai essere oggetto di esperienza e dunque non può mai apparire. l'io puro, dal momento che non è condizione di ogni apparire e di ogni esperienza, non può mai essere oggetto di esperienza e dunque non può mai apparire. l'io puro, pur essendo condizione di ogni apparire e di ogni esperienza, non può mai essere oggetto di esperienza e dunque non può mai apparire. l'io empirico, essendo condizione di ogni apparire e di ogni esperienza, deve necessariamente poter apparire nell'esperienza.

16.10 Nel saggio su Valéry Derrida spiega che. l'io empirico è universale ed è qualcosa di diverso dall'io puro, che coincide con la persona. l'io empirico è sempre contaminato, mentre l'io puro è una personalità pura e incontaminata. l'io puro è un io empirico che sogna di essere "puro", cioè originario, immacolato. l'io puro è universale ed è qualcosa di diverso dall'io empirico, che coincide con la persona.

17.1 Analizzando la metafora nello sguardo, nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". Derrida evidenzia l'impossibilità dell'occhio di rovesciarsi e guardare se stesso; impossibilità che indica il limite strutturale che il soggetto incontra quando cerca di riappropriarsi di se stesso. ritiene che la metafora dello sguardo sia inadeguata, per spiegare la struttura della soggettività, e debba essere sostituita dalla metafora della voce. ritiene che la metafora della voce sia inadeguata, per spiegare la struttura della soggettività, e debba essere sostituita dalla metafora dello sguardo. Derrida evidenzia la possibilità strutturale, che appartiene alla visione, di guardare se stessa; una possibilità che indica la capacità della coscienza di autotematizzarsi.

17.3 "Valéry ha avuto la consapevolezza che l'istanza speculare, lungi dal costituire l'io nella sua proprietà, lo espropria subito". Con questa affermazione Derrida. sostiene che lo sguardo, metafora della coscienza, non può rovesciarsi mai su stesso, nemmeno grazie all'ausilio di uno specchio. prende le distanze dall'idea, tipicamente moderna, che la coscienza possa conoscersi e possedersi immediatamente. nega l'importanza della tecnica e degli strumenti nei processi di costituzione della soggettività. nessuna delle risposte indicate è corretta.

17.4 La figura di Narciso, per Derrida. rappresenta la possibilità della coscienza di riappropriarsi di sé attraverso la mediazione dell'esteriorità. nessune delle risposte indicate è corretta. è una metafora del rapporto tra io puro e io empirico. rappresenta la possibilità della coscienza di riappropriarsi di sé senza la mediazione dell'esteriorità.

17.5 Dal punto di vista derridiano. c'è un legame tra il narcisismo, così come è teorizzato da Freud, e la distinzione tra io puro e io empirico. c'è un legame tra il narcisismo, così come è teorizzato da Heidegger, e la distinzione tra io puro e io empirico. non c'è alcun legame tra il narcisismo, così come è teorizzato da Freud, e il desiderio della coscienza di riappropriarsi di sé. c'è un legame tra il narcisismo, così come è teorizzato da Freud, e il desiderio della coscienza di riappropriarsi di sé.

17.6 "Ma io, Narciso amato, sono curioso / Della mia sola essenza; / Ogni altro per me non ha che un cuore misterioso, / Ogni altro è solo assenza. / O mio bene sovrano, caro corpo, io ho solo te! / Il più bello dei mortali non può amare che sé…". questi versi di Mallarmé, nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles, rappresentano in modo paradigmatico il narcisismo intellettuale tipico della filosofia moderna del soggetto. questi versi di Valéry, nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles, rappresentano in modo paradigmatico il narcisismo intellettuale tipico della filosofia moderna del soggetto. questi versi di Mallarmé, nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles, rappresentano in modo paradigmatico il narcisismo intellettuale tipico della psicoanalisi. questi versi di Valéry, nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles, rappresentano in modo paradigmatico il narcisismo intellettuale tipico della psicoanalisi.

17.7 Dal punto di vista derridiano. la differenza tra la metafora della voce e la metafora dello sguardo, è che lo sguardo può essere osservato dalla coscienza senza il passaggio attraverso una esteriorità. la metafora della voce suggerisce, a differenza della metafora dello sguardo, l'impossibilità della coscienza di riappropriarsi di sé. la differenza tra la metafora della voce e la metafora dello sguardo, è che la voce può essere intesa dalla coscienza senza il passaggio attraverso una esteriorità. non c'è una differenza sostanziale tra la metafora della voce e la metafora dello sguardo.

17.8 Per Derrida il fonocentrismo. è la tendenza ad identificare lo sguardo e la voce. è la necessità di decostruire il primato che la filosofia occidentale ha sempre attribuito alla voce, alla parola, al linguaggio. è del tutto indipendente dal logocentrismo. è la tendenza a privilegiare il linguaggio orale, come luogo della verità, perché la parola parlata è lo strumento di comunicazione meno esteriore che c'è.

18.1 Analizzando i "Quaderni" di Valéry Derrida. sostiene che non c'è alcuna somiglianza tra un testo filosofico e un testo poetico. sostiene che, anche se rimane una differenza tra un testo filosofico e un testo poetico, questa differenza si fonda sull'appartenenza ad un campo comune. nessuna delle risposte indicate è corretta. sostiene che non c'è alcuna differenza tra un testo filosofico e un testo poetico.

18.2 Secondo il prof. Feyles. il modo in cui Platone pensa l'uomo è diverso dal modo in cui i medioevali o i moderni lo penseranno, perché la lingua greca antica è diversa dal latino medioevale e dalle lingue moderne. il significato della parola "anima" rimane sostanzialmente invariato nel passaggio dalla cultura antica a quella medioevale, ma cambia con l'avvento della modernità. la lingua greca consente a Platone di formulare in altri termini la distinzione tra coscienza e inconscio. il significato della parola "anima" rimane sostanzialmente invariato nel passaggio dalla cultura antica a quella medioevale e anche con l'avvento della modernità.

18.3 Dal punto di vista derridiano. l'appartenenza ad un certo orizzonte storico e linguistico non può mai condizionare in modo essenziale un discorso filosofico. il discorso poetico, a differenza di quello filosofico, non è mai condizionato dall'appartenenza ad un certo orizzonte storico e linguistico. il discorso filosofico, a differenza di quello poetico, non è mai condizionato dall'appartenenza ad un certo orizzonte storico e linguistico. l'appartenenza ad un certo orizzonte storico e linguistico condiziona in modo essenziale un discorso filosofico.

18.4 Per Derrida è molto importante la nozione freudiana di "nachträglich" o "a posteriori". perché dimostra che il soggetto trascendentale non è un "a priori". perché dimostra che l'io puro non è un "a priori". perché dimostra che alcuni eventi che sono stati vissuti dal soggetto in passato, possono essere esperiti in un tempo "differito", cioè in "ritardo". perché dimostra che gli eventi che sono stati vissuti dal soggetto in passato, non possono essere esperiti in un tempo "differito", cioè in "ritardo".

18.5 "Dicendo una cosa senza averla prevista, la vedi come un fatto estraneo, un'origine – una cosa che ignoravi. Tu eri dunque in ritardo su te stesso". questa citazione dimostra che Valéry, ha una concezione della soggettività del tutto incompatibile con quella freudiana. questa citazione dimostra che Jabès, ha una concezione della soggettività del tutto incompatibile con quella freudiana. questa citazione dimostra che Valéry, anche se critica Freud, ha una concezione della soggettività che è per molti versi vicina alla psicoanalisi. questa citazione dimostra che Jabès, anche se critica Freud, ha una concezione della soggettività che è per molti versi vicina alla psicoanalisi.

18.6 Per Derrida la coscienza. può essere pensata come un monologo interiore. è innanzitutto coscienza morale e dunque "voce" della coscienza. nessune delle risposte indicate è corretta. non può essere abitata da una molteplicità di voci, altrimenti non sarebbe identica a se stessa.

18.7 "D'altra parte, il soggetto può sentirsi o parlarsi, lasciarsi intaccare dal significante che egli produce senza alcuna deviazione derivante dall'istanza dell'esteriorità, del mondo, o del non-proprio in generale". Questa citazione, tratta da "La voce e il fenomeno". nessuna delle risposte indicate è corretta. spiega perché per Derrida, la voce ha sempre un privilegio. spiega perché il pensiero occidentale è sempre stato fonocentrico. implica una posizione teorica che si contrappone all'analisi della metafora della voce sviluppata nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry".

18.8 "l'Io è due – per definizione. Se c'è voce c'è orecchio". in questa affermazione, a giudizio di Derrida, è evidente il pregiudizio fonocentrico che caratterizza il pensiero di Jabès. in questa affermazione, a giudizio di Derrida, è evidente il pregiudizio fonocentrico che caratterizza il pensiero di Valéry. questa affermazione di Valéry implica per Derrida una decostruzione della teoria moderna del soggetto. questa affermazione di Jabès implica per Derrida una decostruzione della teoria moderna del soggetto.

19.1 Dal punto di vista derridiano. il testo filosofico è sempre espressione dello stile di un genio. l'evento poetico è sempre espressione dell'interiorità di un genio. nessuna delle risposte indicate è corretta. l'idea moderna di genio è un'idea che non può essere accettata perché rimane troppo legata alla filosofia moderna del soggetto e al culto dell'originalità.

19.2 Per Valéry. "È impossibile raggiungere la certezza che un senso unico, uniforme e costante corrisponda a parole come ragione, universo, causa, materia o idea". nessuna delle risposte indicate è corretta. "Parole come ragione, universo, causa, materia o idea, non hanno alcun significato, in realtà, perché sono termini metafisici, che non indicano una realtà sensibile". "Solo grazie ad un lavoro etimologico è possibile raggiungere la certezza che un significato unico, uniforme e costante corrisponde a parole come ragione, universo, causa, materia o idea.

19.3 Per Valery l'evento poetico. è essenzialmente legato all'assoluta singolarità dello stile e del timbro. non può essere paragonato né al timbro della voce, né allo stile. non può essere paragonato al timbro della voce, perché il timbro della voce è unico. è essenzialmente diverso dallo stile, perché lo stile è imitabile, la poesia no.

19.4 La metafora del timbro che Derrida analizza nel saggio su Valéry. è l'indice di una concezione fonocentrica della poesia. è l'equivalente fonetico di ciò che lo stile è dal punto di vista della scrittura. indica per Derrida l'elemento indefinitivamente ripetibile della voce. nessuna delle risposte indicate è corretta.

19.5 Nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". sostiene che il compito essenziale del pensiero decostruzionista è di rintracciare l'origine. Derrida distingue tre modalità diverse della firma. Derrida distingue due modalità diverse della firma. Derrida si domanda se sia possibile pensare altrimenti l'origine, cioè pensare un'origine che sia irriducibile alla categoria di presenza.

19.6 Per Valéry. è necessario considerare la filosofia come un “genere letterario particolare”, e questo è, secondo Derrida, uno degli elementi di somiglianza tra il pensiero di Valéry e quello di Nietzsche. è necessario considerare la poesia come un “genere letterario particolare”, e questo è, secondo Derrida, uno degli elementi di somiglianza tra il pensiero di Valéry e quello di Freud. è necessario considerare la filosofia come un “genere letterario particolare”, e questo è, secondo Derrida, uno degli elementi di somiglianza tra il pensiero di Valéry e quello di Freud. è necessario considerare la poesia come un “genere letterario particolare”, e questo è, secondo Derrida, uno degli elementi di somiglianza tra il pensiero di Valéry e quello di Nietzsche.

19.7 Per Valéry. il linguaggio poetico non è mai sufficientemente formalizzato e per questo non regge il paragone con il linguaggio esatto e univoco della filosofia. il linguaggio filosofico è un linguaggio esatto e univoco e per questo può essere considerato come un linguaggio scientifico. il linguaggio filosofico non è mai sufficientemente formalizzato e per questo non regge il paragone con il linguaggio esatto e univoco delle scienze sperimentali. il linguaggio filosofico non è mai sufficientemente formalizzato e per questo non regge il paragone con il linguaggio della poesia.

20.1 Dal punto di vista derridiano. la questione dell'inconscio non ha un legame con il problema dell'origine della poesia. le nozioni di mania, entusiasmo, delirio, ispirazione, che nella tradizione venivano usate per spiegare l'ispirazione poetica, sono il segno che l'evento poetico è legato all'ascolto di una voce estranea al soggetto. è sbagliato ritenere che il poeta quando scrive obbedisce alla legge di una voce estranea, come se fosse ispirato o delirante. nessuna delle risposte indicate è corretta.

20.2 Per Derrida l'illusione dell'io. "consisterebbe nel sognare di essere normale, sano, equilibrato". "consisterebbe nel sognare di essere eccezionale, fuori dal comune, geniale". "consisterebbe nel sognare un'operazione di dominio ideale, idealizzante, che trasforma l'autoaffezione in eteroaffezione, l'autonomia in eteronomia". "consisterebbe nel sognare un'operazione di dominio ideale, idealizzante, che trasforma l'eteroaffezione in autoaffezione, l'eteronomia in autonomia".

20.3 Per Derrida un soggetto "normale". è un soggetto che non parla a se stesso e che non intende alcune "voce" all'interno della coscienza. non esiste perché tutti sentiamo delle voci nello spazio della nostra coscienza. è un soggetto che si autoillude che la voce che risuona nella sua coscienza sia sempre la sua propria voce, una voce che gli appartiene. nessuna delle risposte indicate è corretta.

20.4 Per Derrida quando qualcuno "intende delle voci che egli resta solo a intendere e quando percepisce come fonte estranea ciò che proviene, si dice, dal proprio interno". significa che il "normale" processo di riappropriazione che costituisce l'io è fallito, come accade nel caso del folle, del mistico o dell'allucinato. significa che è un poeta, che ascolta la voce dell'ispirazione. significa che il soggetto si autoconosce, come una autocoscienza. nessuna delle risposte indicate è corretta.

20.5 "A regime “normale”, l'io controlla la distinzione tra una alterità interna, in qualche modo, e una alterità esterna". Questo significa per Derrida. che un soggetto "normale" è in grado di controllare le sue relazioni con gli altri, mentre un soggetto "anormale" no. che un soggetto "normale" è in grado di riconoscere ciò che proviene dal proprio inconscio, dalle zone oscure della propria personalità, come qualcosa che non appartiene ad un altro io. che un soggetto "normale" non è in grado di riconoscere ciò che proviene dal proprio inconscio, dalle zone oscure della propria personalità, come qualcosa che non appartiene ad un altro io. che un soggetto "normale" non è in grado di controllare le sue relazioni con gli altri, mentre un soggetto "anormale" sì.

20.6 Per Valéry. l'amplesso è sostanzialmente equivalente all'inconscio. l'implesso è sostanzialmente equivalente all'inconscio. l'implesso è qualcosa di sostanzialmente diverso dall'inconscio. l'amplesso è qualcosa di sostanzialmente diverso dall'inconscio.

20.7 Per Derrida. la questione della psicoanalisi è la questione più importante per Valery. la filosofia del soggetto ha reso impossibile distinguere tra l'io e l'altro. la questione della psicoanalisi è strettamente legata al problema dell'alterità che abita l'interiorità della coscienza. la filosofia del soggetto sostiene con forza che vi sia una alterità nell'interiorità della coscienza.

20.8 Per Derrida il rifiuto di Freud. da parte di Valery appare quasi come una forma di "resistenza", nel senso psicoanalitico del termine. da parte di Mallarmé appare quasi come una forma di "resistenza", nel senso psicoanalitico del termine. da parte di Ponge appare quasi come una forma di "resistenza", nel senso psicoanalitico del termine. da parte di Artaud appare quasi come una forma di "resistenza", nel senso psicoanalitico del termine.

20.9 Per Derrida l'inconscio. non è semplicemente una coscienza virtuale, come pensa Mallarmé. non è semplicemente una coscienza virtuale, come pensa Valéry. è una coscienza virtuale, come pensa Mallarmé. è una coscienza virtuale, come pensa Valéry.

20.10 Per Derrida. Artaud riduce l'alterità radicale dell'inconscio, considerandolo come una forma di virtualità o potenzialità. Valéry scopre l'alterità radicale dell'inconscio, considerandolo come una forma di virtualità o potenzialità. Artaud scopre l'alterità radicale dell'inconscio, considerandolo come una forma di virtualità o potenzialità. Valéry riduce l'alterità radicale dell'inconscio, considerandolo come una forma di virtualità o potenzialità.

20.11 Per Valéry. l'amplesso è la semplicità dell'identico, la medesimezza del differente. l'implesso è la semplicità dell'identico, la medesimezza del differente. l'amplesso è la complessità che si ritrova all’interno di ciò che dovrebbe essere semplice, l’alterità all’interno del medesimo. l'implesso è la complessità che si ritrova all’interno di ciò che dovrebbe essere semplice, l’alterità all’interno del medesimo.

21.1 Per Derrida. Artaud prescrive di sospendere il titolo, di lasciarlo in sospeso, di farlo tacere, perché il titolo ha una funzione gerarchica ed è un dispositivo di controllo ermeneutico. Mallarmé prescrive di sospendere il titolo, di lasciarlo in sospeso, di farlo tacere, perché il titolo è fonte di ambiguità e confusione. Artaud prescrive di sospendere il titolo, di lasciarlo in sospeso, di farlo tacere, perché il titolo è fonte di ambiguità e confusione. Mallarmé prescrive di sospendere il titolo, di lasciarlo in sospeso, di farlo tacere, perché il titolo ha una funzione gerarchica ed è un dispositivo di controllo ermeneutico.

21.2 Dal punto di vista di Derrida. è importante che nella scrittura di Ponge anche il bianco della pagina diventi paradossalmente significativo, perché il bianco rappresenta la purezza dell'origine. è importante che nella scrittura di Mallarmé anche il bianco della pagina diventi paradossalmente significativo, perché il bianco rappresenta la purezza dell'origine. è importante che nella scrittura di Mallarmé anche il bianco della pagina diventi paradossalmente significativo, perché "la legge della spaziatura" è una legge fondamentale della scrittura. è importante che nella scrittura di Ponge anche il bianco della pagina diventi paradossalmente significativo, perché "la legge della spaziatura" è una legge fondamentale della scrittura.

21.3 "La doppia seduta". è un saggio compreso in "La disseminazione" in cui Derrida analizza un testo di Valéry. è un saggio compreso in "Margini della filosofia" in cui Derrida analizza un testo di Mallarmé. è un saggio compreso in "La disseminazione" in cui Derrida analizza un testo di Mallarmé. è un saggio compreso in "Margini della filosofia" in cui Derrida analizza un testo di Valéry.

21. 4 Chi è l'autore di "Un coup de dés jamais n'abolira le hasard" ("Un tiro di dadi non abolirà mai il caso")?. Valéry. Ponge. Mallarmé. Artaud.

21.5 Per Derrida. Valéry è il primo che ha posto la domanda "che cos'è la letteratura?". la domanda "che cos'è?" è all'origine della filosofia decostruzionista. Mallarmé è il primo che ha posto la domanda "che cos'è la letteratura?". la possibilità che la filosofia ha di domandare "che cos'è?", cercando di definire l'essenza di una realtà, rimane problematica.

21.6 "La doppia seduta". è un saggio in cui Derrida analizza in parallelo un testo di Aristotele e un testo di Mallarmé. è un saggio in cui Derrida analizza in parallelo un testo di Platone e un testo di Valéry. è un saggio in cui Derrida analizza in parallelo un testo di Platone e un testo di Mallarmé. è un saggio in cui Derrida analizza in parallelo un testo di Aristotele e un testo di Valéry.

21.7 "La doppia seduta". prende le mosse dalla domanda: "che cos'è la filosofia?". prende le mosse dalla domanda: "che cos'è la letteratura?". prende le mosse dalla domanda: "che cos'è la scrittura?". prende le mosse dalla domanda: "che cos'è la differenza?".

22.1 Quale autore ha reinterpretato la nozione di verità concependola come "s-velamento" o "non nascondimento"?. Nietzsche. Aristotele. Husserl. Heidegger.

22.2 Dal punto di vista derridiano. il lettore non entra mai in contatto con il significante "originale" di un testo, perché il significante lo raggiunge sempre attraverso una infinita catena di mediazioni. il lettore deve cercare di ritrovare il referente "originale" di un testo oltrepassando tutte le mediazioni. il lettore deve cercare di ritrovare il significato "originale" di un testo oltrepassando tutte le mediazioni. il lettore non entra mai in contatto con il significato "originale" di un testo, perché il significato lo raggiunge sempre attraverso una infinita catena di mediazioni.

22.3 "La doppia seduta" è un saggio. che originariamente viene presentato da Derrida alla rivista Tel Quel senza un titolo. che originariamente viene presentato da Derrida alla rivista La disseminazione con il titolo "Tel Quel". che originariamente viene presentato da Derrida alla rivista Tel Quel con il titolo "La disseminazione". che originariamente viene presentato da Derrida alla rivista La disseminazione senza un titolo.

22.4 Il titolo che Derrida avrebbe voluto attribuire. al saggio "La disseminazione" è un'espressione francese che si pronuncia in tre modi diversi, ma si scrive sempre allo stesso modo. al saggio "La disseminazione" è un'espressione francese che si scrive in tre modi diversi, ma si pronuncia sempre allo stesso modo. al saggio "La doppia seduta" è un'espressione francese che si scrive in tre modi diversi, ma si pronuncia sempre allo stesso modo. al saggio "La doppia seduta" è un'espressione francese che si pronuncia in tre modi diversi, ma si scrive sempre allo stesso modo.

22.5 Le espressioni omofone sono interessanti dal punto di vista derridiano. perché, essendo parole che si scrivono in modo differente, ma si pronunciano in modo uguale, sembrano confermare il fonocentrismo. perché, essendo parole che si pronunciano in modo differente, ma si scrivono in modo uguale, sembrano mettere in questione il fonocentrismo. perché, essendo parole che si scrivono in modo differente, ma si pronunciano in modo uguale, sembrano mettere in questione il fonocentrismo. perché, essendo parole che si pronunciano in modo differente, ma si scrivono in modo uguale, sembrano confermare il fonocentrismo.

22.6 Quale delle seguenti espressioni non è una traduzione possibile del titolo che Derrida avrebbe voluto attribuire a "La doppia seduta". "il 'tra' di Mallarmé". "l'altro Mallarmé". "tra i due Mallarmé". "l'antro di Mallarmé".

23.1 "L’anima quando pensa io non la vedo sotto altro aspetto che di una persona la quale conversi con se medesima, interrogando e rispondendo, affermando e negando". Chi è l'autore di questo paragone?. Derrida. Heidegger. Mallarmé. Platone.

23.2 Per Platone. Socrate è in errore, quando afferma la priorità della cultura orale. la vera cultura è la cultura scritta, non la cultura orale. nessune delle risposte indicate è corretta. la vera cultura è la cultura orale, ma la scrittura è comunque un'invenzione che ha effetti positivi.

23.3 In "La doppia seduta". Derrida sostiene che è necessario optare per la concezione della testualità, della scrittura e della verità che è propria di Mallarmé, rifiutando la posizione platonica. Derrida sostiene che è necessario optare per la concezione della testualità, della scrittura e della verità che è propria di Platone, rifiutando la posizione di Mallarmé. Derrida sostiene che è impossibile situarsi in una posizione intermedia "tra" Platone e Mallarmé. Derrida sostiene che è necessario situarsi in una posizione intermedia "tra" Platone e Mallarmé.

23.4 In "La doppia seduta". Derrida analizza un passaggio tratto dal "Fedone" in cui Platone paragona l'anima ad un libro. Derrida analizza un passaggio tratto dal "Fedone" in cui Platone paragona il corpo ad una prigione. Derrida analizza un passaggio tratto dal "Filebo" in cui Platone paragona l'anima ad un libro. Derrida analizza un passaggio tratto dal "Filebo" in cui Platone paragona il corpo ad una prigione.

23.5 In "La doppia seduta". Derrida critica l'idea platonica che la verità di un testo debba sempre essere indecidibile. nessuna delle risposte indicate è corretta. Derrida critica l'idea platonica che la verità di un testo debba sempre essere decidibile. Derrida critica Platone affermando che la nozione di verità non ha senso.

23.6 Secondo Derrida. dal momento che paragona il pensiero ad una scrittura Platone può essere considerato come un precursore della decostruzione. nel pensiero platonico c'è una significativa contraddizione perché da una parte Platone paragona il pensiero ad una scrittura, dall'altra parte concepisce la scrittura come qualcosa di negativo. dal momento che paragona il pensiero ad una scrittura Aristotele può essere considerato come un precursore della decostruzione. Platone concepisce la scrittura come qualcosa di negativo e per questo rifiuta il paragone tra l'attività dell'anima e la scrittura.

23.7 In quale dialogo Platone racconta un mito per spiegare l'origine della scrittura. Fedro. Repubblica. Fedone. Teeteto.

23.8 Per Platone la scrittura. è una tecnica per fissare il linguaggio non un pharmakon per la memoria. nessuna delle risposte indicate è corretta. è un "pharmakon", cioè una medicina che cura le malattie della memoria. è un "pharmakon" pericoloso, che promette di curare i limiti della memoria, ma in realtà la atrofizza.

24.1 Dal punto di vista derridiano. tutto comincia con l'origine: il che significa che non esiste ripetizione supplemento di origine. tutto comincia con la ripetizione: il che significa che non esiste origine pura. tutto comincia con l'origine: il che significa che non esiste ripetizione pura. tutto comincia con la ripetizione: il che significa che non esiste supplemento di origine.

24.2 In "La doppia seduta". Derrida sostiene che la verità deve essere compresa come "adeguazione". Derrida riprende la decostruzione della nozione tradizionale di verità proposta da Heidegger. Derrida critica l'interpretazione della nozione tradizionale di verità proposta da Heidegger. Derrida sostiene che la verità deve essere compresa come "imitazione" dell'essere.

24.3 Secondo Derrida. Platone concepisce il pensiero come una imitazione della realtà e dunque concepisce la verità come "adeguazione". Platone concepisce il pensiero come una imitazione della realtà e dunque concepisce la verità come "differenza". Platone concepisce il pensiero come una imitazione della realtà e dunque concepisce la verità come "svelamento". Platone concepisce il pensiero come una imitazione della realtà e dunque non concepisce la verità come "adeguazione".

24.4 Secondo il prof. Feyles per comprendere la decostruzione derridiana della nozione di verità. è bene tener presente che Platone critica le arti, sostenendo che esse non sono in grado di dire la verità, mentre Heidegger è convinto che l'arte sia uno dei modi essenziali dello svelamento della verità. è bene tener presente che Aristotele critica le arti, sostenendo che esse non sono in grado di dire la verità, mentre Heidegger è convinto che l'arte sia uno dei modi essenziali dello svelamento della verità. è bene tener presente che Heidegger critica le arti, sostenendo che esse non sono in grado di dire la verità, mentre Platone è convinto che l'arte sia uno dei modi essenziali dello svelamento della verità. è bene tener presente che Husserl critica le arti, sostenendo che esse non sono in grado di dire la verità, mentre Heidegger è convinto che l'arte sia uno dei modi essenziali dello svelamento della verità.

24.5 In "Della grammatologia" Derrida. decostruisce tanto la nozione di origine quanto la nozione di supplemento. decostruisce il mito dell'origine proponendo la paradossale nozione di "supplemento di origine". nessuna delle risposte indicate è corretta. decostruisce la nozione di "supplemento di origine", mostrando che si tratta di una nozione contraddittoria.

24.6 Secondo il prof. Feyles. dal punto di vista derridiano non sarebbe sbagliato affermare che "tutto è imitazione". dal punto di vista derridiano la nozione di imitazione non può trovare una collocazione all'interno di un pensiero decostruzionista. dal punto di vista derridiano sarebbe sbagliato affermare che "tutto è imitazione". dal punto di vista derridiano non sarebbe sbagliato affermare che "solo l'arte è imitazione".

24.7 Dal punto di vista derridiano. la "legge" della supplementarità implica che l'imitante si adegui al modello imitato. la "legge" della supplementarità implica che l'imitante sia un supplemento secondario e l'imitato sia un'originale assoluto. nessuna delle risposte indicate è corretta. la "legge" della supplementarità implica che l'imitante si sostituisca continuamente all'imitato.

25.1 Dal punto di vista derridiano. una delle contraddizioni presenti nel testo platonico è che l’immaginazione è subordinata all’intelletto, ma l’intelletto è concepito come una sorta di "immagine" fedele dell’essere. una delle contraddizioni del testo platonico è che la realtà è imitazione delle idee ma le idee provengono dalla realtà. una delle contraddizioni presenti nel testo platonico è che l’immaginazione è subordinata al linguaggio, ma il linguaggio è subordinato all’intelletto e l'intelletto alla realtà in un infinito regresso di subordinazioni. nessuna delle risposte indicate è corretta.

25.2 Per Derrida. la subordinazione dell'immagine, dell'immaginazione e dell'immaginario al discorso, all'intelletto e al verbale è una delle conseguenze più evidenti della decostruzione del logocentrismo. la subordinazione dell'intelletto, del discorso, del verbale all'immagine, all'immaginazione e all'immaginario è uno dei segnali più evidenti di una concezione logocentrica. la subordinazione dell'immagine, dell'immaginazione e dell'immaginario al discorso, all'intelletto e al verbale è uno dei segnali più evidenti di una concezione logocentrica. la subordinazione dell'intelletto, del discorso, del verbale all'immagine, all'immaginazione e all'immaginario è una delle conseguenze più evidenti della decostruzione del logocentrismo.

25.3 In "La doppia seduta". Derrida mostra che le immagini che Platone usa nel "Filebo" implicano una subordinazione dell'attività del pittore interno, perché questi arriva "dopo" lo scrittore interno. Derrida mostra che le immagini che Platone usa nel "Filebo" implicano una subordinazione dell'attività dello scrittore interno, perché questi arriva "dopo" il pittore interno. Derrida mostra che le immagini che Platone usa nel "Filebo" implicano l'impossibilità di stabilire una gerarchia tra il pittore interno e lo scrittore interno. nessuna delle risposte indicate è corretta.

25.4 "La pittura che forma le immagini è il ritratto del discorso; essa vale quanto vale il discorso che essa fissa e congela sulla sua superficie. Di conseguenza, essa vale solo quanto vale il logos capace di interpretarla, di leggerla, di dire ciò che essa vuol-dire e che in verità le fa dire rianimandola, per farla parlare". in questo passaggio Derrida evidenzia, analizzando le immagini che Platone utilizza nel "Filebo", uno dei presupposti di fondo del logocentrismo occidentale. in questo passaggio Derrida ribadisce che la pittura ha per Artaud lo stesso valore della scrittura, un valore che è legato alla verità e al voler dire. in questo passaggio Derrida ribadisce che la pittura ha per Platone lo stesso valore della scrittura, un valore che è legato alla verità e al voler dire. in questo passaggio Derrida evidenzia, analizzando le immagini che Artaud utilizza nei suoi quaderni, uno dei presupposti di fondo del logocentrismo occidentale.

25.5 In "La doppia seduta" Derrida afferma che. è necessario rovesciare il platonismo conservando però la sua "matrice" concettuale. è necessario stabilire che la vera realtà è l'immagine e che non è l'arte che imita la natura, bensì la natura che imita l'arte. è impossibile rovesciare il platonismo. i rovesciamenti del platonismo che implicano l'affermazione di una priorità dell'arte sulla natura e dell'immagine sulla realtà, rischiano il più delle volte di restare prigionieri della medesima "matrice" concettuale che è propria del platonismo.

25.6 Per Derrida. il platonismo ha decostruito uno dei cardini fondamentali del logocentrismo, cioè il primato della presenza e l'interpretazione dell'essere come presenza. il platonismo ha decostruito uno dei cardini fondamentali del logocentrismo, cioè il primato della assenza e l'interpretazione dell'essere come assenza. il platonismo ha stabilito uno dei cardini fondamentali del logocentrismo, cioè il primato della presenza e l'interpretazione dell'essere come presenza. il platonismo ha stabilito uno dei cardini fondamentali del logocentrismo, cioè il primato della assenza e l'interpretazione dell'essere come assenza.

25.7 Per Derrida. si può dire che la decostruzione è in un certo senso "platonica". non si può sostenere che tutta la filosofia occidentale è platonica, perché questa sarebbe una indebita generalizzazione. si può dire che tutta la filosofia occidentale è in qualche modo "antiplatonica". si può dire che tutta la filosofia occidentale è in qualche modo "platonica".

25.8 Nel "Filebo" Platone. paragona l'attività dell'immaginazione a quella di un pittore o artista che si trova all'interno all'anima. paragona l'attività della percezione a quella di un pittore o artista che si trova all'interno all'anima. paragona l'attività dell'immaginazione a quella di uno "scrivano" o scrittore che si trova all'interno all'anima. paragona l'attività della percezione a quella di uno "scrivano" o scrittore che si trova all'interno all'anima.

26.1 Per Derrida il crimine raccontato in "Mimica". è un evento reale, ma passato. è un evento che si situa tra le veglia e il sogno. è un evento che non è mai accaduto, perché si tratta di un sogno. è un evento che si situa tra il sonno e il sogno.

26.2 Per Derrida. il tempo in cui si svolge l'azione raccontata da "Mallarmé" è quello di "un'apparenza falsa di presente". il tempo in cui si svolge l'azione raccontata da "Mallarmé" è quello di "ricordo ormai lontano". il tempo in cui si svolge l'azione raccontata da "Mallarmé" è quello di "un passato che non può tornare". nessuna delle risposte indicate è corretta.

26.3 "Mimique" ("Mimica"). è un testo di Mallarmé, in cui egli commenta un testo di P. Margueritte, che è la trascrizione di una pantomima intitolata "Pierrot assassino di sua moglie. è il testo di una pantomima scritta da Mallarmé per il suo amico P. Margueritte. è un testo di P. Margueritte, in cui egli commenta un testo di Mallarmé, che è la trascrizione di una pantomima intitolata "Pierrot assassino di sua moglie. è un testo di Derrida, in cui egli commenta un testo di Mallarmé, che è la trascrizione di una pantomima intitolata "Pierrot assassino di sua moglie.

26.4 Dal punto di vista derridiano. la mimica del mimo non può essere considerata come una forma di scrittura, perché non si tratta di una espressione verbale. la mimica del mimo non è una scrittura gestuale e può essere efficacemente tradotta in termini verbali. la mimica del mimo può essere considerata come una forma di scrittura, anche se non si tratta di una scrittura verbale. la mimica del mimo non è una scrittura verbale ma può essere efficacemente tradotta in termini verbali.

26.5 Per Derrida. il fatto che Mallarmé legga il libretto in cui è trascritta la pantomima messa in scena da P. Margueritte non implica che vi sia nel suo testo una priorità della parola o del verbale. il fatto che Mallarmé legga il libretto in cui è trascritta la pantomima messa in scena da P. Margueritte implica che rimanga nel suo testo una priorità della parola o del verbale. la pantomima di Mallarmé implica "una cancellazione dell'iniziativa gestuale davanti all'anteriorità del libretto". la pantomima di P. Margueritte implica "una cancellazione dell'iniziativa gestuale davanti all'anteriorità del libretto".

26.6 "Il Mimo non segue alcun libretto prestabilito, alcun programma venuto da altrove. Non che improvvisi e si abbandoni alla spontaneità: semplicemente non ubbidisce ad alcun ordine verbale; i suoi gesti, la sua scrittura gestuale […] non gli sono dettati da alcun discorso verbale". In questo passaggio Mallarmé nega che vi sia un libretto in cui la pantomima che sta analizzando è stata trascritta. In questo passaggio Derrida si riferisce a "Mimica" di Mallarmé ed evidenzia una concezione logocentrica dell'imitazione. In questo passaggio Derrida si riferisce a "Mimica" di Mallarmé ed evidenzia una concezione non logocentrica dell'imitazione. In questo passaggio Derrida nega che vi sia un libretto in cui la pantomima che sta analizzando è stata trascritta.

26.7 "Non c'è imitazione. Il Mimo non imita nulla. E soprattutto non imita. Non vi è nulla prima della scrittura dei suoi gesti. Nulla gli è prescritto. Nessun presente avrà preceduto o sorvegliato il tracciarsi della sua scrittura". In questo passaggio, Derrida si riferisce ad Artaud ed evidenzia una concezione dell'imitazione che si sottrae alla metafisica della presenza. In questo passaggio, Derrida si riferisce a Mallarmé ed evidenzia una concezione dell'imitazione che si sottrae alla metafisica della presenza. In questo passaggio, Derrida si riferisce a Platone ed evidenzia una concezione dell'imitazione che rimane prigioniera della metafisica della presenza. In questo passaggio, Derrida si riferisce ad Aristotele ed evidenzia una concezione dell'imitazione che rimane prigioniera della metafisica della presenza.

26.8 Per Derrida. la scrittura di Mallarmé "si sottrae alla pertinenza o all'autorità della verità: senza rovesciarla, ma iscrivendola nel suo gioco come una parte o una funzione". la scrittura di Platone "si sottrae alla pertinenza o all'autorità della verità: senza rovesciarla, ma iscrivendola nel suo gioco come una parte o una funzione". la scrittura di Platone "si sottrae alla pertinenza o all'autorità della verità, affermando che l'immagine è la vera realtà". la scrittura di Mallarmé "si sottrae alla pertinenza o all'autorità della verità, affermando che l'immagine è la vera realtà".

27.1 "La scena non illustra che l'idea, non una azione effettiva": commentando questa affermazione presente in "Mimica". Derrida esclude che si possa interpretare la posizione di Mallarmé come un idealismo. Derrida rileva una somiglianza strutturale tra l'idealismo platonico e l'idealismo di Mallarmé. Derrida rileva una somiglianza strutturale tra l'idealismo hegeliano e l'idealismo di Mallarmé. Derrida suggerisce che la posizione Mallarmé può essere interpretata come un idealismo.

27.2 Per designare la concezione della testualità propria di Mallarmé,. Derrida utilizza l'espressione "mallarmismo", espressione che contiene un rimando ironico alla nozione di idealismo. Derrida utilizza l'espressione "mimetologismo", espressione che contiene un rimando ironico alla nozione platonica di "mimesis". Derrida utilizza l'espressione "mimetologismo", espressione che contiene un rimando ironico alla nozione aristotelica di "mimesis". Derrida utilizza l'espressione "mallarmismo", espressione che contiene un rimando ironico all'allarmismo generato dalla decostruzione delle nozioni di verità, realtà e presenza.

27.3 Secondo il prof. Feyles. Derrida sostiene la coincidenza di mallarmismo e idealismo. distinguendo il mallarmismo dall'idealismo, Derrida suo malgrado, autorizza una interpretazione idealistica della decostruzione. Derrida non distingue chiaramente mallarmismo e idealismo. distinguendo il mallarmismo dall'idealismo, Derrida prende le distanze da una interpretazione idealistica della decostruzione.

27.4 Per Derrida. il mallarmismo è "un simulacro di platonismo o di hegelismo, separato da ciò che simula solo da un velo appena percettibile". il mallarmismo "non ha alcun somiglianza con l'idealismo platonico o hegeliano". nessuna delle risposte indicate è corretta. il mallarmismo è "un simulacro di logocentrismo, separato da ciò che simula solo da un velo appena percettibile".

27.5 Per Derrida. "è semplicemente falso dire che Mallarmé è platonico o hegeliano. Ma soprattutto non è vero". "è semplicemente vero dire che Mallarmé è platonico o hegeliano. Ma soprattutto non è falso". nessuna delle risposte indicate è corretta. "non è semplicemente falso dire che Mallarmé è platonico o hegeliano. Ma soprattutto non è vero".

27.6 Il paradigma classico dell'imitazione per Derrida deve essere decostruito. perché l'imitazione deve avere un termine ultimo, che possa essere considerato come l'originale da imitare, anche se il rapporto tra imitante e imitato si rovescia continuamente. nessuna delle risposte indicate è corretta. perché l'imitazione non ha un termine ultimo, che possa essere considerato come l'originale da imitare e perché il rapporto tra imitante e imitato si rovescia continuamente. perché l'imitazione è in realtà il vero originale.

27.7 Dal punto di vista derridiano il rapporto tra imitante e imitato. è analogo al rapporto tra significante e significato ma è diverso dal rapporto tra immagine e modello. è analogo al rapporto tra immagine e modello, ma è diverso dal rapporto tra significante e significato. è analogo al rapporto tra significante e significato e al rapporto tra l'immagine e il modello. è diverso dal rapporto tra significante e significato ed è diverso anche dal rapporto tra immagine e modello.

28.1 In "La doppia seduta" la nozione derridiana di indecidibilità. viene messa in connessione, dallo stesso Derrida, con il teorema di incompletezza di Gödel. viene messa in connessione, dallo stesso Derrida con la teoria della relatività di Einstein. viene messa in connessione, dallo stesso Derrida con il principio di indeterminazione di Heisenberg. viene messa in connessione, dallo stesso Derrida, con i teoremi di incompletezza di Frege.

28.2 Dal punto di vista derridiano la questione della mimesis. è un problema "specificamente estetico", perché solo nell'orizzonte dell'estetica moderna l'arte può essere compresa come imitazione. "è una questione senza limiti", perché l'imitazione implica sempre un oltrepassamento dei margini, delle cornici, dei bordi della rappresentazione. è una "questione senza limiti" perché quasi tutte le relazioni duali che la filosofia ha tematizzato (realtà e apparenza, realtà ed essenza, linguaggio e pensiero, ecc.) possono essere ricondotte allo schema dell’imitazione. è un problema "specificamente estetico", perché solo nell'orizzonte dell'estetica antica l'arte può essere compresa come imitazione.

28.3 Per Derrida. non è sbagliato affermare che il significante rimanda sempre ad un significato ideale. non è sbagliato affermare che il significante rimanda ad un significato che è a sua volta un significante. il sistema dei significati non può determinare il sistema dei significanti. il sistema dei significanti non può determinare il sistema dei significati.

28.4 Interpretando Mallarmé, Derrida afferma che. l'imitazione ha un referente ultimo, che è la realtà. l'imitazione è senza referente ultimo, ma rimanda comunque ad una "esteriorità assoluta". l'imitazione è senza referente ultimo, nel senso che è imitazione di imitazione. l'imitazione ha un referente ultimo, che è l'idea.

28.5 Per Derrida non è vero che. non c'è esteriorità assoluta rispetto all'imitazione. nessune delle risposte indicate è corretta. l'imitazione imita l'imitazione. l'imitazione è senza referente ultimo.

28.6 "La parola “tra” che si tratti di confusione o di intervallo tra, sorregge dunque tutta la forza dell'operazione". A quale testo fa riferimento Derrida in questo passaggio?. "Mimica" di Mallarmé. "Il libro delle interrogazioni" di Ponge. "Mimica" di Ponge. "Il libro delle interrogazioni" di Mallarmé.

28.7 Per Derrida. la decostruzione implica il superamento delle opposizioni concettuali, ma questo superamento non conduce mai ad una sintesi degli opposti di tipo hegeliano. Nessuna delle risposte indicate è corretta. la decostruzione implica il superamento delle opposizioni concettuali e superamento conduce ad una sintesi degli opposti di tipo hegeliano. la decostruzione non implica il superamento delle opposizioni concettuali, ma un approfondimento delle contrapposizioni fondamentali su cui si regge la filosofia occidentale.

28.8 Affermando in "La doppia seduta" che "Tertium datur, senza sintesi". Derrida prende le distanze tanto dalla logica classica fondata sul principio del terzo escluso, quanto dalla dialettica hegeliana fondata sulla sintesi degli opposti. rifiuta la logica classica e recupera l'idea hegeliana della dialettica senza sintesi degli opposti. Derrida prende le distanze dalla dialettica hegeliana, fondata sulla sintesi degli opposti e recupera il principio logico classico del terzo escluso. Derrida prende le distanze dalla logica classica fondata sul principio del terzo escluso e recupera la dialettica hegeliana.

28.9 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. Nessuna delle risposte indicate è corretta. mentre la dialettica hegeliana si basa sulla retorica del "A, e non A", l'indecidibilità derridiana si basa sulla retorica del "o A, oppure non A". mentre la logica classica si basa sulla retorica del "o A, oppure non A", l'indecidibilità derridiana si basa sulla retorica del "né A, né non A. mentre la logica classica si basa sulla retorica del "o A, oppure non A", l'indecidibilità derridiana si basa sulla retorica del "A, e non A".

29.1 La sillessi per Derrida. è una figura retorica che consiste nel prendere in senso figurato una parola che non ha senso proprio. Nessuna delle risposte indicate è corretta. è una figura retorica che consiste nel prendere una stessa parola contemporaneamente in due sensi diversi, nel senso proprio e nel senso figurato. è una figura retorica che consiste nel prendere in senso proprio una parola che ha invece un senso figurato.

29.2 Dal punto di vista derridiano. tutti i segni linguistici sono potenzialmente delle sillessi. un segno linguistico non può mai essere una sillessi. Nessuna delle risposte indicate è corretta. i significanti non sono mai sillessi, a differenza dei significati.

29.3 Per Derrida termini come "pharmakon, "differenza" e "supplemento". sono sillessi, perché non hanno un valore doppio, contraddittorio, indecidibile. non sono sillessi, perché hanno un valore doppio, contraddittorio, indecidibile. sono sillessi, nel senso che hanno un valore doppio, contraddittorio, indecidibile. sono metafore e non sillessi, perché hanno un valore doppio, contraddittorio e indecidibile.

29.4 Dal punto di vista derridiano. mentre nel caso della metafora, rimane una chiara subordinazione tra il senso proprio e il senso figurato, nel caso della sillessi i due significati coesistono senza subordinazione. mentre nel caso della sillessi, rimane una chiara subordinazione tra il senso proprio e il senso figurato, nel caso della metafora i due significati coesistono senza subordinazione. mentre nel caso della metonimia, rimane una chiara subordinazione tra il senso proprio e il senso figurato, nel caso della metafora i due significati coesistono senza subordinazione. mentre nel caso della metafora, rimane una chiara subordinazione tra il senso proprio e il senso figurato, nel caso della metonimia i due significati coesistono senza subordinazione.

29.5 L'indecidibilità derridiana. è incompatibile con la teoria freudiana del sogno, perché si applica alla vita cosciente, mentre il sogno è un'attività inconscia. è un fenomeno che si applica solo alla scrittura onirica che è propria dei sogni. è legata alla teoria del sogno freudiana, perché i simboli onirici sono sempre ambigui e polisemici e non obbediscono al principio di non contraddizione. implica una presa di distanze rispetto alla teoria freudiana del sogno, perché i simboli onirici sono sempre ambigui e polisemici e non obbediscono al principio di non contraddizione.

29.6 Per Derrida "Mimica" di Mallarmé. è una trattazione tipicamente estetica delle nozioni fondamentali legate alla letteratura. non implica una decostruzione delle nozioni fondamentali legate alla scrittura, alla testualità e alla letteratura. nessune delle risposte indicate è corretta. non potrebbe in nessun modo essere letta come "una specie di corto trattato della letteratura".

29.7 Dal punto di vista derridiano. si può dire che tutto è letteratura, intendendo la parola "letteratura" nel senso tipicamente estetico. si può dire che da un certo punto di vista tutto è letteratura, ma è altrettanto vero che la nozione specificamente estetica di letteratura è una nozione che è nata "morta" in età moderna. non si può dire in nessun modo sostenere che tutto è letteratura, perché la nozione specificamente estetica di letteratura è una nozione che è nata "morta" in età moderna. nessuna delle risposte indicate è corretta.

29.8 Per Derrida l'essenza della letteratura. non esiste. è un'essenza scritturale. è un'essenza filosofica. è un'essenza estetica.

30.1 In "La doppia seduta" Derrida propone una ardita interpretazione di un passaggio di "Mimica". giocando sull'ambiguità del pronome francese "qui", che può essere tradotto in italiano tanto con "chi" quanto con "qui". giocando sull'ambiguità del pronome francese "qui", che può indicare in un determinato contesto tanto un individuo quanto una cosa come soggetto dell'azione. giocando sull'ambiguità del pronome francese "qui", che può essere tradotto in italiano tanto con "chi" quanto con "che". giocando sull'ambiguità del pronome francese "qui", che può essere letto in un determinato contesto tanto come un pronome relativo quanto come un pronome interrogativo.

30.2 Per Derrida. leggere significa sempre anche scrivere, cioè contribuire alla produzione del significato, e scrivere significa sempre anche leggere, cioè obbedire all'imposizione di un sistema testuale in cui siamo situati. nessuna delle risposte indicate è corretta. l'iniziativa del soggetto nel gioco della testualità non è quella dell'autore ma quella del lettore. l'iniziativa del soggetto nel gioco della testualità non è quella del lettore ma quella dell'autore.

30.3 Dal punto di vista derridiano. non ha senso affermare che lo scrittore è colui che scrive ma anche colui che è scritto. non ha senso affermare che il lettore è colui che legge ma anche colui che è letto. è necessario ripensare il rapporto tra autore e lettore, superando l'opposizione semplice tra attività e passività. è necessario ripensare il rapporto tra autore e lettore, stabilendo una chiara distinzione tra l'attività dell'autore e la passività del lettore.

30.4 "Mallarmé legge. Egli scrive leggendo." Con questa affermazione Derrida vuole dire che. non solo che Mallarmé ha scritto "Mimica" leggendo un libretto di Margueritte, ma anche che ogni atto di scrittura è sempre anche una lettura del sistema testuale nel quale si è situati. nessuna delle risposte indicate è corretta. Mallarmé è riuscito ad essere originale, in "Mimica", anche se esisteva un testo di Margueritte che egli aveva letto in precedenza. Mallarmé è un grande scrittore perché si è nutrito di molte letture e per scrivere bene bisogna prima leggere molto.

30.5 Interpretando un passaggio centrale di "Mimica" di Mallarmé Derrida sostiene che. è impossibile che il "copione" legga il Mimo. è possibile che il "copione" legga il Mimo. è impossibile che il Mimo, prima di recitare, abbia letto il copione. è necessario che il Mimo, prima di recitare, abbia letto il copione.

30.6 L'interpretazione di "Mimica" proposta da Derrida. ha lo scopo di ricostruire ciò che Mallarmé ha effettivamente voluto dire e Derrida si preoccupa di mostrare che la sua interpretazione è la più plausibile anche dal punto di vista filologico. non ha lo scopo di ricostruire ciò che Mallarmé ha effettivamente voluto dire e per questo Derrida si disinteressa completamente di ogni indagine filologica sul testo che analizza. non ha lo scopo di ricostruire ciò che Mallarmé ha effettivamente voluto dire, anche se Derrida mostra che, anche dal punto di vista filologico la sua interpretazione, benché forzata, non può essere esclusa. ha lo scopo di ricostruire ciò che Mallarmé ha voluto dire inconsciamente e per questo Derrida si disinteressa completamente di ogni indagine filologica sul testo che analizza.

30.7 La pantomima di cui Mallarmé racconta. rappresenta la vicenda tragica di un personaggio tipico della tragedia francese, Pierrot, che uccide sua moglie per gelosia. rappresenta la vicenda tragicomica di un personaggio tipico della Commedia dell'arte francese, Pierrot, che uccide sua moglie, facendola morire dalle risate. nessuna delle risposte indicate è corretta. rappresenta la vicenda di un personaggio comico inventato da P. Margueritte, Pierrot, che uccide per sbaglio sua moglie.

31.1 "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce" viene pubblicato. nel 1967. nel 1987. nel 1957. nel 1977.

31.2 In un passaggio importante di "Introduzione a «L’origine della geometria di Husserl»", Derrida mette a confronto. Husserl e Joyce. Artaud e Van Gogh. Valéry e Freud. Platone e Mallarmé.

31.3 Per Derrida il testo di Joyce. può e deve essere sottoposto ad una operazione di "micrologia subatomica", che ingrandisce a dismisura ogni singola parola del testo per analizzarla nelle sue infinite implicazioni e nei suoi infiniti rimandi di significato. può essere compreso solo in uno sguardo di insieme, che colga la totalità del suo significato e dunque non deve essere sottoposto ad una operazione di "micrologia subatomica" di ogni singola parola. può e deve essere sottoposto ad una operazione di "micrologia subatomica", cioè ad una analisi storica che accerti l'autentico contesto di riferimento di tutte le espressioni e la genesi effettiva di ogni scelta linguistica. può e deve essere sottoposto ad una operazione di "micrologia subatomica", cioè ad una analisi semiotica, condotta principalmente con i metodi della linguistica strutturalista, che individui le strutture di significato che sono alla base del testo.

31.4 Secondo il prof. Feyles fenomenologia e decostruzione. anche se sono legate storicamente, sono diametralmente opposte dal punto di vista metodologico, perché la decostruzione è una analisi del vissuto, mentre la fenomenologia è una analisi di testi altrui, cioè di qualcosa che non è mai un vissuto proprio. anche se sono legate storicamente, sono diametralmente opposte dal punto di vista metodologico, perché la fenomenologia è una analisi del vissuto, mentre la decostruzione è una analisi di testi altrui, cioè di qualcosa che non è mai un vissuto proprio. non sono legate storicamente e sono diametralmente opposte dal punto di vista metodologico, perché la decostruzione è una analisi del vissuto, mentre la fenomenologia è una analisi di testi altrui, cioè di qualcosa che non è mai un vissuto proprio. non sono legate storicamente e sono diametralmente opposte dal punto di vista metodologico, perché la fenomenologia è una analisi del vissuto, mentre la decostruzione è una analisi di testi altrui, cioè di qualcosa che non è mai un vissuto proprio.

31.5 In "Due parole per Joyce". Derrida commenta due parole tratte dall'"Ulisse": "sì, sì'". Derrida commenta due parole tratte dal "Finnegans Wake": "sì, sì'". Derrida commenta due parole tratte dall'"Ulisse": "he war". Derrida commenta due parole tratte dal "Finnegans Wake": "he war".

31.6 Il linguaggio husserliano. è un linguaggio sempre polisemico e ambiguo ed è sempre legato ad una particolare circostanza di enunciazione. è un linguaggio che vuole essere tecnico ed è sempre legato ad una particolare circostanza di enunciazione. è un linguaggio polisemico, ambiguo che ha l'ambizione di essere universale. è un linguaggio che vuole essere tecnico e che ha l'ambizione di essere universale.

31.7 In un passaggio importante di "Sopra-vivere" Derrida spiega. che il suo modo di scrivere e il suo stile filosofico nascono da una esigenza comunicativa e dal desiderio di provocare e destare sorpresa. che il suo modo di scrivere ha una ragione ultima che è estetica e stilistica. che il suo modo di scrivere e il suo stile filosofico nascono dalla necessità di instaurare un dialogo teoretico con i poeti e gli artisti. che il suo modo di scrivere e il suo stile filosofico sono una sorta di messa in scena performativa dei problemi che la decostruzione teorizza.

31.8 Secondo il prof. Feyles la fenomenologia husserliana e la decostruzione. si distinguono la punto di vista metodologico perché la decostruzione è tendenzialmente assertiva e implica pochi rimandi essenziali alla storia del pensiero, mentre la fenomenologia è sempre critica e si presenta come una sorta di commento della storia della filosofia. si distinguono la punto di vista metodologico perché la fenomenologia è tendenzialmente assertiva e implica pochi rimandi essenziali alla storia del pensiero, mentre la decostruzione è sempre critica e si presenta come una sorta di commento della storia della filosofia. non si distinguono dal punto di vista metodologico, perché entrambe sono critiche e fondate sulla conoscenza della storia della filosofia, ma si distinguono nelle conclusioni teoriche. si distinguono la punto di vista metodologico perché la fenomenologia è tendenzialmente critica e implica pochi rimandi essenziali alla storia del pensiero, mentre la decostruzione è sempre assertiva e si presenta come una sorta di commento della storia della filosofia.

32.1 Nella prefazione di "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce". Derrida si interroga sul rapporto tra referenza e circonferenza. Derrida si interroga sul rapporto tra distanza e circostanza. Derrida si interroga sul rapporto tra referenza e differenza. Derrida si interroga sul rapporto tra riferimento e differimento.

32.2 Secondo il prof. Feyles il movimento della referenza. si distingue in modo molto chiaro dal movimento del riferimento, che è transitivo e diretto verso la realtà. è un movimento circolare che implica un ripiegamento del testo su se stesso. è un movimento essenzialmente transitivo che permette di attraversare un testo per raggiungere la realtà a cui il testo si riferisce. è un movimento transitivo, che implica il raggiungimento della realtà e per questo esclude ogni autoriferimento riflessivo.

32.3 Nella prefazione di "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce". nessuna delle risposte indicate è corretta. Derrida suggerisce che una certa circolarità e un certo autoreferenzialità sono sempre implicate dal movimento della referenza. Derrida suggerisce che la circolarità e l'autoreferenzialità sono sempre escluse dal movimento della referenza. Derrida identifica referenza e autoreferenzialità.

32.4 Secondo il prof. Feyles quali autori hanno mostrato in modo convincente che anche dal punto di vista della semiotica e della linguistica il riferimento non esclude l'autoriferimento?. Benveniste, Jakobson e Marin. Benveniste, Jakobson e Saussure. Heidegger, Jakobson e Marin. Benveniste, Jakobson e Saussure.

32.5 Secondo il prof. Feyles. le analisi di Benveniste dimostrano che il linguaggio non può riferirsi al mondo se il parlante lo utilizza per riferirsi a se stesso. le analisi di Husserl dimostrano che il linguaggio non potrebbe riferirsi al mondo se il parlante non lo utilizzasse anche per riferirsi a se stesso. le analisi di Benveniste dimostrano che il linguaggio non potrebbe riferirsi al mondo se il parlante non lo utilizzasse anche per riferirsi a se stesso. le analisi di Husserl dimostrano che il linguaggio non può riferirsi al mondo se il parlante lo utilizza per riferirsi a se stesso.

32.6 Secondo il prof. Feyles. il narcisismo è una forma di patologia psichica che deve essere evitata e per questo è necessario evitare ogni uso autoreferenziale del linguaggio. Derrida mette in relazione il problema del narcisismo e il problema della autoreferenzialità, perché il narcisismo è una forma di autoreferenzialità del desiderio erotico. Derrida ritiene che l'uso referenziale del linguaggio sia sostanzialmente un uso narcisistico. Derrida nega che vi sia una relazione tra il problema della autoreferenzialità del linguaggio e il problema del narcisismo perché vuole prendere le distanze da una interpretazione in chiave psicoanalitica della decostruzione.

32.7 Nella prefazione di "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce". Derrida spiega che paradossalmente un discorso che vuole "rompere col narcisismo" e indirizzarsi all'altro, deve comunque "parlare di sé". Derrida spiega che, dal momento che non c'è nulla fuori dal testo, è impossibile "rompere col narcisismo" e smetterla di "parlare di sé". Derrida spiega che la decostruzione non è un discorso autoreferenziale e che è necessario "rompere col narcisismo" e smetterla di "parlare di sé". Derrida spiega che la decostruzione non vuole "rompere col narcisismo" e indirizzarsi all'altro, perché è un discorso intenzionalmente autoreferenziale.

32.8 In un paragrafo importante di "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce". nessuna delle risposte indicate è corretta. Derrida si autocita, compilando un catalogo di tutti i passaggi in cui gli studiosi di Joyce lo citano. Derrida si autocita, compilando un catalogo di tutti i passaggi in cui Joyce lo cita. Derrida si autocita, compilando un catalogo dei passaggi dei suoi libri in cui Joyce viene citato.

32.9 Quale delle seguenti affermazioni è una citazione tratta da un testo di Derrida?. "Sì, ogni volta che scrivo, e anche nelle cose dell’accademia, un fantasma di Husserl è all’arrembaggio". "Sì, ogni volta che scrivo, e anche nelle cose dell’accademia, un fantasma di Heidegger è all’arrembaggio". "Sì, ogni volta che scrivo, e anche nelle cose dell’accademia, un fantasma di Artaud è all’arrembaggio". "Sì, ogni volta che scrivo, e anche nelle cose dell’accademia, un fantasma di Joyce è all’arrembaggio".

32.10 Nella prefazione di "Ulisse grammofono. Due parole per Joyce". Derrida analizza in particolare il primo capitolo dell'Ulisse. Derrida si interroga sul rapporto tra un discorso e le circostanze della sua enunciazione. Derrida ricorda che le due testi raccolti nel libro sono stati presentati originariamente ad una importante rivista senza titoli. Derrida sostiene di non aver mai osato scrivere su Joyce, perché è un autore troppo difficile da leggere.

33.1 Dal punto di vista derridiano un testo. può essere paragonato ad un programma perché la sua lettura è un processo automatico, che produce un effetto previsto all'autore. può essere paragonato ad un programma, perché è una scrittura che anticipa un’"esecuzione", che è l’interpretazione, anche se nel caso di un testo l'esecuzione è sempre differente. nessuna delle risposte indicate è corretta. non può essere paragonato ad un programma, perché il programma anticipa il futuro, mentre il testo è piuttosto una forma di memoria.

33.2 Secondo il prof. Feyles. un programma è un testo chiuso, perché ammette una sola lettura possibile. un programma è un testo aperto, perché permette di compiere molteplici operazioni. un testo chiuso è un programma che ammette molteplici letture. un testo aperto è un programma che ammette una sola lettura corretta.

33.3 Secondo il prof. Feyles. la distinzione tra testi chiusi e testi aperti proposta da Eco è utile per comprendere la concezione derridiana della testualità. la distinzione tra testi chiusi e tesi aperti non è di nessuna utilità per comprendere la concezione della testualità decostruzionista. a distinzione tra testi chiusi e testi aperti proposta da Derrida può essere applicata anche alla semiotica di Eco e persino alle sue opere narrative. Derrida vuole decostruire la distinzione tra testi chiusi e testi aperti proposta da Eco.

33.4 Secondo il prof. Feyles. i testi aperti sono testi che autorizzano una molteplicità di letture egualmente legittime e le opere d'arte autentiche non sono mai testi aperti. i testi aperti sono testi che hanno una interpretazione univoca e dunque le opere d'arte autentiche sono sempre testi aperti. i testi aperti sono testi che autorizzano una molteplicità di letture egualmente legittime e dunque tutte le opere d'arte autentiche sono testi aperti. i testi aperti sono testi che hanno una interpretazione univoca e dunque le opere d'arte non sono mai testi aperti.

33.5 Secondo il prof. Feyles. un testo assolutamente e completamente chiuso, sarebbe incomprensibile, ma il testo di Joyce si avvicina molto a questo ideale. un testo assolutamente e completamente aperto, sarebbe incomprensibile, e per questo il testo di Joyce non è un testo aperto. un testo assolutamente e completamente aperto, sarebbe incomprensibile, ma il testo di Joyce si avvicina molto a questo ideale. nessuna delle risposte indicate è corretta.

33.6 Per Derrida. il testo di Joyce non si sottomette al principio di verità e dunque non esiste alcun criterio oggettivo per stabilire se un interpretazione di Joyce è corretta o scorretta. non avrebbe alcun senso affermare che ogni interpretazione di Joyce, anche la più astrusa, è legittima. anche il testo di Joyce si sottomette al principio di verità nella misura in cui solo certe interpretazioni di tale testo sono legittime. il testo di Joyce non si sottomette al principio di verità e tuttavia esistono alcuni criteri oggettivi per stabilire se un interpretazione di Joyce è corretta o scorretta.

33.7 In "Due parole per Joyce" Derrida paragona il testo di Joyce. ad un'immensa ragnatela testuale nella quale il lettore viene intrappolato. nessuna delle risposta indicate è corretta. ad una computer futuristico in grado di prevedere ogni cosa. ad un'immensa ragnatela testuale nella quale l'autore rimane intrappolato.

34.1 Quale delle seguenti affermazioni non è presente in "Due parole per Joyce. Ulisse grammofono". non si può che leggere Joyce. gli enunciati tipo ‘io leggo Joyce’, ‘leggete Joyce’, ‘avete letto Joyce’, hanno qualcosa di comico. il testo di Joyce è illeggibile. il testo di Joyce è talvolta comico, talvolta tragico.

34.2 Per Derrida. nessuna delle risposte indicate è corretta. solo il decostruzionista può vantarsi di aver letto veramente Joyce. da una parte leggere Joyce è impossibile, dall'altra parte qualsiasi testo può essere considerato come una lettura di Joyce. qualsiasi testo può essere considerato come una lettura di Joyce e dunque leggere Joyce è un compito possibile.

34.3 Quale testo per Derrida si presenta come "una macchina ipermnestica capace di stoccare tutto in un'epopea immensa, attraverso la memoria occidentale e virtualmente tutte le lingue del mondo". "Il libro delle interrogazioni" di Jabès. "Il libro delle interrogazioni" di Valery. "Il libro" di Mallarmé. L'"Ulisse" di Joyce.

34.4 Per Derrida. Husserl e Joyce rappresentano due modi contrapposti di intendere il linguaggio. Husserl e Joyce, pur essendo uno un filosofo e uno scrittore, hanno in comune la medesima concezione del linguaggio. Heidegger e Joyce rappresentano due modi contrapposti di intendere il linguaggio. Heidegger e Joyce, pur essendo uno un filosofo e uno scrittore, hanno in comune la medesima concezione del linguaggio.

34.5 Per Derrida la lingua di Joyce. è una lingua babelica. è un codice. è una lingua trasparente. è una nomenclatura.

34.6 Per Derrida Husserl vuol rendere il linguaggio. trasparente. polisemico. babelico. differente.

34.7 Quale autore per Derrida "Tenta di far affiorare, nella più grande sincronia possibile, a tutta velocità, la massima potenza dei significati sepolti in ogni frammento sillabico, mettendo in fissione ogni atomo di scrittura per gravarne l'inconscio con tutta la memoria dell'uomo: mitologie, religioni, filosofie, scienze, psicoanalisi, letteratura"?. Joyce. Mallarmé. Ponge. Valéry.

34.8 Nella sua interpretazione di Joyce Derrida si richiama. al racconto biblico dell'uccisione di Abele. al racconto biblico della Torre di Babele. al mito platonico della caverna. al mito platonico del demiurgo.

34.9 Per Derrida "La farmacia di Platone". può essere considerata come una lettura possibile del "Il teatro e il suo doppio " di Artaud. può essere considerata come una lettura possibile del "Finnegans Wake" di Joyce. può essere considerata come una lettura possibile del "Libro delle interrogazione" di Jabès. può essere considerata come una lettura possibile di "Mimica" di Mallarmé.

34.10 Per Derrida. il progetto di Joyce di sovraccaricare e condensare l'equivocità del linguaggio non ha limiti strutturali, e la lettura rimane possibile anche se non rimane alcun elemento di univocità e comprensibilità. l'"Ulisse" implica una concezione del linguaggio molto diversa da quella che è implicata dal "Finnegans Wake". il progetto di Joyce di sovraccaricare e condensare l'equivocità del linguaggio ha dei limiti strutturali, perché un minimo elemento di univocità e comprensibilità deve esserci, altrimenti non sarebbe possibile leggere il testo. l'"Ulisse" implica una concezione dell'autore molto diversa da quella che è implicata dal "Finnegans Wake".

34.11 Per Derrida. il progetto di Heidegger di un linguaggio del tutto equivoco è impossibile proprio come il progetto di Husserl di un linguaggio del tutto univoco. il progetto di Joyce di un linguaggio del tutto equivoco è possibile, a differenza del progetto di Husserl di un linguaggio del tutto univoco. il progetto di Joyce di un linguaggio del tutto equivoco è impossibile proprio come il progetto di Husserl di un linguaggio del tutto univoco. il progetto di Joyce di un linguaggio del tutto equivoco è impossibile a differenza del progetto di Heidegger di un linguaggio del tutto univoco.

35.1 Secondo Derrida. le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero significare nello stesso tempo: "egli guerreggia", "egli guerra", "egli fu", "egli era". le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero significare nello stesso tempo: "egli guerreggia", "egli uccide", "egli salva", "egli cura". in realtà sono parole tedesche e non parole inglesi. sono parole inglesi e non parole tedesche.

35.2 Per Derrida. Dio, a differenza di Joyce, ordina e vieta all'uomo di comprenderlo. Dio, proprio come Joyce, ordina e vieta all'uomo di comprenderlo. Joyce, a differenza di Dio, ordina e vieta all'uomo di comprenderlo. Dio ordina all'uomo di comprenderlo, mentre Joyce ordina all'uomo di non comprenderlo.

35.3 Quale delle seguenti affermazioni non corrisponde a quello che Derrida afferma in "Due parole per Joyce". le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero contenere un'allusione alla risposta che nell'Antico Testamento, nel libro dell'Esodo, Dio dà a Mosè: "io sono colui che è, era, sarà". le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero essere nello stesso tempo inglesi e francesi. le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero essere nello stesso tempo inglesi e tedesche. le parole "he war" presenti nel Finnegans Wake, potrebbero contenere un'allusione ad una celebra affermazione freudiana.

35.4 Per Derrida. il testo di Joyce è scritto per una comunità di lettori che sono istituiti performativamente dal testo stesso. il testo di Joyce è scritto per una comunità di lettori che non hanno una competenza filosofica. Joyce non scrive per i Joyce Scholars, ma per i filosofi. Joyce non scrive per i Joyce Scholars e per gli studiosi, ma per il grande pubblico.

35.5 Secondo Derrida. l'espressione "he war" che si trova nel "Finnegans Wake" potrebbe riferirsi a Finnegan. l'espressione "he war" che si trova nel "Finnegans Wake" potrebbe riferirsi a Dio. nessuna delle risposte indicate è corretta. l'espressione "he war" che si trova nel "Finnegans Wake" potrebbe riferirsi a Ulisse.

35.6 Quale delle seguenti affermazioni non è presente in "Due parole per Joyce. Ulisse grammofono"?. Joyce ha fatto di tutto per minare alla base il concetto di competenza testuale. il testo di Joyce può essere letto solo da un lettore ipercompetente che ha una competenza enciclopedica e universale. gli esperti di Joyce millantano di avere una competenza che in realtà non hanno. Joyce confonde i suoi lettori in modo analogo a Dio che confonde le lingue degli uomini nell'Antico testamento.

36.1 Secondo il prof. Feyles. la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"), che Derrida utilizza all'inizio di "Antonin Artaud. Forsennare il soggettile" è una sorta di riformulazione del paradosso dell'incompletezza. la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"), che Derrida utilizza all'inizio di "Antonin Artaud. Forsennare il soggettile" è una sorta di riformulazione del paradosso dell'incompletezza. la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"), che Derrida utilizza all'inizio di "Ulisse grammofono" è una sorta di riformulazione del paradosso del mentitore. la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"), che Derrida utilizza all'inizio di "Ulisse grammofono" è una sorta di riformulazione del paradosso dell'incompletezza.

36.2 In "Ulisse grammofono" Derrida evidenzia l'impossibilità di tradurre. la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" con cui si apre la conferenza. le due parole "he war" presenti in un passaggio dell'Ulisse. le due parole "he war" presenti in un passaggio del "Libro delle interrogazioni". la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" presente in un passaggio fondamentale dell'"Ulisse".

36.3 Tradurre per Derrida. è un compito impossibile e dunque bisogna evitare di tradurre e leggere sempre i testi nella lingua originale. è un compito necessario, che però non spetta al decostruzionista. è un compito impossibile, ma necessario. è un compito necessario e possibile da ogni punto di vista.

36.4 Secondo il prof. Feyles. se il linguaggio fosse semplicemente il veicolo improduttivo di un pensiero indipendente dal linguaggio stesso, la traduzione non potrebbe essere semplicemente un meccanismo di calcolo, basato sulla corrispondenza dei termini agli stessi significati. poiché il linguaggio è semplicemente il veicolo improduttivo di un pensiero indipendente dal linguaggio stesso, la traduzione non è semplicemente un meccanismo di calcolo, basato sulla corrispondenza dei termini agli stessi significati. poiché il linguaggio è semplicemente il veicolo improduttivo di un pensiero indipendente dal linguaggio stesso, la traduzione è un meccanismo di calcolo, basato sulla corrispondenza dei termini agli stessi significati. se il linguaggio fosse semplicemente il veicolo improduttivo di un pensiero indipendente dal linguaggio stesso, la traduzione sarebbe semplicemente un meccanismo di calcolo, basato sulla corrispondenza dei termini agli stessi significati.

36.5 Dal puto di vista derridiano. comprendere significa poter tradurre. comprendere e leggere sono due operazioni che non hanno legami essenziali. comprendere e tradurre sono due operazioni che non hanno legami essenziali. nessuna delle risposte indicate è corretta.

36.6 Analizzando la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"). Derrida mostra che è impossibile decidere chi è il soggetto che pronuncia questa frase. Derrida mostra che è impossibile decidere se egli si rivolge ai suoi ascoltatori, ai suoi lettori, oppure agli studiosi di Joyce. Derrida mostra che Joyce si riferisce in realtà ad un passaggio dell'Antico Testamento. Derrida mostra che è impossibile decidere se le parole a cui si sta riferendo sono "Oui, oui", oppure le parole che compongono tutta la frase, oppure le parole dell'interno discorso che Derrida sta per pronunciare.

36.7 Secondo il prof. Feyles la frase "Oui, oui, vous m'entendez bien, ce sont de mots français" ("Sì, sì, voi mi sentite bene, queste sono delle parole francesi"). è un'asserzione metalinguistica e dunque non può essere considerata come un esempio di autoreferenzialità del linguaggio. non è un'asserzione metalinguistica, ma è un esempio di autoreferenzialità del linguaggio. è un'asserzione metalinguistica che può essere considerata come un esempio di autoreferenzialità del linguaggio. non è né un'asserzione metalinguistica, né un esempio di autoreferenzialità del linguaggio.

36.8 Secondo il prof. Feyles, Derrida in "Ulisse grammofono". evidenzia un paradosso logico che si può esprimere con la formula: "A, e non A". evidenzia un paradosso logico che si può esprimere con la formula: "A, oppure non A". evidenzia un paradosso della traduzione, cioè che certi asserti, che erano veri nella lingua originale, possono diventare falsi una volta che vengono tradotti. evidenzia un paradosso della traduzione, cioè che tutti gli asserti che erano veri nella lingua originale, diventano falsi una volta che vengono tradotti.

37.1 Secondo Derrida. è impossibile trovare qualcosa di meno dialogico del monologo di Molly. è impossibile trovare qualcosa di meno dialogico del monologo di Ulisse. è impossibile trovare qualcosa di meno monologico del monologo di Molly. è impossibile trovare qualcosa di meno monologico del monologo di Ulisse.

37.2 Per Derrida la parola "sì". è significativa perché si riferisce alla realtà solo tramite la mediazione di un testo che la precede. è significativa perché può essere nello stesso tempo una risposta ad una domanda e un pronome impersonale. è significativa perché non si riferisce all'altro, ma alla realtà. è significativa perché non si riferisce alla realtà, ma all'altro.

37.3 Quale parola per Derrida "non descrive nulla, non constata alcunché, sebbene sia una sorta di performativo implicito in qualsiasi constatazione". "sì". "soggettile". "differenza". "tra".

37.4 Per Derrida la parola "sì". è una parola particolare dal punto di vista semiotico, perché è una parola che ha un significato, anche se non ha un referente esterno al linguaggio. è una parola particolare dal punto di vista semiotico, perché è una parola che ha un significato e ha un referente esterno al linguaggio. è una parola particolare dal punto di vista semiotico, perché è una parola che non ha un significato, ma ha un referente esterno al linguaggio. è una parola particolare dal punto di vista semiotico, perché è una parola che non ha un significato e non ha un referente esterno al linguaggio.

37.5 Per Derrida è particolarmente significativo. che nel capitolo iniziale del "Finnegans Wake", lo stesso Finnegan ripeta in continuazione a se stesso 'sì', quasi rispondendo a delle domande, che però nessuno gli ha posto. che nel capitolo iniziale dell’"Ulisse", lo stesso Ulisse ripeta in continuazione a se stesso 'sì', quasi rispondendo a delle domande, che però nessuno gli ha posto. che nel monologo finale dell’"Ulisse", Molly Bloom ripeta in continuazione a se stessa 'sì', quasi rispondendo a delle domande, che però nessuno le ha posto. che nel monologo finale dell’"Ulisse", Harold Bloom ripeta in continuazione a se stesso 'sì', quasi rispondendo a delle domande, che però nessuno gli ha posto.

37.6 Dal punto di vista di Derrida. la distinzione tra menzione e citazione non può mai essere assoluta, perché in realtà le parole che "uso" non sono mai veramente "mie". la distinzione tra uso e citazione non può mai essere assoluta, perché in realtà le parole che "uso" non sono mai veramente "mie". la distinzione tra uso e citazione deve essere una distinzione di principio, perché in realtà le parole che cito non sono mai veramente "mie". la distinzione tra menzione e citazione deve essere una distinzione di principio, perché in realtà le parole che cito non sono mai veramente "mie".

37.7 Secondo il prof. Feyles, l'incipit di "Ulisse grammofono". dimostra che la trascrizione e la traduzione sono due operazioni che non richiedono una interpretazione. dimostra che la traduzione, a differenza della trascrizione, è un'operazione di interpretazione. dimostra che anche la trascrizione, come la traduzione, è un'operazione di interpretazione. dimostra che la trascrizione, a differenza della traduzione, è un'operazione di interpretazione.

37.8 Nell'incipit di "Ulisse grammofono" Derrida. mette in discussione la distinzione linguistica tra uso delle parole e citazione. stabilisce una fondamentale distinzione linguistica tra uso delle menzione e citazione. stabilisce una fondamentale distinzione linguistica tra uso delle parole e citazione. mette in discussione la distinzione linguistica tra menzione e citazione.

37.9 Secondo il prof. Feyles. le verità della matematica sono universali e per questo non sono pienamente traducibili in ogni lingua. una verità universale è una verità che non è perfettamente traducibile. nessune delle risposte indicate è corretta. le verità della matematica non sono universali e per questo non sono pienamente traducibili in ogni lingua.

38.1 Per Derrida la poesia di Ponge. nasce da un'intenzione che è in qualche modo simile all'intenzione fenomenologica originaria, che è di "tornare alle cose stesse". nasce da un'intenzione diversa dall'intenzione fenomenologica originaria, perché è una poesia che mira a riscoprire la persona. nasce da un'intenzione opposta all'intenzione originaria della fenomenologia, che è di "tornare alle cose stesse". nasce da un'intenzione che è in qualche modo simile all'intenzione fenomenologica originaria, che è di "tornare alla persona".

38.2 Chi è l'autore de "Il partito preso delle cose"?. Mallarmé. Jabès. Ponge. Valéry.

38.3 La poesia di Ponge è stata spesso definita. come una poesia dell'Ebreo. come una poesia delle cose. come una poesia grafica. come una poesia del soggetto.

38.4 In un'intervista raccolta in "Points de suspension. Entretiens", Derrida dichiara che il filo conduttore del suo libro su Ponge. è dato da ritrovare nella seguente affermazione di Ponge: "tutto avviene nel libro". è dato dalla "disseminazione nella sua opera di tutti gli elementi del suo nome proprio". è dato dalla "è da ritrovare nella parola 'tra', che sorregge tutta la forza dell'argomentazione". è dato dalla "è da ritrovare nella parola 'sì', che sorregge tutta la forza dell'argomentazione".

38.5 Per Derrida. designare qualcuno con il nome e nominare qualcuno sono due operazioni linguisticamente differenti e la differenza dipende dal tono della voce. apostrofare e nominare qualcuno sono due operazioni linguisticamente differenti e la differenza non dipende dal tono della voce. apostrofare e nominare qualcuno sono due operazioni linguisticamente differenti e la differenza dipende dal tono della voce. designare qualcuno con il nome e nominare qualcuno sono due operazioni linguisticamente differenti e la differenza non dipende dal tono della voce.

38.6 Quale poeta, per Derrida, ha un nome che richiama l'immagine della "spugna". Jabès. Ponge. Valéry. Mallarmé.

38.7 Per Derrida. un'opera poetica non può avere un legame essenziale con un nome proprio. nessune delle risposte indicate è corretta. il nome e la cosa non sono legati in modo essenziale, perché il nome è del tutto arbitrario. un'opera poetica deve necessariamente avere un legame essenziale con un nome proprio.

38.8 Interpretando Ponge Derrida spiega che. la cosa è sempre una alterità radicale che il poeta deve assimilare a sé. la cosa non è un'alterità radicale e per questo il poeta la può considerare dal punto di vista umano. la cosa è sempre una alterità radicale che il poeta deve considerare da un punto di vista antropomorfico. la cosa è sempre una alterità radicale alla quale il poeta deve assoggettarsi.

38.9 Per Ponge. è impossibile descrivere le cose e dunque il poeta deve proiettare su di esse il proprio vissuto. le cose sono descritte in modo adeguato solo quando sono descritte da un punto di vista oggettivo, impersonale. le cose sono descritte in modo adeguato solo quando sono descritte da un punto di vista soggettivo, antropomorfico. le cose sono descritte in modo adeguato solo quando sono descritte dal loro punto di vista, anche se si tratta di un compito impossibile.

38.10 Per quale poeta la poesia è definita dall'"accettare la sfida delle cose al linguaggio ". Mallarmé. Jabès. Ponge. Valéry.

39.1 Secondo il prof. Feyles. i nomi propri hanno un referente, ma non hanno un significato concettuale. i nomi propri non hanno un referente e non hanno un significato concettuale. i nomi comuni hanno un referente, ma non hanno un significato concettuale. i nomi comuni non hanno un referente e non hanno un significato concettuale.

39.2 Secondo il prof. Feyles. la traduzione di una poesia non può mai rendere giustizia all'idiomaticità del linguaggio poetico. la traduzione di un testo filosofico è impossibile, a differenza della traduzione di un testo poetico. nessuna delle risposte indicate è corretta. la traduzione di una poesia è impossibile, a differenza della traduzione di un testo filosofico.

39.3 Per Derrida. le cose che Ponge descrive sono "esempi senza esempio della generalità stessa". le cose che Ponge descrive sono sempre esempi, cioè individui che hanno un valore universale. le cose che Ponge descrive sono sempre cose paradigmatiche, che hanno un valore universale. le cose che Ponge descrive sono "esempi senza esempio della singolarità stessa".

39.4 Interpretando la poesia di Ponge Derrida sostiene che. la singolarità della parola poetica è l’unico modo per poter esprimere la singolarità delle cose. la singolarità delle cose non può essere espressa dal linguaggio poetico. la singolarità del discorso filosofico è l’unico modo per poter esprimere la singolarità delle cose. nessuna delle risposte indicate è corretta.

39.5 Secondo Derrida. ogni filosofo approfondisce l'idioma del suo nome, della sua lingua, della sua circostanza. nessuna delle risposte indicate è corretta. ogni poeta nega l'idioma del suo nome, della sua lingua, della sua circostanza. ogni filosofo nega l'idioma del suo nome, della sua lingua, della sua circostanza.

39.6 Per Derrida. i nomi comuni salvaguardano le differenze individuali tra le cose. i nomi propri cancellano le differenze individuali tra le cose. i nomi metaforici salvaguardano le differenze individuali tra le cose. i nomi comuni cancellano le differenze individuali tra le cose.

39.7 Secondo il prof. Feyles. lo strumento di cui dispone il linguaggio ordinario per indicare la singolarità assoluta è il nome proprio. lo strumento di cui dispone il linguaggio ordinario per indicare la singolarità assoluta è il concetto. lo strumento di cui dispone il linguaggio ordinario per indicare la singolarità assoluta è la sillessi. lo strumento di cui dispone il linguaggio ordinario per indicare la singolarità assoluta è la metafora.

40.1 Per Derrida. Nessuna delle risposte indicate è corretta. la firma non può certificare la presenza del soggetto perché il soggetto non è mai presente. la firma non certifica la presenza del soggetto perché chiunque la può falsificare. la firma certifica la presenza del soggetto e per questo è unica.

40.2 Per Derrida. un segno che avesse valore e significato solo per un soggetto sarebbe un nome proprio. un segno che avesse valore e significato solo per un soggetto sarebbe una metafora. un segno che avesse valore e significato solo per un soggetto non potrebbe mai essere un segno linguistico. un segno che avesse valore e significato solo per un soggetto sarebbe una parola poetica.

40.3 Per Derrida. i segni non possono mai essere ripetibili. Nessuna delle risposte indicate è corretta. un segno privato è un segno ripetibile. tutti i segni sono per principio ripetibili.

40.4 La firma per Derrida. è sempre fuori dal testo. è sempre dentro al testo. è il "fuori-testo". nessune delle risposte indicate è corretta.

40.5 Secondo il prof. Feyles. gli animali non possono avere un nome proprio, perché sono sempre individui che fanno parte di una specie. gli uomini devono avere un nome proprio, perché non fanno parte di una specie. nessune delle risposte indicate è corretta. gli animali devono avere un nome proprio, perché non sono individui che fanno parte di una specie.

40.6 Per Derrida. l'idea di un linguaggio costituito di soli nomi propri è un mito ingenuo che deve essere decostruito. Ponge riesce nel compito impossibile di costruire un linguaggio di soli nomi propri. il linguaggio poetico autentico è un linguaggio di soli nomi propri. il linguaggio filosofico autentico è un linguaggio di soli nomi propri.

40.7 Secondo Derrida. La scrittura è ciò che rende ripetibile l’evento. L'evento è ciò che rende ripetibile la scrittura. Nessuna delle risposte indicate è corretta. La scrittura è ciò che rende irripetibile l’evento.

40.8 Per Derrida. l’evento puro è qualcosa di impossibile, ma la firma è il segno linguistico che più di ogni altro ha un carattere eventuale. la firma è un evento e dunque non si può sostenere che l'evento è impossibile. l’evento puro è qualcosa di impossibile, è dunque la firma non può essere un evento. l'evento puro è impossibile e anche la firma è impossibile.

40.9 Per Derrida. la firma, essendo un segno, non è né unica né ripetibile. la firma è nello stesso tempo unica e ripetibile. la firma è unica e dunque non è ripetibile. la firma è ripetibile e dunque non è unica.

40.10 Per Derrida. la firma è sempre una scrittura inconscia. la firma è un supplemento del soggetto. la firma non è mai la firma di un soggetto, perché il soggetto deve essere decostruito. la firma è un supplemento del testo.

41.1 Un enunciato performativo. è un enunciato che non istituisce alcun oggetto sociale o giuridico e che non produce alcun effetto reale. è un enunciato che non produce un effetto reale, ma istituisce un oggetto sociale o giuridico. è un enunciato che produce un effetto reale, ma non è un enunciato che istituisce un oggetto sociale o giuridico. è un enunciato che produce un effetto reale o che istituisce un oggetto sociale o giuridico.

41.2 Per Derrida la firma in senso metaforico. nessuna delle risposte indicate è corretta. è ciò che rende anonima un'opera d'arte anche quando si tratta di un'opera firmata in senso proprio. è ciò che rende riconoscibile un'opera d'arte anche quando si tratta di un'opera anonima. è ciò che rende impossibile l'attribuzione ad un autore, perché l'autore è sempre assente.

41.3 Per Derrida la firma in senso metaforico. non indica lo stile, l’idioma inimitabile di uno scrittore, di uno scultore o di un pittore. ha un valore giuridico, ma non istituisce oggetti sociali. indica lo stile, l’idioma inimitabile di uno scrittore, di uno scultore o di un pittore. ha un valore giuridico e istituisce oggetti sociali.

41.4 Un enunciato performativo. non richiede mai la presenza del soggetto. richiede sempre in qualche modo la presenza del soggetto, ma non nella forma dell'assenso. nessuna delle risposte indicate è corretta. richiede sempre in qualche modo la presenza del soggetto, nella forma dell'adesione libera o dell'assenso.

41.5 Gli enunciati performativi. si possono valutare con il criterio della verità e hanno delle condizioni di validità. si possono valutare con il criterio della verità, ma non hanno delle condizioni di validità. non si possono valutare con il criterio della verità, ma hanno delle condizioni di validità. non si possono valutare con il criterio della verità, e non hanno delle condizioni di validità.

41.6 Esempi di performativo possono essere: i giuramenti, le promesse, le poesie, le descrizioni. i giuramenti, le promesse, i sommari, le descrizioni. i giuramenti, le promesse, gli impegni, le descrizioni. i giuramenti, le promesse, gli impegni, le nomine.

41.7 Esempi di performativo possono essere: i battesimi, i matrimoni, i miti, i racconti. i battesimi, le dichiarazioni di guerra, le dichiarazioni istitutive. le dichiarazioni di guerra, le dichiarazioni istitutive, i miti, i racconti. i battesimi, le dichiarazioni di guerra, i racconti.

41.8 Derrida riprende la nozione di "performativo" da. Heidegger. Husserl. Austin. Saussure.

41.9 Per Derrida. si può dire che un'opera d'arte è sempre firmata, anche se non sempre essa è un testo assolutamente singolare. non si può dire che un'opera d'arte è sempre firmata, perché essa è sempre un testo assolutamente singolare. si può dire che un'opera d'arte è sempre firmata, perché è sempre un testo assolutamente singolare. non si può dire che un'opera d'arte è sempre firmata, perché essa non è sempre essa è un testo assolutamente singolare.

41.10 Per Derrida "la firma nel senso proprio". non ha un valore giuridico ma può servire ad autenticare un documento. è la firma che ha un valore giuridico e che serve ad autenticare un documento. non ha un valore giuridico perché l'autenticazione non è mai possibile, richiedendo la presenza in originale del soggetto. non è la firma che ha un valore giuridico e che serve ad autenticare un documento.

41.11 In "Firmatoponge" Derrida. decostruisce la distinzione tra le diverse modalità della firma. distingue due modalità della firma. distingue tre modalità della firma. distingue quattro modalità della firma.

41.12 Secondo Derrida per Ponge. né le cose né le persone sono eventi, perché non sono mai assolutamente uniche. le cose sono insostituibili e uniche e dunque sono eventi. solo le persone sono eventi, mentre le cose non lo possono essere perché non sono mai assolutamente uniche. le cose sono non insostituibili e uniche e dunque non sono eventi.

42.1 Per Derrida "la firma della firma". è la scrittura del nome proprio ai margini di un testo poetico. rende impossibile la scrittura di un nome proprio ai margini di un testo poetico. implica il riferimento essenziale ad un firmatario. non implica il riferimento essenziale ad un firmatario.

42.2 Secondo il prof. Feyles. Derrida ritiene che la firma-stile, sia una metafora banale e confusa, perché la nozione di stile decostruisce all'estetica del genio. Derrida ritiene che la firma-stile, sia una metafora banale e confusa, perché la nozione di stile rimanda all'estetica del genio. Derrida ritiene che la firma-stile, sia la modalità più importante della firma, anche se non è quella che è tipica dell'opera letteraria. Derrida ritiene che la firma-stile, sia la modalità più importante della firma, perché è quella che è tipica dell'opera letteraria.

42.3 Secondo il prof. Feyles. Derrida accetta il culto estetico dell'opera originale, ma rifiuta la teoria del genio. Derrida accetta la teoria moderna del genio, ma rifiuta il culto estetico dell'opera originale. Derrida non può accettare l'estetica moderna in particolare perché essa idolatra l'opera originale e esalta il genio. Derrida rifiuta l'estetica moderna, ma accetta l'idea di genio e il culto dell'opera originale.

42.4 Secondo il prof. Feyles. le opere d'arte cominciano ad essere firmate già in età antica, perché anche in Grecia l'artista è considerato un genio. le opere d'arte cominciano ad essere firmate solo in età medioevale perché solo con il cristianesimo l'arte assume un valore simbolico. le opere d'arte cominciano ad essere firmate solo nel Rinascimento, perché solo in età moderna l'artista diventa un genio. le opere d'arte cominciano ad essere firmate solo nel XVIII secolo, perché solo in età moderna l'artista diventa un genio.

42.5 Per Derrida "la firma della firma". è una metafora banale e confusa della firma come stile. accade quando la scrittura si designa, descrive e inscrive sé stessa come atto. è una metafora per dire lo stile unico e inimitabile di uno scrittore o di un'artista. è una firma che ha il massimo valore dal punto di vista giuridico.

42.6 Per Derrida "la firma della firma". è una firma descrittiva, che implica un riferimento immediato all'alterità. è ciò che non consente all'altro, alla cosa come altro, di firmare. è ciò che consente all'altro, alla cosa come altro, di firmare. è una firma autoreferenziale, che esclude ogni riferimento all'alterità.

42.7 Per Derrida. nessune delle risposte indicate è corretta. il testo poetico non si riferisce mai a se stesso, ma solo alla realtà esterna. il testo poetico non si riferisce né a se stesso, né alla realtà. il testo poetico non si riferisce mai alla realtà, ma solo a se stesso.

42.8 Per Derrida "la firma della firma". può accadere in certi testi poetici. può accadere in certi testi che hanno un valore giuridico. non può mai accadere in un testo poetico. può accadere in certi testi filosofici.

43.1 Secondo Jakobson. anche uno slogan pubblicitario può essere un esempio di utilizzo del linguaggio dove prevale la cosidetta "funzione comunicativa". nessuna delle risposte indicate è corretta. anche uno slogan pubblicitario può essere un esempio di utilizzo del linguaggio dove prevale la "funzione poetica". uno slogan pubblicitario è un testo che esclude l'utilizzo della "funzione referenziale" del linguaggio.

43.2 Nei "Saggi di linguistica generale". R. Jakobson distingue una specifica "funzione poetica" del linguaggio, che si manifesta solo nelle opere poetiche. R. Jakobson distingue una specifica "funzione poetica" del linguaggio, che si manifesta anche in testi che non sono opere poetiche in senso stretto. Saussure distingue una specifica "funzione poetica" del linguaggio, che si manifesta solo nelle opere poetiche. Saussure distingue una specifica "funzione poetica" del linguaggio, che si manifesta anche in testi che non sono opere poetiche in senso stretto.

43.3 La funzione poetica. secondo R. Jakobson coincide con la funzione referenziale. secondo R. Jakobson implica la piena trasparenza del linguaggio. per R. Jakobson non è compatibile con la funzione referenziale. per R. Jakobson, implica un venire in primo del linguaggio, che non esaurisce il suo scopo semplicemente nell'indicare un referente.

43.4 Il titolo "Signéponge" che Derrida sceglie per il suo libro sulla poesia di Ponge. si presta a due letture egualmente possibili: "Firmatoponge" ma anche "Segnoassorbe". è un verso tratto da "Il libro delle interrogazioni". è un verso tratto da "Il partito preso delle cose". non è il titolo che il testo aveva originariamente.

43.5 La metafora della spugna per Derrida. nessuna delle risposte indicate è corretta. può essere utilizzata per indicare una caratteristica essenziale del linguaggio poetico, che rende assorbe/cancella l'individualità delle cose. può essere utilizzata per indicare una caratteristica essenziale del linguaggio comune, che assorbe/cancella l'individualità delle cose. può essere utilizzata per indicare una caratteristica essenziale dei nomi propri, che assorbono/cancellano l'individualità delle cose.

43.6 In "Firmatoponge" il linguaggio comune viene descritto da Derrida. come un sistema di ripetizione che non consente la classificazione. come un sistema di classificazione che non consente la ripetizione del generale. come un sistema di classificazione che consente la ripetizione del generale. come un sistema di classificazione che consente la ripetizione del proprio.

43.7 La controfirma per Derrida. non può accadere mai, perché la firma è un evento. non può accadere mai, perché la firma è irripetibile. è una metafora che dice l'individualità singolare del lettore. è una metafora che dice l'individualità singolare dell'autore.

43.8 Per Derrida. all'inizio del testo poetico non c'è mai la firma e nemmeno la controfirma. all'inizio del testo poetico c'è la firma e non la controfirma. è vero che all'inizio del testo poetico c'è la firma, ma è altrettanto vero che all'inizio del testo poetico c'è la controfirma. all'inizio del testo poetico c'è la controfirma e non la firma.

43.9 "È dunque nella controfirma che una firma è propriamente tolta": in questa affermazione Derrida riprende l'idea nietzscheana di "Aufhebung". in questa affermazione Derrida riprende l'idea heideggeriana di "Aufhebung". in questa affermazione Derrida riprende l'idea husserliana di "Aufhebung". in questa affermazione Derrida riprende l'idea hegeliana di "Aufhebung".

43.10 "È dunque nella controfirma che una firma è propriamente tolta": con questa affermazione Derrida vuole dire che. la lettura letterale è ciò che distrugge il testo, mentre la lettura produttiva è ciò che distrugge l'autore. la controfirma è incompatibile con la firma: o si dà l'una o si dà l'altra. la lettura è ciò che permette al testo di continuare a vivere, ma è anche ciò che cancella il significato originario che l'autore aveva voluto esprimere. paradossalmente la controfirma è ciò che toglie valore giuridico alla firma.

43.11 Lo slogan "I like Ike". è per Saussure un esempio di linguaggio dove prevale la "funzione poetica". è per R. Jakobson un esempio di linguaggio dove prevale la "funzione poetica". è per Saussure un esempio di linguaggio dove prevale la "funzione comunicativa" e non la "funzione poetica". è per R. Jakobson un esempio di linguaggio dove prevale la "funzione comunicativa" e non la "funzione poetica".

44.1 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. nessune delle risposte indicate è corretta. il termine "soggettile" non può essere compreso nel contesto di un discorso estetico-artistico. il termine "soggettile" non può essere compreso nel contesto di un discorso cosmologico-ontologico. il termine "soggettile" non può essere compreso nel contesto di un discorso linguistico-semiotico.

44.2 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. il significante è il lato materiale del segno, ma nello stesso tempo anche il significante ha una sua idealità. il significato è il lato materiale del segno, ma nello stesso tempo anche il significato ha una sua idealità. il significante è il lato materiale del segno, per questo il significante non ha una alcuna idealità. il significato è il lato materiale del segno, per questo il significato non ha una alcuna idealità.

44.3 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. significante e significato sono entrambi intraducibili. il significato è ciò che può essere tradotto, mentre il significante è intraducibile. il significante è ciò che può essere tradotto, mentre il significato è intraducibile. significante e significato sono entrambi traducibili.

44.4 Nel saggio "Antonin Artaud. Forsennare il soggettile", Derrida. contrappone il soggettile e la chora platonica. identifica il soggettile e la chora platonica. contrappone il soggettile e la sostanza aristotelica. identifica il soggettile e la sostanza aristotelica.

44.5 Per Derrida. il termine "soggettile" è intraducibile, ma non vero che ogni parola è in una certa misura un soggettile. il termine "soggettile" traducibile, ma ogni parola è in una certa misura un soggettile. il termine "soggettile" è traducibile, ma non vero che ogni parola è traducibile. il termine "soggettile" è intraducibile, ma è anche vero che ogni parola è in una certa misura un soggettile.

44.6 Il soggettile per Derrida. "sembra ripetibile". è ciò che è "sempre ripetibile". è ciò che è "sempre traducibile". "sembra intraducibile".

44.7 Il soggettile per Derrida. non può mai essere un nome per dire il soggetto, ma solo per dire l'oggetto, in quanto è sottoposto ad un processo di formazione e modellazione. è ciò che impone al soggetto le forme etiche. è anche un nome per dire il soggetto nella misura in cui è sottoposto, succube, soggiogato rispetto ad un processo di formazione, normalizzazione, conformazione. è ciò che impone al soggetto le norme sociali.

44.8 Il soggettile per Derrida. è anche un nome per dire la forma che è distinta dalla materia in ogni processo di formazione. non può mai coincidere con la materialità in quanto è distinta dalla forma. è anche un nome per dire la materialità che è distinta dalla forma in ogni processo di formazione. coincide sempre con la forma in quanto è distinta dalla materia in ogni processo di formazione.

44.9 Il teatro per Artaud. deve essere liberato dalla tirannia del testo e della parola. deve essere un teatro intellettuale e razionale. deve essere sottoposto all'autorità del testo e della parola. deve essere un teatro morale e impegnato.

44.10 Chi è l'autore del testo intitolato "Il teatro e il suo doppio"?. Derrida. Artaud. Valéry. Mallarmé.

44.11 Il soggettile. è nel linguaggio tecnico della fenomenologia, il soggetto della predicazione. è, nel linguaggio tecnico dei pittori, la superficie che funge da supporto per un disegno o per un dipinto. è, nel linguaggio tecnico della poesia, l'oggetto di cui si tratta. è, nel linguaggio tecnico del teatro, ciò di cui la rappresentazione parla o racconta.

45.1 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. nessuna delle risposte indicate è corretta. il "corpo linguistico" della parola "unsense" è diverso dal "corpo linguistico" della parola "forcener" e per questo la parola "unsense" non può essere utilizzata per tradurre "forcener". il "corpo linguistico" della parola "unsense" è diverso dal "corpo linguistico" della parola "forcener", anche se la parola "unsense" può essere utilizzata per tradurre "forcener". il "corpo linguistico" della parola "unsense" è identico al "corpo linguistico" della parola "forcener" e solo per questo la parola "unsense" può essere utilizzata per tradurre "forcener".

45.2 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. il significato è ideale, ma la sua idealità non è mai perfetta e per questo la traduzione è sempre necessariamente imperfetta. il significato è ideale, e la sua idealità è perfetta e per questo la traduzione è sempre possibile. il significato non è ideale e per questo la traduzione è sempre impossibile. il significato non è materiale e per questo la traduzione è sempre impossibile.

45.3 Per Derrida. "il corpo unico dell’opera nel suo primo evento" è l'unica cosa che si può ripetere. "la forma dell’opera nel suo primo evento" è ciò che non si lascia ripetere. nessuna delle risposte indicate è corretta. "il corpo unico dell’opera nel suo primo evento" è ciò che non si lascia ripetere.

45.4 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles. la copia della Pietà di Michelangelo, eseguita da Leone Leoni, in realtà non fa riferimento a nessun originale. la copia della Pietà di Michelangelo, eseguita da Leone Leoni, è indistinguibile dall'originale. nessune delle risposte indicate è corretta. la copia della Pietà di Michelangelo, eseguita da Leone Leoni, ha il medesimo soggettile dell'opera originale.

45.5 Nei disegni di Artaud Derrida. vede una ripetizione (nel senso heideggeriano) del soggettile. vede un ultimo pregiudizio logocentrico, per cui il soggettile rimane subordinato. vede una rimozione (nel senso freudiano) del soggettile. vede un rovesciamento della tradizionale subordinazione del soggettile.

45.6 Nell'interpretazione proposta dal prof. Feyles, traduzione in inglese ("To unsense the subjectile") del titolo francese "Forcener le subjectile". è una traduzione scorretta, perché implica una variazione del significato originale dell'espressione francese. è una traduzione corretta, perché non implica una variazione del significato originale dell'espressione francese. è una traduzione scorretta, perché non implica una variazione del significato originale dell'espressione francese. è una traduzione corretta, ma implica una sottile variazione del significato originale dell'espressione francese.

46.1 Secondo il prof. Feyles. in molte opere di P. Manzoni, nei tagli di Fontana e nei sacchi di Burri il soggettile appare. in molte opere di P. Manzoni, nei tagli di Fontana e nei sacchi di Burri il soggettile rimane subordinato alla rappresentazione. nessuna delle risposte indicate è corretta. in molte opere di P. Manzoni, nei tagli di Fontana e nei sacchi di Burri il soggettile viene rimosso.

46.2 Per Derrida il soggettile. nei disegni di Artaud non appare, ma rimane in una posizione subordinata rispetto all'oggetto della rappresentazione. nessuna delle risposte indicate è corretta. generalmente non appare, ma rimane in una posizione subordinata rispetto all'oggetto della rappresentazione. generalmente appare insieme all'oggetto della rappresentazione.

46.3 Per Derrida. nei disegni di cieco viene messo in scena un ribaltamento della gerarchia usuale tra materia e forma. nei disegni di Artaud viene messo in scena un ribaltamento della gerarchia usuale tra materia e forma. nei disegni di Artaud viene messo in scena un ribaltamento della gerarchia usuale tra materia e soggettile. nei disegni di cieco viene messo in scena un ribaltamento della gerarchia usuale tra materia e soggettile.

46.5 Secondo Derrida. l'operazione che permette a Artaud di mettere in evidenza il soggettile è sempre un'operazione violenta. i disegni di cieco presenti nella mostra del Louvre non sono mai disegni violenti. i disegni di cieco presenti nella mostra del Louvre sono sempre disegni violenti. l'operazione che permette a Artaud di mettere in evidenza il soggettile non è mai un'operazione violenta.

46.6 Nei disegni di Artaud. il tratto non è sempre invisibile, anche se si mostra nella sua materialità. il tratto non è quasi mai invisibile, ma si mostra nella sua materialità. il tratto è sempre invisibile, perché non si mostra nella sua materialità. nessuna delle risposte indicate è corretta.

46.7 Chi è l'autore del saggio "Van Gogh. Il suicidato della società". Heidegger. Artaud. Mallarmé. Derrida.

46.8 Nel saggio su Artaud, Derrida cita un brano significativo tratto da un testo poetico intitolato "Dieci anni che il linguaggio se n’è andato": per mostrare che anche il linguaggio verbale di Artaud è un linguaggio che non è semplicemente rappresentativo. nessuna delle risposte indicate è corretta. per mostrare che il linguaggio verbale di Artaud, a differenza del linguaggio visivo, è semplicemente rappresentativo. per mostrare che il linguaggio verbale di Artaud, a differenza del linguaggio visivo, non è semplicemente rappresentativo.

46.9 Nel saggio su Artaud, Derrida cita un brano significativo tratto da un testo poetico intitolato "Dieci anni che il linguaggio se n’è andato": per mostrare che la lingua di Artaud è una lingua i cui lo spirito non dipende dalla lettera. per mostrare che la lingua di Artaud è una lingua i cui la lettera non è più assoggettata allo spirito. è una lingua che non ha una funzione poetica, ma una funzione referenziale. e una lingua che ha una funzione referenziale ma anche una funzione comunicativa.

46.10 Per Artaud. Van Gogh è più pittore degli altri pittori perché in lui la forma e il significato vengono in primo piano. Cézanne è più pittore degli altri pittori perché in lui la forma e il significato vengono in primo piano. Cézanne è più pittore degli altri pittori perché in lui la materialità della pittura occupa un posto di primo piano. Van Gogh è più pittore degli altri pittori perché in lui la materialità della pittura occupa un posto di primo piano.

47.1 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida. nessuna delle risposte indicate è corretta. racconta un aneddoto della sua infanzia, confessando di essere sempre stato geloso del padre, che era un abile disegnatore. racconta un aneddoto della sua infanzia, confessando di essere sempre stato geloso del fratello, che era un abile disegnatore. racconta di aver tentato la carriera del pittore e del disegnatore in gioventù.

47.2 Per Derrida l'atto grafico. è legato alle mani almeno quanto è legato agli occhi. non è legato né agli occhi, né alle mani. è legato agli occhi e non alle mani. è legato alle mani e non agli occhi.

47.3 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida afferma che. anche se il disegno è figurativo e rappresentativo e anche se il modello è presente di fronte all’artista, bisogna che il tratto proceda nella notte. se il disegno è figurativo e rappresentativo e se il modello è presente di fronte all’artista, il tratto non può "procedere nella notte". se il disegno è figurativo e rappresentativo e anche se il modello è presente di fronte all’artista, il tratto deve necessariamente essere visibile. nessuna delle risposte indicate è corretta.

47.4 "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine". è un testo che Derrida scrive in occasione di una mostra, che egli stesso aveva progettato per il Louvre nel 1990. è un testo che Derrida scrive in occasione di una mostra, che egli stesso aveva progettato per il Louvre nel 1970. è un testo che Derrida scrive in occasione di una mostra, che il suo amico R. Barthes aveva progettato per il Louvre nel 1990. è un testo che Derrida scrive in occasione di una mostra, che il suo amico P. De Man aveva progettato per il Louvre nel 1990.

47.5 Per Derrida. i disegni di Artaud sono essenzialmente legati al problema della cecità. l'operazione del disegnare implica una capacità eccezionale di vedere. l'operazione del disegnare avrebbe qualcosa a che vedere con l'accecamento. solo i ciechi possono davvero disegnare.

47.6 "Un disegno 'di' cieco è un disegno di 'cieco'.". questa affermazione per Derrida è una tautologia. con questa affermazione Derrida si riferisce ad alcuni disegni di Van Gogh, realizzati nel periodo della follia. con questa affermazione Derrida si riferisce ad alcuni disegni di Michelangelo, realizzati nel periodo della vecchiaia. con questa affermazione Derrida intende dire che i disegni che raffigurano la cecità possono essere letti come rappresentazioni dell'origine del disegno.

47.7 Per Derrida. le raffigurazioni della cecità possono essere interpretate come ritratti allegorici del filosofo. mettono in scena la rimozione dell'immaginazione a vantaggio dell'elemento verbale e logico. mettono in scena la rimozione della sensibilità visiva a vantaggio dell'elemento verbale e logico. le raffigurazioni della cecità possono essere interpretate come autoritratti allegorici del disegnatore o del pittore.

47.8 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida. individua tre forme di infermità del vedere, che nomina con tre formule: "l'aprospettiva della memoria", "l'inapparenza dell'autoritratto", "la retorica del tratto". individua tre forme di infermità del vedere, che nomina con tre formule: "l'aprospettiva dell'atto grafico", "l'inapparenza differenziale del tratto", "la retorica del tratto". individua tre forme di infermità del vedere, che nomina con tre formule: "l'aprospettiva dell'atto grafico", "l'inapparenza dell'autoritratto", "la retorica della rovina". individua tre forme di infermità del vedere, che nomina con tre formule: "l'aprospettiva della memoria", "l'inapparenza dell'autoritratto", "la retorica della rovina".

47.9 Per Derrida l'atto grafico. non può mai essere aprospettico. deve sempre essere subordinato alle regole della prospettiva lineare. nessune delle risposte indicate è corretta. non può mai essere subordinato alle regole della prospettiva lineare.

48.1 Il mito della figlia di Butade, è significativo per Derrida. nessune delle risposte indicate è corretta. perché la figlia di Butade rappresenta un modello presente in carne ed ossa e dunque disegna dal vero. perché è un mito "logocentrico", che deve essere decostruito. perché la figlia di Butade, non disegna ma scrive e dunque il disegno rimane sotto la tutela del "logos".

48.2 Il mito della figlia di Butade, è significativo per Derrida. perché la figlia di Butade realizza un autoritratto e dunque l'invenzione del disegno viene legata al tema dell'autocoscienza. perché la figlia di Butade non rappresenta direttamente l'oggetto del suo amore, ma la sua ombra, cioè una traccia. perché la relazione tra la figlia di Butade e la sua opera è una relazione indecidibile. perché la figlia di Butade ha una relazione di amore, ma anche di odio nei confronti del suo amato.

48.3 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida. analizza il rapporto tra disegno e memoria facendo riferimento ad un testo di Artaud, intitolato "L’arte mnemonica", che fa parte della raccolta, "Il pittore della vita moderna". analizza il rapporto tra disegno e memoria facendo riferimento ad un testo di Baudelaire, intitolato "L’arte mnemonica", che fa parte della raccolta, "Il pittore della vita moderna". analizza il rapporto tra disegno e memoria facendo riferimento ad un testo di Coypel, intitolato "L’arte mnemonica", che fa parte della raccolta, "Il pittore della vita moderna". analizza il rapporto tra disegno e memoria facendo riferimento ad un testo di Van Gogh, intitolato "L’arte mnemonica", che fa parte della raccolta, "Il pittore della vita moderna".

48.4 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida sostiene che. il disegnatore, quando è un grande disegnatore, non rappresenta immagini della memoria, ma immagini che ha davanti agli occhi. il disegnatore, quando è un grande disegnatore, non rappresenta immagini della memoria, ma immagini dell'immaginazione. il disegnatore in realtà non rappresenta l'immagine degli occhi, ma l'immagine ideale della ragione. il disegnatore in realtà non rappresenta l'immagine degli occhi, ma l'immagine della memoria.

48.5 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida mostra che. per Van Gogh i veri disegnatori disegnano sempre secondo l’immagine iscritta nel loro cervello, e non dal vero. per Van Gogh i veri disegnatori disegnano sempre dal vero. per Baudelaire i veri disegnatori disegnano sempre dal vero. per Baudelaire i veri disegnatori disegnano sempre secondo l’immagine iscritta nel loro cervello, e non dal vero.

48.6 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida mostra che. l'arte del disegno non è legata alla capacità di sintetizzare e dunque dipende da ciò che Hegel avrebbe chiamato "Aufhebung". l'arte del disegno è legata alla capacità di schematizzare e dunque a ciò che Kant avrebbe chiamato "immaginazione trascendentale". l'arte del disegno non dipende da ciò che Kant avrebbe chiamato "immaginazione trascendentale", ma dalla percezione e dalla memoria. l'arte del disegno è legata alla capacità di sintetizzare e dunque a ciò che Hegel avrebbe chiamato "Aufhebung".

48.7 Secondo Baudelaire. nell'animo del poeta si svolge un duello tra la volontà di raccontare tutto e la necessità di sacrificare alcuni particolari. nell'animo del pittore si svolge un duello tra la volontà di vedere tutto e la necessità di sacrificare alcuni particolari. nell'animo del pittore si svolge un duello tra la ragione, che tende ad idealizzare, e l'occhio, che vuole essere fedele alla realtà. nell'animo del poeta si svolge un duello tra la ragione, che tende ad idealizzare, e il sentimento, che vuole essere fedele alla realtà.

48.8 In "Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine" Derrida mostra che. la necessità di creare una sintesi, che tenga insieme tutti i particolari, può essere vista come una rovina per la pittura. la necessità di scegliere quali particolari rappresentare, può essere vista come una forma di accecamento, da parte del disegnatore, che sceglie di non vedere certi dettagli. la necessità di scegliere quali particolari rappresentare, può essere vista come la rovina del disegno o della pittura. c'è un nesso essenziale tra le rappresentazioni pittoriche rovinate e le raffigurazioni che hanno come tema la cecità.

48.9 In quale testo Derrida analizza il mito della figlia di Butade?. Memorie di cieco. L’autoritratto e altre rovine. Margini della filosofia. Antonin Artaud. Forsennare il soggettile. La voce e il fenomeno.

48.10 Il mito della figlia di Butade, è significativo per Derrida. perché l'origine del disegno viene messa in relazione con l'assenza del modello originale. perché l'origine della scrittura viene messa in relazione con l'assenza dell'autore. perché l'origine del disegno viene messa in relazione con il problema della traduzione. perché l'origine della scrittura viene messa in relazione con il problema della traduzione.

10.4 Per Heidegger. pensiero e linguaggio sono inscindibilmente legati. le nostre possibilità di parola sono sostanzialmente diverse dalle nostre possibilità di pensiero. il linguaggio è una nomenclatura, cioè un sistema di etichette che corrispondono alle cose reali. nessuna delle risposte indicate è corretta.

17.2 Nel saggio "'Qual quelle'. Le fonti di Valéry". Derrida spiega che la metafora del tessuto (textum) è una metafora fondamentale, nella storia della filosofia, per comprendere il soggetto. nessuna delle risposte indicate è corretta. Derrida spiega che la metafora dello sguardo è una metafora fondamentale, nella storia della filosofia, per comprendere il soggetto. Derrida spiega che la metafora dello sguardo è una metafora fondamentale, nella storia della filosofia, per comprendere la testualità.

12.6 La decostruzione della nozione di autore teorizzata da Derrida. è vicina alla teoria della "morte dell'autore" di R. Barthes e alla critica alla nozione di autore proposta da Foucault. è vicina alla teoria della "morte dell'autore" di Heidegger e alla critica alla nozione di autore proposta da Foucault. è vicina alla teoria della "morte dell'autore" di Heidegger e alla critica alla nozione di autore proposta da Barthes. è completamente diversa, nonostante le apparenze, rispetto alla teoria della "morte dell'autore" di R. Barthes e alla critica alla nozione di autore proposta da Foucault.

46.4 Secondo Derrida. nei disegni di cieco, presenti nella mostra "Memorie di cieco. L'autoritratto e altre rovine", il significato deve essere attraversato in direzione del soggettile e non viceversa. nei disegni di Artaud la rappresentazione deve essere attraversata in direzione del soggettile e non viceversa. nei disegni di cieco, presenti nella mostra "Memorie di cieco. L'autoritratto e altre rovine", la rappresentazione deve essere attraversata in direzione del soggettile e non viceversa. nei disegni di Artaud il soggettile deve essere attraversato in direzione della rappresentazione e non viceversa.

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