PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE
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Título del Test:
![]() PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE Descripción: DALLA LEZIONE 52 ALLA 96 |



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Qual è la specificità italiana nello sviluppo dei servizi educativi per adolescenti?. L’adozione di un modello uniforme su tutto il territorio nazionale. La capacità di radicarli nei territori, intrecciando dimensioni sociali, culturali e pedagogiche. La prevalenza di interventi privati senza coordinamento pubblico. La centralità esclusiva delle politiche scolastiche ministeriali. Quale fu l’effetto della legislazione degli anni ’90 sui servizi educativi per adolescenti?. Ridusse il ruolo degli enti locali a favore di un modello centralizzato. Garantì soprattutto finanziamenti a breve termine senza stabilità. Limitò i servizi a iniziative sperimentali senza continuità. Consolidò e ampliò i servizi, trasformandoli in un sistema diffuso e riconosciuto. Quale fu una delle principali emergenze sociali degli anni ’70 che rese necessari nuovi servizi educativi per adolescenti?. La crescita della scolarizzazione secondaria superiore. L’espansione dei movimenti culturali giovanili senza implicazioni di disagio. L’aumento delle attività sportive giovanili che richiedevano nuove strutture. La diffusione delle tossicodipendenze, in particolare dell’eroina. Quale caratteristica distingue il metodo animativo sviluppatosi negli anni ’70?. È un approccio centrato esclusivamente sul divertimento e sul tempo libero. È una strategia di controllo sociale più che di emancipazione. È un insieme di pratiche co-costruite con finalità educative e sociali. È un metodo didattico rigido applicato nelle scuole secondarie. Quale ruolo ebbe l’animazione territoriale negli anni ’60 e ’70?. Si configurò come attività ricreativa priva di finalità educative. Fu limitata a iniziative teatrali senza impatto comunitario. Servì soprattutto a sostituire i servizi scolastici tradizionali. Fu nucleo ideologico e operativo, strumento di promozione sociale e valorizzazione dei giovani. Qual è la finalità comune dei servizi di aggregazione per adolescenti e giovani?. Sostituire integralmente la scuola come principale agenzia formativa. Offrire punti di riferimento educativi e sociali che sostengano partecipazione, socializzazione e autonomia. Offrire servizi a pagamento mirati solo a specifiche categorie di giovani. Fornire esclusivamente attività ricreative senza obiettivi educativi. Come si sono trasformati i Centri di Aggregazione dagli anni Duemila in poi?. Da servizi territoriali a piattaforme digitali senza presenza fisica. Da spazi prevalentemente preventivi a contesti promozionali e formativi orientati al benessere. Da centri comunitari a servizi individualizzati per pochi utenti. Da luoghi educativi a strutture esclusivamente sportive. Quale caratteristica distingue i Centri di Aggregazione oggi?. Sono centri con iscrizione obbligatoria e percorsi strutturati non accessibili ai maggiorenni. Sono luoghi che privilegiano attività standardizzate e ripetitive. Sono servizi rivolti esclusivamente ai minori sotto i 14 anni. Sono spazi a bassa soglia di accesso, flessibili e dinamici, che accolgono ragazzi tra i 14 e i 21 anni. In che cosa si differenziano i Centri Educativi locali rispetto ai Centri di Aggregazione?. Offrono le stesse attività dei Centri di Aggregazione ma con un nome diverso. Sono rivolti esclusivamente a giovani universitari. Si rivolgono soprattutto alla fascia 11–16 anni, con attività più strutturate e un ruolo più marcato dell’operatore. Si caratterizzano per l’assenza di progettazione educativa. Qual è la duplice funzione educativa e animativa dei Centri di Aggregazione?. Svolgere attività di orientamento scolastico in sostituzione delle scuole. Offrire principalmente intrattenimento e svago senza finalità educative. Impegnarsi a fornire supporto psicologico individuale ai giovani. Promuovere socializzazione e protagonismo giovanile, sostenendo al contempo processi formativi e di costruzione di senso. Qual è la finalità principale dei servizi educativi di prevenzione per adolescenti?. Fornire unicamente sostegno economico alle famiglie. Contrastare comportamenti a rischio trasformandoli in opportunità di crescita e inclusione. Offrire esclusivamente attività ricreative senza obiettivi educativi. Sostituire la scuola come principale agenzia formativa. Quale funzione svolge l’Educativa di Strada nei contesti urbani?. Promuove processi di crescita e protagonismo giovanile, attivando risorse territoriali. Organizza attività scolastiche formali in spazi pubblici. Fornisce esclusivamente assistenza psicologica individuale. Sorveglia i luoghi di ritrovo giovanili senza finalità educative. Qual è la sequenza corretta delle fasi operative dell’Educativa di Strada?. Mappatura, aggancio, consolidamento della relazione, progettualità condivisa, congedo educativo. Progettualità condivisa, congedo, mappatura, aggancio, consolidamento. Consolidamento, congedo, mappatura, progettualità, aggancio. Aggancio, mappatura, progettualità condivisa, consolidamento, congedo. Qual è la funzione principale dei Centri Diurni per adolescenti in difficoltà?. Sostituire integralmente la famiglia nel percorso educativo. Impegnarsi in interventi occasionali senza continuità. Fornire solo attività sportive e ricreative senza regole. Offrire un ambiente protetto e regolato, con attività educative e sostegno allo studio. In che modo l’educativa di strada e i centri diurni si integrano nella prevenzione?. Entrambi hanno come unico obiettivo il contenimento disciplinare. Entrambi operano solo in contesti scolastici formali. La prima si occupa solo di famiglie, i secondi solo di gruppi informali. La prima intercetta i ragazzi nei luoghi di vita quotidiana, i secondi offrono spazi protetti e strutturati. Qual è la finalità principale dei servizi educativi nell’ambito della giustizia minorile?. Fornire unicamente assistenza legale ai minori coinvolti in procedimenti. Offrire principalmente attività ricreative per alleggerire il peso del procedimento. Garantire un sostegno generico senza collegamento con le decisioni giudiziarie. Ridurre i danni psicologici e sociali, offrendo percorsi alternativi di crescita e reinserimento. Qual è il ruolo degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM)?. Accompagnare il ragazzo lungo l’intero percorso giudiziario, elaborando progetti educativi individualizzati. Offrire solo attività di volontariato occasionale ai minori denunciati. Limitarsi a raccogliere informazioni per il magistrato senza seguire il minore. Sostituire le famiglie nella gestione quotidiana dei ragazzi. Qual è la specificità pedagogica delle Comunità educative?. La proposta di attività extrascolastiche pomeridiane senza residenzialità. La dimensione della residenzialità, che permette di lavorare sulle relazioni e sull’acquisizione di autonomie. La gestione di percorsi esclusivamente scolastici interni alla comunità. L’offerta di sostegno economico diretto alle famiglie dei ragazzi. Qual è la caratteristica dell’Educativa domiciliare (ADM)?. Offrire unicamente supporto scolastico pomeridiano a casa del minore. Sostituire temporaneamente i genitori nella gestione quotidiana del figlio. Intervenire direttamente nel contesto familiare, sostenendo genitori e figli nel rafforzamento delle competenze educative. Fornire solo un monitoraggio esterno senza entrare nella vita familiare. Qual è la funzione dei Centri di Prima Accoglienza (CPA)?. Svolgere attività scolastiche ordinarie per i minori in attesa di giudizio. Fornire esclusivamente supporto psicologico individuale. Offrire un alloggio temporaneo senza finalità educative. Accogliere i minori arrestati o fermati, evitando l’impatto immediato con il carcere e avviando un percorso educativo. Quali valori hanno caratterizzato fin dalle origini l’educazione degli adulti?. Neutralità, trasmissione tecnica e standardizzazione dei saperi. Efficienza, produttività e competitività economica. Individualismo, autonomia assoluta e distacco dal contesto sociale. Libertà, giustizia sociale e partecipazione democratica. Che cosa distingue l’educazione degli adulti (EdA) da una semplice “educazione in età adulta”?. È una condizione esistenziale e sociale che implica responsabilità, cura e consapevolezza, non solo un dato anagrafico. È un insieme di corsi scolastici serali rivolti a chi non ha completato gli studi. È un’attività ricreativa per il tempo libero degli adulti. È un percorso di aggiornamento professionale obbligatorio per alcune categorie. Quale ruolo hanno le esperienze informali e non formali nell’apprendimento adulto?. Sono marginali rispetto ai percorsi formali, che restano i più significativi. Servono solo come attività di svago senza valore educativo. Hanno un ruolo secondario, utile solo in assenza di istruzione formale. Sono fondamentali perché plasmano identità e appartenenza attraverso pratiche quotidiane. Qual è la prospettiva attuale l’educazione degli adulti nei territori?. Offrire principalmente competenze tecniche per il mercato del lavoro. Concentrarsi su attività culturali occasionali senza continuità. Diventare laboratorio di cittadinanza attiva e immaginazione sociale, capace di contrastare isolamento e individualismo. Limitarsi a fornire alfabetizzazione di base agli adulti stranieri. Quali livelli intreccia la tradizione di ricerca dell’educazione degli adulti (EdA)?. Micro (biografie individuali), meso (organizzazioni e comunità), macro (sistemi culturali, politici ed economici). Solo il livello micro (biografie individuali), centrato sulle esperienze personali. Esclusivamente il livello macro (sistemi culturali, politici ed economici), legato alle politiche nazionali. Micro (biografie individuali) e macro (sistemi culturali, politici ed economici), ma senza attenzione al livello meso (organizzazioni e comunità). Che cosa significa, etimologicamente, “insegnare”?. Lasciare un segno, incidere nell’esperienza e orientare un percorso. Ripetere contenuti già stabiliti senza modificarli. Fornire strumenti di lavoro immediatamente spendibili. Trasmettere nozioni tecniche in modo naturale. Perché insegnare l’umano è considerato anche un impegno civile?. Perché fornisce competenze utili al profitto. Perché si concentra sulla trasmissione di regole sociali. Perché orienta i saperi verso il bene comune, opponendosi a indifferenza e cinismo. Perché sostituisce le istituzioni politiche nel garantire giustizia. Quale legame unisce insegnare e imparare?. Sono momenti separati che avvengono in tempi diversi. Sono azioni parallele che non si influenzano tra loro. Sono processi distinti: l’insegnante trasmette, l’allievo riceve. Sono due facce della stessa esperienza, fondate su reciprocità e crescita condivisa. Che cosa si intende per “sport come mimesi regolata”?. Lo sport imita i conflitti della vita reale, ma in forma ritualizzata e condivisa. Lo sport riproduce le regole della società per allenare alla competizione economica. Lo sport rappresenta una forma di intrattenimento senza implicazioni simboliche. Lo sport simula situazioni di pericolo per preparare alla difesa personale. In che senso lo sport può essere considerato una metafora dell’esistenza?. Perché riproduce fedelmente le dinamiche sociali e politiche del mondo reale. Perché racchiude elementi come obiettivo, strategia, sacrificio, relazione e regole condivise. Perché consente di simulare ruoli professionali in ambienti controllati. Perché rappresenta un’alternativa simbolica alla vita quotidiana. Quale valenza educativa è attribuita alla pratica sportiva?. Favorisce la selezione dei più forti in contesti competitivi. Serve principalmente a migliorare la prestazione fisica e la resistenza. Aiuta a sviluppare abilità tecniche utili in ambito professionale. Rafforza autonomia e capacità relazionali, insegnando a gestire conflitti e a rispettare regole. Qual è il rischio principale per la dimensione ludica nello sport contemporaneo?. Di diventare troppo accessibile e diffusa tra i non professionisti. Di essere oscurata dalla logica della performance e della spettacolarizzazione. Di essere valorizzata eccessivamente nei media sportivi. Di essere confusa con l’agonismo e la competizione regolata. Che cosa significa riscoprire lo spirito ludico nella formazione?. Utilizzare il gioco solo come strumento per migliorare la prestazione fisica. Considerare il gioco un lusso educativo non sempre necessario. Limitare le attività ludiche ai momenti di pausa e svago. Riconoscere il gioco come esperienza di piacere, gratuità e creatività, centrale nella crescita. In che modo il gioco contribuisce alla costruzione dell’identità?. Aiuta a consolidare comportamenti ripetitivi e prevedibili. Si limita a rafforzare l’identità già formata attraverso compiti e responsabilità. Consente di evitare il confronto con l’altro in contesti protetti. Permette di sperimentare ruoli, regole e possibilità nuove, favorendo equilibrio tra interiorità e realtà. Secondo Fink, quale caratteristica rende il gioco una dimensione fondamentale dell’esistenza?. È finalizzato alla costruzione di competenze professionali. È una forma di svago che accompagna l’infanzia. È utile per simulare situazioni sociali complesse. È libero dalla logica della finalità e rappresenta le altre dimensioni della vita. Qual è la visione di Gadamer sul gioco in relazione alla formazione?. È un metodo di apprendimento basato su regole fisse e ripetitive. È un’attività estetica che si limita alla fruizione artistica. È una tecnica educativa utile per stimolare la memoria. È un modello ontologico che mostra la formazione come processo di transizione e relazione. Come interpreta Winnicott la funzione del gioco?. Come attività utile per sviluppare abilità motorie e cognitive. Come strumento per misurare il livello di maturità sociale. Come esercizio di controllo emotivo in contesti terapeutici. Come spazio intermedio che connette bambino e adulto, favorendo autonomia e relazionalità. Che cosa rappresenta la formazione estetica nella prospettiva pedagogica?. Un’attività opzionale riservata alle discipline creative. Un capitale umano che orienta lo sguardo verso il futuro e sostiene la dignità dell’umano. Una forma di intrattenimento culturale per il tempo libero. Un insieme di competenze artistiche utili per il mercato del lavoro. Qual è il significato formativo del bello che educa?. È ornamento estetico che arricchisce l’ambiente scolastico. È stimolo visivo utile per migliorare la concentrazione. È criterio oggettivo per valutare le opere d’arte. È promessa di vita buona, capace di orientare le relazioni verso la pace e la dignità. Qual è la valenza formativa attribuita alla danza nella prospettiva pedagogica?. È una forma di intrattenimento che accompagna le cerimonie culturali. È una tecnica performativa utile per solo migliorare la coordinazione motoria. È un linguaggio corporeo che intreccia sensibilità ed eticità, simbolo di libertà e ricerca di senso. È un’espressione artistica che si limita alla rappresentazione visiva. Che cosa rappresenta La Danse di Matisse dal punto di vista educativo?. Un’immagine simbolica che rafforza l’identità nazionale attraverso il colore. Un’opera che raffigura la danza come esercizio fisico e disciplina. Un esempio di arte decorativa utile per stimolare la memoria visiva. Un’esperienza estetica che educa allo stupore e alla ricerca di senso, oltre la semplice osservazione. In che senso educare al senso estetico implica una responsabilità interpretativa?. Significa applicare tecniche di analisi visiva standardizzate. Significa imparare a riconoscere le opere d’arte più famose e apprezzate. Significa trasmettere un gusto estetico condiviso e oggettivo. Significa formare alla capacità di decodificare i segni e assumere scelte interpretative nel proprio contesto. Che cosa rappresentano i graffiti del Muro di Berlino dal punto di vista pedagogico?. Un’espressione decorativa utile per riqualificare lo spazio cittadino. Un esempio di vandalismo urbano trasformato in arte pubblica (plausibile, ma riduttivo). Un evento estetico che testimonia resistenza, libertà e prefigurazione di un futuro condiviso. Un linguaggio visivo utile per promuovere il turismo culturale. In che senso educare allo sguardo estetico significa promuovere un atteggiamento critico e creativo?. Perché consente di applicare tecniche visive in ambito scolastico. Perché stimola la produzione di immagini originali e accattivanti. Perché implica decostruire i segni del potere e immaginare assetti sociali più giusti. Perché aiuta a riconoscere le opere d’arte più famose e apprezzate. Qual è il significato pedagogico attribuito all’opera Guernica di Picasso?. La monocromia serve a semplificare la lettura dell’opera. I colori vivaci accentuano il contrasto tra vita e morte. L’uso di bianco, nero e grigio intensifica la drammaticità e richiama le immagini di distruzione dell’epoca. Le tinte neutre rendono l’opera più accessibile al grande pubblico. Perché Guernica può essere considerata un’esperienza formativa e non solo un’opera da contemplare?. È un esempio di arte astratta che esprime emozioni soggettive. È un’opera commemorativa che celebra la vittoria militare della resistenza spagnola. È un monito etico universale che educa alla responsabilità e alla cura del fragile. È un documento storico che rappresenta fedelmente il bombardamento di Guernica. Che cosa simboleggia Gurdulù nella riflessione sulla professionalità educativa?. L’educatore che si lascia trascinare dalle pratiche, senza consapevolezza né autonomia. Il professionista che si adatta con flessibilità ai diversi contesti educativi. L’isolamento dell’educatore rispetto al contesto operativo. L’eccessiva rigidità nell’applicazione delle regole educative. In che modo Rambaldo incarna una postura professionale educativa possibile?. Si affida esclusivamente all’intuito, evitando di seguire regole e procedure. Cresce nell’esperienza, conciliando ideali e realtà, senza irrigidirsi né dissolversi. Rappresenta l’educatore che applica fedelmente le direttive istituzionali. Simboleggia l’educatore che si distacca dalle relazioni per mantenere neutralità. Quale rischio incarna Agilulfo come figura simbolica dell’educatore?. L’educatore che sa conciliare regole e creatività in modo equilibrato. Il modello ideale di efficienza e competenza educativa. Il professionista capace di adattarsi a ogni contesto senza perdere coerenza. La riduzione della professionalità a pura applicazione di regole, senza contatto con la realtà viva. Che cosa rappresenta il “campo di battaglia” nella metafora tratta da Calvino?. Il contesto educativo, dove ideali e vincoli si intrecciano in un agire quotidiano complesso. Un ambiente dove l’educatore deve difendere le proprie convinzioni contro le pressioni istituzionali. Un luogo dove si mettono alla prova le competenze tecniche dell’educatore. Una zona di confronto tra approcci pedagogici divergenti. Che cosa suggerisce la metafora del “mare in tempesta” nel contesto dei servizi educativi?. La varietà di approcci metodologici che arricchiscono il lavoro educativo. La necessità di navigare tra protocolli e linguaggi specialistici senza perdere il senso del lavoro. L’inevitabile rigidità delle strutture educative nel gestire la complessità. La frammentazione e l’instabilità del sistema, che richiedono orientamento professionale. Qual è la sfida principale per l’educatore nei servizi complessi?. Mantenere un orientamento pedagogico anche nell’incertezza. Adattarsi alle pratiche consolidate per non creare problemi. Evitare il confronto con le istituzioni. Applicare le regole in modo uniforme. Che cosa rappresenta Gurdulù come rischio professionale?. La rigidità nell’applicazione delle regole. L’adesione passiva alle pratiche, senza riflessione personale. L’attenzione alle esigenze delle famiglie. L’uso di strumenti digitali per semplificare il lavoro. Qual è una conseguenza della crescita disordinata dei servizi educativi?. La semplificazione delle procedure operative. L’aumento delle risorse economiche disponibili. La riduzione del numero di educatori nei territori. La distanza tra servizi e bisogni reali delle comunità. *Perché possiamo dire che è difficile definire la professionalità dell’educatore nei servizi attuali?. Perché i contesti sono molto diversi e generano frammentazione. Perché mancano strumenti tecnologici adeguati. Perché gli educatori operano solo in ambito scolastico. Tutte le risposte sono false. Che cosa comporta la deriva di Agilulfo nel lavoro educativo?. La valorizzazione della relazione educativa. L’uso creativo delle regole per adattarsi ai contesti. L’eccesso di procedure e tecniche che allontanano dalla realtà viva. L’attenzione alle emozioni degli utenti. Perché l’identità professionale dell’educatore è definita come “una questione aperta”?. Perché dipende esclusivamente dalle regole istituzionali. Perché si basa su competenze tecniche già definite. Perché è un processo in continua costruzione, non un dato acquisito. Perché è uguale per tutti i contesti educativi. Qual è il rischio per la professionalità educativa nei servizi?. Di diventare esclusivamente teorica e poco operativa. Di essere troppo centrata sulla relazione con le famiglie. Di perdere il contatto con le istituzioni. Di essere schiacciata da logiche assistenziali, terapeutiche o disciplinari. Che cosa mostra il caso di Marco nello SFA?. L’efficacia della collaborazione tra educatori e psichiatri. La necessità di applicare regole rigide nei servizi educativi. Il successo dell’approccio disciplinare nei contesti complessi. La fragilità della professionalità educativa quando prevalgono logiche esterne come quella medica. Qual è il rischio della subordinazione dello sguardo pedagogico ad altri saperi?. L’aumento della collaborazione interdisciplinare nei servizi. La valorizzazione della dimensione terapeutica dell’intervento educativo. L’integrazione tra approcci educativi e clinici. La riduzione dell’educazione a normalizzazione e perdita di autonomia interpretativa. Che cosa rappresenta Rambaldo nella costruzione dell’identità professionale?. Il tecnico che privilegia l’efficienza rispetto alla riflessione. Il professionista che applica rigidamente le regole per garantire coerenza. L’educatore che cresce nell’esperienza, conciliando ideali e realtà. L’operatore che si adatta passivamente alle pratiche del servizio. Secondo Dewey, che cos’è l’educazione?. Un metodo per trasmettere contenuti in modo efficace. Un processo di adattamento ai contesti istituzionali. Un insieme di tecniche da applicare in modo standard. Un’esperienza situata che nasce dall’interazione tra soggetto e ambiente. Che cosa implica la competenza interpretativa per l’educatore?. Riconoscere i bisogni attraverso test e griglie di valutazione. Elaborare letture provvisorie e contestuali a partire dall’esperienza concreta. Applicare diagnosi e categorie per semplificare l’intervento. Adottare un linguaggio tecnico per descrivere i comportamenti. Qual è il ruolo della competenza metodologica nel lavoro educativo?. Scegliere tecniche standard per gestire le situazioni complesse. Le risposte sono tutte vere. Predisporre condizioni e strumenti che rendano possibile un’esperienza significativa. Applicare un metodo unico per garantire risultati univoci. Che cosa rappresenta il “baricentro pedagogico” per l’educatore?. Una strategia per evitare l’incertezza nei servizi. Un punto fisso da cui partire per ogni intervento. Una tensione costante verso la ricerca di senso, tra vincoli e libertà. Un insieme di regole che orientano l’azione educativa. Che cosa significa mantenere uno sguardo riflessivo nel lavoro educativo?. Applicare regole in modo uniforme per garantire coerenza. Concentrarsi sull’efficienza operativa del servizio. Adattarsi alle richieste degli utenti senza porre domande. Interrogarsi sul senso delle pratiche e rinnovarle nell’esperienza. Che cosa comporta la collaborazione con altre figure professionali nei servizi educativi?. L’eliminazione della progettualità educativa. La possibilità di delegare le decisioni educative. Il rischio che la funzione educativa venga subordinata a logiche non pedagogiche. La riduzione del ruolo dell’educatore a supporto tecnico. Quale atteggiamento permette all’educatore di evitare la dissolvenza del proprio ruolo all’interno di un’équipe multidisciplinare?. Esplicitare il senso del proprio intervento e dialogare con gli altri professionisti mantenendo la propria autonomia. Concentrarsi sulle attività operative senza entrare nel merito delle finalità educative. Esplicitare il senso del proprio intervento solo con l’utente. Adattarsi alle decisioni prese da figure più esperte per favorire la coesione del gruppo. Perché molti educatori faticano a definire la propria identità professionale?. Perché preferiscono raccontarsi attraverso ciò che fanno, piuttosto che attraverso etichette. Perché non collaborano con altri professionisti. Perché operano in ambiti differenziati. Perché non possiedono una formazione specifica. Che cosa distingue l’intervento educativo da altre forme di azione?. L’uso di strumenti operativi condivisi. L’intenzionalità e la capacità di esplicitare le finalità. La rapidità nella gestione delle emergenze. L’adesione alle regole istituzionali. Che cosa significa mantenere saldo “lo specifico pedagogico”?. Applicare tecniche educative in modo standard. Tutte le risposte sono false. Orientare i processi di crescita senza dissolversi nei saperi di altre discipline. Concentrarsi sui bisogni immediati degli utenti. Che cosa distingue la professionalità educativa alla luce della metafora dell’arte di connettere?. La specializzazione in ambiti disciplinari definiti. La capacità di ricomporre la complessità in un tutto dotato di senso. L’efficienza nella gestione delle attività quotidiane. L’adesione a modelli teorici consolidati. Quale tra queste affermazioni descrive correttamente la postura dell’educatore nella prospettiva sistemica?. Mantiene separati i saperi per evitare sovrapposizioni. Si adatta alle logiche specialistiche per favorire il lavoro d’équipe. Integra contributi diversi orientandoli verso finalità educative, senza limitarsi a sommarli. Raccoglie strumenti da più discipline per ampliare il proprio repertorio operativo. Qual è uno dei rischi più frequenti nel lavoro educativo secondo questa prospettiva?. La parcellizzazione, ovvero trattare separatamente ciò che nella vita è intrecciato. La mancanza di protocolli comuni tra i servizi educativi e territorio. L’uso di strumenti teorici non condivisi. L’eccessiva attenzione alla relazione educativa. Perché l’educazione è definita come un evento complesso?. Perché richiede l’uso di strumenti tecnologici avanzati. Perché segue protocolli standardizzati ad alta complessità. Perché si svolge intrecciando solo in contesti istituzionali. Perché intreccia molteplici dimensioni e variabili spesso imprevedibili. Quale rischio comporta il riduzionismo nella pratica educativa?. Integrare contributi da più discipline per arricchire l’intervento. Semplificare la complessità dell’umano, limitando la ricchezza dell’esperienza educativa. Concentrarsi su un solo ambito per garantire coerenza. Valorizzare la dimensione relazionale a scapito di quella cognitiva. Qual è il ruolo della riflessività nel lavoro educativo?. Serve a valutare le competenze cognitive degli utenti. Permette di osservare l’esperienza, riconoscere i vissuti e agire con consapevolezza critica. Aiuta a evitare il coinvolgimento emotivo. Consiste nell’applicare regole in modo coerente. Che cosa implica riconoscere la multidimensionalità dell’umano nell’educazione?. Adattare l’intervento alle esigenze istituzionali. Concentrarsi sulle abilità misurabili per valutare l’efficacia dell’intervento. Separare le dimensioni emotive da quelle cognitive per maggiore chiarezza. Considerare corpo, psiche, relazioni, cultura e ricerca di senso come parti integranti del processo educativo. Che cosa significa “abitare l’incertezza” per un educatore?. Affidarsi esclusivamente a modelli teorici consolidati. Accettare la complessità evitando di prendere decisioni per non sbagliare. Adattarsi passivamente alle dinamiche del contesto. Accettare la complessità come parte del lavoro e trasformarla in occasione di ricerca e crescita. Qual è il ruolo dell’educatore rispetto alla libertà del soggetto?. Limitare l’autonomia per garantire coerenza educativa. Sostenere la libertà dell’altro, predisponendo condizioni che ne favoriscano l’esercizio consapevole. Guidare le scelte del soggetto per evitare errori. Offrire modelli di comportamento da imitare. Che cosa significa che l’educazione è orientata verso ciò che “non è ancora”?. Che si adatta ai limiti imposti dal contesto sociale. Che accompagna la persona a progettarsi, a trascendersi e a realizzare nuove forme di sé. Che mira a mantenere l’equilibrio tra le dimensioni emotive e cognitive. Che si concentra sul consolidamento delle competenze già acquisite. Che cosa distingue la cura educativa da un semplice intervento tecnico?. L’uso di strumenti operativi condivisi tra i professionisti. La capacità di rispondere rapidamente ai bisogni immediati. L’attenzione alla valutazione dei risultati ottenuti. La tensione a promuovere l’unità e il senso dell’esperienza umana, non solo abilità o competenze. In che senso la cura educativa è una “progettazione esistenziale”?. Perché mira a garantire l’efficienza delle attività quotidiane. Perché accompagna alla trasmissione di contenuti culturali. Perché si basa su un piano educativo standardizzato e replicabile. Perché accompagna il soggetto a superare le condizioni date e ad aprirsi a nuove possibilità di sé. Che cosa distingue la professionalità educativa nel quotidiano?. L’uso di tecniche complesse per gestire le emergenze. L’attenzione alla valutazione dei risultati. La capacità di investire di significato le azioni ordinarie, trasformandole in gesti formativi. La pianificazione di attività strutturate e visibili per ordinare e sistematizzare il quotidiano. Perché il lavoro educativo rischia di essere invisibile?. Perché non produce risultati immediatamente misurabili e si svolge nell’emergenza continua. Perché si manifesta in gesti discreti e quotidiani, spesso non riconosciuti come competenza professionale. Perché si svolge prevalentemente in contesti informali. Perché è confuso con il lavoro assistenziale. Che cosa rende i gesti ordinari un “privilegio” per l’educatore?. Il fatto che racchiudono un valore formativo profondo e costruiscono identità e fiducia. La possibilità di svolgerli senza supervisione. Il fatto che non richiedono una formazione specifica. La loro semplicità operativa rispetto ai compiti tecnici. Qual è il rischio legato alla percezione della cura educativa come agire spontaneo?. Che venga sottovalutata come sapere intenzionale e qualificato, perdendo riconoscimento professionale. Che venga confusa con la relazione affettiva individuale tra educatore e utente. Che venga assimilata alle pratiche terapeutiche. Che venga delegata la cura educativa ad altri professionisti del servizio. In che modo la storia del sapere femminile è collegata all’invisibilità del lavoro educativo?. Entrambi si svolgono in ambiti non istituzionali. Entrambi si basano su competenze tecniche non riconosciute. Entrambi sono legati alla cura e alla fragilità, ma spesso screditati o dati per scontati. Entrambi sono orientati alla trasmissione di contenuti culturali. Perché il quotidiano è considerato il terreno più fertile per la crescita educativa?. Perché consente di evitare situazioni complesse e imprevedibili. Perché permette di applicare protocolli educativi in modo sistematico. Perché è più facile da monitorare rispetto agli eventi straordinari. Perché le esperienze regolari e continue plasmano la personalità in modo profondo. Che cosa rende le esperienze quotidiane particolarmente formative?. La possibilità di essere documentate con facilità. Il fatto che si svolgono in ambienti familiari e protetti. La loro semplicità operativa e la bassa intensità emotiva. La loro continuità e ripetizione, che lasciano un segno duraturo nella storia personale. Che cosa significa “dare valore all’ovvio” nel lavoro educativo?. Concentrarsi sulle attività più visibili per garantire riconoscimento professionale. Riconoscere che anche le routine quotidiane possono essere occasioni di crescita se vissute con senso. Evitare di modificare le abitudini consolidate per non creare discontinuità. Limitarsi a osservare i comportamenti spontanei degli utenti. Qual è la forza formativa del quotidiano secondo la prospettiva pedagogica?. La ripetizione di gesti che garantisce efficienza operativa. La possibilità di evitare l’imprevisto e mantenere il controllo. La semplicità delle azioni che non richiedono riflessione. La capacità di depositare lentamente significati, emozioni e abitudini che plasmano l’identità. In che modo l’educazione si radica nella vita quotidiana?. Attraverso gesti semplici e ripetuti che, vissuti con intenzionalità, diventano esperienze significative. Attraverso la gestione dei momenti critici e delle emergenze. Attraverso l’uso di strumenti didattici e valutativi. Attraverso attività strutturate e programmate nei servizi educativi. Perché il quotidiano è considerato luogo formativo per eccellenza?. Perché le esperienze ordinarie e ricorrenti lasciano tracce profonde e orientano le scelte. Perché consente di evitare le situazioni complesse e imprevedibili. Perché è facilmente osservabile e documentabile. Perché si svolge in ambienti protetti e familiari. Che cosa significa che l’educazione è un “atto di regia”?. Che si limita a osservare e accompagnare ciò che accade spontaneamente. Che l’azione educativa è strutturata da parte di una supervisione costante di figure esperte. Che si basa su una programmazione dettagliata e ripetuta delle attività educative. Che orienta e struttura la formatività implicita del quotidiano, rendendola esplicitamente significativa. Che cosa distingue l’educazione professionale dalle esperienze informali?. Il fatto che è un’esperienza istituita, intenzionalmente predisposta per lasciare segni duraturi. Il fatto che si svolge in ambienti scolastici o sanitari. Il fatto che si basa su regole durature condivise tra operatori. Il fatto che è sempre accompagnata da valutazione e certificazione. A quali condizioni un’esperienza può dirsi educativa?. Quando è resa significativa, elaborata e interiorizzata in modo consapevole. Quando produce un cambiamento visibile nel comportamento. Quando è documentata e valutata da un professionista. Quando si svolge in un contesto istituzionale. Che cosa afferma Demetrio rispetto al rapporto tra vita ed educazione?. Che l’apprendimento richiede sempre un’intenzionalità esplicita. Che l’educazione avviene solo in contesti formali e strutturati. Che la formazione si intreccia con l’esistenza “senza soluzioni di continuità”. Che la vita quotidiana è neutra rispetto ai processi formativi. Che cosa significa “abitare l’esperienza educativa”?. Concentrarsi sulle attività straordinarie per favorire il cambiamento. Saper leggere nel quotidiano la trama invisibile che plasma identità e possibilità. Osservare le routine senza modificarle. Applicare tecniche educative nei momenti di emergenza. Che cosa intende Hegel con l’idea che “il noto non coincide con il conosciuto”?. Che solo ciò che è nuovo può essere veramente educativo. Che ciò che appare familiare può nascondere significati profondi non ancora compresi. Che l’esperienza quotidiana è priva di valore formativo. Che la conoscenza si costruisce solo attraverso l’analisi teorica. Secondo Mead e Schutz, che cosa caratterizza l’esperienza quotidiana?. La gestione delle emozioni nei contesti relazionali. La trasmissione di contenuti culturali attraverso il linguaggio. La manipolazione diretta degli oggetti e la routinizzazione delle azioni. La ripetizione di gesti simbolici e rituali. Che cosa rappresenta la “gettatezza” secondo Heidegger?. Il momento in cui si interrompe la routine per dare senso all’azione. L’insieme delle esperienze intenzionali vissute nel quotidiano. La condizione di immersione in abitudini e convenzioni che ci precedono e ci avvolgono. La capacità di scegliere liberamente il proprio progetto educativo. Come viene reinterpretato il quotidiano da Lefebvre e de Certeau?. Come spazio ambiguo, dove convivono routine e possibilità di trasformazione. Come luogo di ripetizione privo di valore educativo. Come insieme di automatismi da evitare per favorire l’autenticità. Come ambito neutro, utile solo per organizzare le attività. Che cosa si intende per interazione nell’esperienza educativa secondo Dewey?. Il confronto tra educatore e utente durante le attività. L’alternanza tra momenti teorici e pratici. Il gioco reciproco tra condizioni oggettive e vissuti soggettivi, che amplia o restringe il mondo del soggetto. La relazione tra gruppo e individuo nel contesto educativo. Che cosa rende il quotidiano uno spazio educativo secondo Gadamer?. La presenza di regole e procedure condivise. La possibilità che anche un dettaglio minimo o un imprevisto diventi evento trasformativo. La neutralità emotiva delle esperienze ordinarie. La ripetizione rassicurante delle routine. Quando un’esperienza può dirsi educativa secondo Dewey?. Quando è vissuta in un contesto istituzionale e valutata da un professionista. Quando produce un cambiamento visibile nel comportamento. Quando è generativa, cioè apre la strada ad altre esperienze e alimenta desideri e propositi. Quando è documentata e condivisa nel gruppo educativo. Che cosa implica il criterio della continuità nell’esperienza educativa?. Che l’educazione deve seguire un piano lineare e progressivo. Che le attività educative devono essere ripetute per garantire stabilità. Che le esperienze devono essere coerenti con le aspettative istituzionali. Che ogni esperienza deve proiettarsi nel futuro, generando nuove prospettive e apprendimenti. Che cosa distingue Erlebnis da Erfahrung secondo Husserl?. Erlebnis è il sapere teorico, Erfahrung è la pratica quotidiana. Erlebnis è il vissuto immediato, Erfahrung è ciò che si sedimenta e si elabora nel tempo. Erlebnis è oggettiva, Erfahrung è soggettiva. Erlebnis è l’esperienza educativa, Erfahrung è quella informale. Che cosa può comportare la burocratizzazione del quotidiano?. La standardizzazione delle pratiche per garantire equità. L’efficienza nella gestione delle attività e delle risorse. La perdita di senso dell’agire educativo, che diventa meccanico e impersonale. L’adozione di modelli condivisi tra i professionisti. Perché la novità è importante nell’esperienza educativa?. Perché permette di interrompere le routine consolidate. Perché facilita la valutazione delle competenze acquisite. Perché consente di aggiornare i protocolli educativi. Perché introduce stimoli, apre possibilità e genera meraviglia. Qual è il ruolo dell’invarianza nel quotidiano educativo?. Garantire la ripetizione esatta delle attività per evitare imprevisti. Offrire sicurezza, continuità e senso di appartenenza attraverso rituali e stabilità. Favorire l’efficienza operativa nei servizi educativi. Ridurre la varietà delle esperienze per semplificare l’intervento. Che cosa si intende per “regia educativa”?. La capacità dell’educatore di predisporre contesti e dispositivi che rendano possibile l’esperienza formativa. Il controllo diretto sull’interiorità del soggetto. L’abilità di gestire le emozioni degli utenti durante le attività. La capacità organizzativa dell’operatore di predisporre delle attività secondo un piano prestabilito. Che cosa intende Jedlowski per “intelligenza del quotidiano”?. La competenza nel gestire le relazioni interpersonali nel contesto educativo. L’abilità di replicare con precisione le routine educative. La capacità riflessiva di interrogare le situazioni vissute, imparare dall’esperienza e mantenere viva la criticità. L’uso di strumenti teorici per interpretare il comporta. Che cosa caratterizza una comunità di pratiche secondo Wenger?. Impegno reciproco, impresa comune e repertorio condiviso. Partecipazione obbligatoria alle attività. Condivisione di regole e protocolli operativi. Presenza di un coordinatore e di. Perché la documentazione può essere considerata una pratica comunitaria?. Perché è richiesta dalle normative regionali. Perché permette di archiviare le attività svolte in modo ordinato. Perché rende visibile ciò che accade, favorisce la riflessione e il dialogo tra educatori e famiglie. Perché consente di valutare le competenze dei bambini. Che cosa si intende per “impresa comune” in un servizio educativo?. L’obiettivo di garantire efficienza e continuità nei servizi. La definizione dei ruoli professionali all’interno dell’équipe. La pianificazione delle attività settimanali. Il progetto educativo che orienta e dà senso alle attività. In che modo la professionalità educativa si costruisce all’interno di una comunità di pratiche?. Attraverso la formazione individuale e l’aggiornamento tecnico. Attraverso l’osservazione dei protocolli e delle procedure. Attraverso la valutazione dei risultati ottenuti nel servizio. Attraverso la riflessività condivisa, il dialogo tra colleghi e la trasformazione dell’esperienza in sapere professionale. Che cosa significa che le famiglie sono co-protagoniste del progetto educativo?. Che collaborano quotidianamente, condividono responsabilità e creano continuità tra casa e servizio. Che ricevono informazioni sulle attività svolte. Che supportano gli educatori nella gestione dei comportamenti. Che partecipano alle riunioni periodiche del servizio. Perché il quotidiano è considerato un luogo formativo privilegiato?. Perché si svolge in ambienti protetti e prevedibili. Perché permette di evitare l’imprevisto e mantenere il controllo. Perché consente di applicare protocolli educativi in modo sistematico. Perché intreccia routine, eventi e possibilità di trasformazione, generando apprendimento e crescita. Che cosa significa “dare forma al quotidiano” in ambito educativo?. Ripetere le routine per garantire stabilità. Trasformare gli eventi ordinari in esperienze significative e generative. Organizzare le attività secondo un piano settimanale condiviso. Adattare le pratiche alle esigenze istituzionali. Perché è importante abitare l’intreccio tra ripetizione e novità nel quotidiano educativo?. Perché garantisce varietà e stimoli nel servizio educativo. Perché consente di alternare momenti di attività e di riposo. Perché la ripetizione consolida e la novità apre alla trasformazione. Perché permette di valutare meglio le competenze acquisite. Che cosa rende il quotidiano un “orizzonte di senso”?. La possibilità di pianificare le attività in modo coerente. La presenza di regole condivise tra educatori e utenti. L’uso di strumenti per monitorare le routine. Il fatto che ogni gesto porti con sé significati impliciti che orientano il nostro modo di vivere. In che modo il quotidiano favorisce una formazione integrale della persona?. Coinvolgendo le dimensioni cognitiva, affettiva, corporea, etica e sociale in un processo unitario. Limitando l’intervento educativo alle attività programmate. Concentrandosi sull’acquisizione di competenze tecniche e operative. Separando le esperienze emotive da quelle cognitive. Qual è la funzione della perplessità iniziale nell’esperienza riflessiva secondo Dewey?. Generare dubbio e sospensione dell’azione, aprendo un percorso di chiarificazione e apprendimento. Indurre l’educatore a evitare l’azione per non commettere errori. Stimolare e favorire l’adozione di strategie predefinite. Stimolare la ricerca di soluzioni immediate. Qual è il ruolo della supervisione nei servizi educativi?. Offrire uno spazio riflessivo in cui teoria e prassi si incontrano, sostenendo la crescita professionale. Monitorare l’efficienza del servizio educativo. Fornire indicazioni operative per gestire le attività quotidiane. Valutare le performance degli educatori. Che cosa caratterizza la prospettiva post-costruttivista nel lavoro educativo?. L’adozione di protocolli operativi condivisi. La capacità dell’educatore di riflettere sui propri schemi d’azione e costruire strumenti flessibili. L’uso di strumenti valutativi oggettivi. L’applicazione lineare di tecniche standardizzate. Quali condizioni rendono la supervisione un autentico sostegno alla professionalità educativa?. La standardizzazione dei percorsi formativi. Un patto chiaro tra istituzione, operatore e supervisore, e il mantenimento della specificità pedagogica. Un patto chiaro in cui si delegano le decisioni al supervisore. L’adozione di strumenti psicologici per il benessere dell’educatore. Che cosa distingue la reflection in action dalla reflection on action secondo Schön?. La prima avviene individualmente, la seconda invece avviene collettivamente. La prima riguarda l’osservazione, la seconda la valutazione. La prima avviene durante l’azione, la seconda a posteriori, con maggiore distacco. La prima è teorica, la seconda è pratica. In che senso la supervisione è un dispositivo trasformativo?. Perché offre un modello operativo da replicare nel servizio. Perché consente di costruire una teoria della pratica e una pratica della teoria, intrecciando fare, pensare e apprendere. Perché permette di correggere gli errori commessi durante l’intervento educativo. Perché aiuta a gestire le relazioni con le famiglie. Che cosa si intende per “vedere dall’alto” nella supervisione?. Valutare l’efficacia del servizio educativo. Adottare un punto di vista tecnico per analizzare le pratiche. Monitorare il comportamento degli utenti durante le attività. Osservare la realtà da un’altra angolatura, cogliendo aspetti che nell’azione immediata restano invisibili. Perché la supervisione è definita come semiosi?. Perché favorisce la standardizzazione delle pratiche. Perché permette di documentare le attività svolte. Perché trasforma l’esperienza in testo da decifrare, rielaborare e comprendere. Perché consente di classificare le situazioni educative secondo criteri condivisi. Qual è il ruolo del contratto formativo nella supervisione?. Stabilire le modalità di valutazione del servizio. Costruire una relazione educativa autentica, fondata sulla reciprocità e sulla chiarezza dei ruoli. Definire le regole di comportamento tra educatore e utente. Garantire la conformità alle normative istituzionali. Che cosa distingue la supervisione educativa da una consulenza tecnica e dalla psicoterapia?. È un dispositivo di controllo delle pratiche educative. È una tecnica di valutazione delle competenze acquisite. È un intervento centrato sul benessere personale dell’educatore. È un processo dinamico che oscilla tra piano operativo ed esperienziale, sostenendo l’apprendimento professionale. Qual è la finalità della supervisione secondo gli assi regolativi?. Promuovere apprendimento, riflessività e consapevolezza professionale. Monitorare l’efficienza del servizio educativo. Garantire la conformità alle linee guida istituzionali. Intervenire sulla personalità dell’educatore. Che cosa caratterizza le supervisioni eterocentrate?. Si concentrano sulla relazione con le famiglie. Si svolgono esclusivamente in gruppo. Si focalizzano sugli aspetti tecnici e metodologici dell’intervento educativo. Esplorano i vissuti emotivi dell’educatore. Perché è importante la coerenza tra il modello educativo del servizio e quello della supervisione?. Per evitare dissonanze che compromettano la qualità del processo formativo. Per uniformare le pratiche tra operatori. Per garantire l’efficienza organizzativa del servizio. Per facilitare la compilazione della documentazione. In che modo la supervisione può sostenere la soggettività professionale dell’educatore?. Limitando l’esposizione emotiva dell’operatore. Favorendo la riflessività, la narrazione e la costruzione di significati attraverso l’esperienza. Concentrandosi sulla trasmissione di tecniche operative. Offrendo modelli teorici da applicare in modo standardizzato. Qual è il ruolo della parola come custodia nel lavoro educativo?. Limitare la comunicazione per evitare rischi. Garantire la riservatezza attraverso protocolli fissi. Preservare l’enigma dell’altro, evitando semplificazioni e stigmatizzazioni. Condividere tutte le informazioni disponibili per trasparenza. Che cosa consente la competenza narrativa nel lavoro educativo?. Di nominare l’esperienza, problematizzarla e costruire un sapere situato e riflessivo. Di nominare le emozioni nel servizio ed evitare l’esposizione personale dell’educatore. Di applicare tecniche comunicative standardizzate. Di trasmettere contenuti in modo oggettivo e neutro. In che senso la competenza narrativa è anche competenza etica?. Perché consente di rispettare le regole comunicative del servizio. Perché implica consapevolezza, intenzionalità e responsabilità rispetto a ciò che si dice. Perché garantisce la trasparenza nella documentazione. Perché permette di evitare conflitti tra operatori. Che cosa rende la narrazione una pratica formativa?. L’uso di strumenti autobiografici per raccogliere dati. La possibilità di descrivere le attività in modo dettagliato. La ripetizione di racconti condivisi nel gruppo. La capacità di interrogare l’esperienza, riorganizzare il vissuto e costruire nuovi significati. Che cosa implica scrivere con l’altro nel lavoro educativo?. Rinunciare al controllo, accettare la soggettività e promuovere un accompagnamento che valorizzi il soggetto. Adottare un linguaggio tecnico per descrivere le situazioni. Garantire la riservatezza attraverso la supervisione. Raccogliere informazioni per la documentazione istituzionale. Che cosa permette il racconto dell’azione educativa?. Di interpretare l’esperienza, riformularla e renderla comunicabile. Di descrivere in modo oggettivo le attività svolte. Di documentare le procedure operative del servizio. Di trasmettere contenuti teorici agli utenti. Qual è la forma di legittimità più concreta secondo Bouchereau?. Di forma: legata alla bellezza e all’argomentazione del discorso. Di posizione: basata su rituali e gerarchie istituzionali. Di fatto: fondata sulla coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Di fondo: fondata sulla teoria e sui criteri di accesso al sapere. Perché la scrittura professionale è considerata una pratica etica?. Perché segue protocolli condivisi e garantisce la trasparenza del servizio. Perché permette di valutare le competenze degli utenti. Perché costruisce racconti che interrogano, coinvolgono e lasciano spazio all’altro. Perché consente di archiviare le informazioni in modo ordinato. In che senso discorsi e scritture professionali costituiscono il tessuto del lavoro educativo?. Perché permettono di standardizzare le procedure e garantire l’efficienza. Perché sono pratiche che facilitano la comunicazione tra operatori e utenti. Perché sono pratiche che documentano le attività svolte nel servizio. Perché sono pratiche riflessive, etiche e trasformative che attribuiscono senso all’esperienza. Perché lo humour può essere considerato una competenza educativa?. Perché garantisce la neutralità nella relazione educativa. Perché favorisce la resilienza, apre spazi di senso alternativi e sostiene l’identità professionale. Perché permette di evitare situazioni emotivamente intense. Perché consente di mantenere il controllo sulle dinamiche del gruppo. Che cosa distingue il riso non inibito dal riso inibito secondo Bateson e Kubie?. Il primo è spontaneo, il secondo è controllato. Il primo segnala accettazione e sostegno, il secondo può celare ostilità o senso di colpa. Il primo è educativo, il secondo è terapeutico. Il primo è individuale, il secondo è collettivo. In che modo lo humour può sostenere la relazione d’aiuto?. Permettendo di evitare il confronto diretto con l’utente. Garantendo la distanza emotiva tra educatore e utente. Facilitando la trasmissione di contenuti relazionali e teorici. Favorendo la comunicazione, riducendo lo stress e rafforzando i legami. Qual è il rischio legato all’uso inconsapevole dello humour nella cultura organizzativa?. Può ridurre la produttività del gruppo. Può ostacolare la valutazione delle competenze. Può compromettere la documentazione educativa. Può rafforzare disuguaglianze, generare esclusione e veicolare dinamiche di potere. Perché la competenza umoristica richiede una riflessione etica e politica?. Perché il riso non è mai neutrale e può essere strumento di emancipazione o di subordinazione. Perché garantisce la coerenza tra teoria e prassi. Perché permette di evitare conflitti tra operatori. Perché consente di gestire le emozioni in modo impersonale. Qual è la funzione principale dello humour secondo la teoria del sollievo?. Facilitare la trasmissione di contenuti educativi. Rafforzare le gerarchie nei gruppi di lavoro. Favorire il rilassamento e la distensione attraverso il rilascio di tensione emotiva. Stimolare la creatività e il pensiero divergente. Che cosa valorizza la teoria dell’incongruenza?. Lo humour come risposta cognitiva a uno scarto inatteso, che stimola riflessione e flessibilità. Lo humour come tecnica per gestire il tempo educativo. Lo humour come strumento per rafforzare l’identità del gruppo. Lo humour come modalità per evitare il disagio relazionale. Qual è il valore educativo dello humour secondo la prospettiva pedagogica?. È uno strumento per evitare il confronto diretto con l’utente. È una tecnica per gestire le emozioni in modo impersonale. È una modalità comunicativa leggera utile per intrattenere. È una risorsa relazionale e cognitiva che promuove coesione, pensiero critico e resilienza. Che cosa evidenzia la teoria della superiorità rispetto all’umorismo?. Che è una modalità comunicativa neutra. Che può rafforzare la coesione interna ma anche escludere e stigmatizzare. Che è utile solo nei contesti informali. Che è sempre una forma di auto-protezione. Che cosa si intende per humour come regolatore emotivo?. Una strategia per evitare il confronto diretto con la sofferenza. Un mezzo per rendere più divertenti le attività educative. Un modo per alleggerire le responsabilità dell’educatore. Una risorsa che consente di affrontare ansia, frustrazione e mantenere una postura professionale equilibrata. Qual è una delle funzioni positive dello humour nella relazione educativa?. Favorire la valutazione delle competenze dell’utente. Evitare il coinvolgimento emotivo dell’educatore. Ridurre la distanza sociale e rafforzare il processo di aiuto. Sostituire la comunicazione verbale con quella non verbale. Qual è il rischio dell’humour da forca (gallows humour) nei contesti educativi?. Può essere frainteso dagli utenti come sarcasmo. Può degenerare in cinismo e disumanizzazione, compromettendo la deontologia professionale. Può generare conflitti tra colleghi. Può ridurre l’efficacia delle tecniche educative. In che modo lo humour contribuisce alla cultura organizzativa nei servizi educativi?. Sostituisce le pratiche riflessive con momenti informali. Garantisce la coerenza tra teoria e prassi. Riduce la necessità di supervisione e formazione. Favorisce il sensemaking, la negoziazione delle identità e la co-costruzione di significati condivisi. Perché lo humour è spesso percepito come inopportuno nel lavoro socio-educativo?. Perché si ritiene che ridere contraddica la serietà richiesta in contesti di sofferenza e disagio. Perché riduce l’efficacia degli interventi educativi. Perché può compromettere la neutralità professionale. Perché è vietato nei codici deontologici degli educatori. Che cosa rischia di perdere una visione individualistica della scuola?. La centralità del docente nel processo educativo. La possibilità di valutare le competenze degli alunni. La capacità di gestire le procedure amministrative. La sua natura relazionale e pubblica, intesa come spazio di sviluppo umano e civile. Perché la scuola non può essere pensata come unico presidio educativo?. Perché non ha risorse sufficienti per gestire tutti i bisogni. Perché deve concentrarsi solo sull’istruzione formale. Perché l’educazione si sviluppa anche in contesti informali, relazionali e territoriali. Perché le famiglie devono assumersi la totalità della responsabilità educativa. Qual è la finalità sociale della scuola?. Favorire l’inserimento nel mondo del lavoro. Contribuire alla formazione di cittadini attivi, responsabili e capaci di vivere in una società pluralista. Garantire l’accesso alle competenze di base. Trasmettere contenuti culturali in modo neutro. Che cosa significa pensare la scuola come comunità educativa?. Adottare un modello gestionale condiviso tra dirigenti e insegnanti. Riconoscere la scuola come luogo di cooperazione, negoziazione e condivisione tra studenti, docenti e famiglie. Garantire la partecipazione degli alunni alle decisioni didattiche. Organizzare attività extracurricolari per favorire la socializzazione. *Che cosa significa costruire una “mappa delle differenze” nel panorama educativo?. Classificare le scuole in base alla loro efficacia. Uniformare i modelli educativi per garantire equità. Separare le scuole tradizionali da quelle sperimentali. Conoscere e valorizzare la varietà delle esperienze scolastiche per riflettere su adattamento e trasformazione. Qual è la differenza tra scuole nate per necessità e scuole nate da scelta pedagogica?. Le prime sono temporanee, le seconde permanenti. Le prime sono pubbliche, le seconde sono private. Le prime rispondono a condizioni di fragilità, le seconde propongono visioni educative alternative. Le prime si rivolgono agli adulti, le seconde ai bambini. Perché il contesto educativo è considerato parte attiva del processo formativo?. Perché garantisce la sicurezza degli alunni. Perché determina il livello di istruzione raggiungibile. Perché influisce su tempi, linguaggi, relazioni e modalità di partecipazione. Perché definisce il curricolo ministeriale. Qual è il contributo delle scuole “altre” alla riflessione pedagogica contemporanea?. Si limitano a fornire assistenza educativa in situazioni di emergenza. Propongono modelli di istruzione esclusivamente alternativi. Sostituiscono la scuola tradizionale nei territori marginali. Ampliano il significato della scuola, offrendo prospettive diverse su spazio, tempo, relazione e apprendimento. Che cosa caratterizza le cosiddette “scuole altre”?. Sono ambienti destinati esclusivamente all’istruzione domiciliare. Sono scuole che operano al di fuori della legalità. Sono istituzioni che si oppongono alla scuola tradizionale. Sono esperienze educative che rispondono a bisogni specifici o propongono visioni pedagogiche alternative. Perché questi servizi non sono considerati interventi straordinari?. Perché sono gestiti da enti privati convenzionati. Perché non prevedono valutazione degli apprendimenti. Perché sono parte integrante del sistema scolastico nazionale e regolati dal Ministero dell’Istruzione. Perché sono attivati solo in casi di emergenza socio-sanitaria. In che modo la scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare custodiscono la dimensione relazionale dell’apprendimento?. Offrendo normalità, speranza e legame con la vita quotidiana, anche nei momenti di fragilità. Limitando il contatto con i compagni per motivi sanitari. Garantendo la trasmissione dei contenuti curricolari. Sostituendo la classe con un ambiente protetto. Quali attori collaborano per garantire la continuità educativa in questi servizi?. Studenti, sindacati, enti locali. Famiglia, scuola, dirigente scolastico, insegnanti, équipe sanitaria e servizi sociali. Ministero, università, centri di ricerca. Psicologi, pedagogisti, tecnici informatici. Qual è il principio fondamentale che guida la scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare?. L’educazione deve adattarsi alle esigenze del sistema sanitario. Il diritto allo studio non può essere sospeso, neppure in condizioni di malattia o fragilità. L’istruzione deve essere sempre svolta in presenza. La scuola deve garantire la valutazione anche in assenza. Qual è la differenza tra scuola in ospedale e istruzione domiciliare?. La prima si svolge in strutture sanitarie, la seconda a casa dello studente. La prima è pubblica, la seconda privata. La prima è rivolta agli adulti, la seconda ai bambini. La prima è temporanea, la seconda permanente. Qual è l’obiettivo principale della scuola in ospedale?. Mantenere attivo il diritto all’apprendimento e alla relazione anche in condizioni di fragilità. Garantire la valutazione finale degli alunni ricoverati. Sostituire l’intervento sanitario con attività educative. Offrire un’alternativa alla scuola tradizionale. Come si caratterizza la didattica in ospedale?. Si svolge solo in presenza di personale sanitario. È centrata esclusivamente sull’apprendimento cognitivo per non accumulare ritardi sul programma scolastico. Segue rigidamente il programma ministeriale. È flessibile, individualizzata e adattata ai tempi della cura e alle energie del bambino. Perché il docente ospedaliero è definito “figura ponte”?. Perché gestisce le relazioni tra alunni e compagni di classe. Perché collega scuola, famiglia ed équipe sanitaria, garantendo continuità e coerenza educativa. Perché si occupa della logistica tra ospedale e scuola. Perché svolge attività di mediazione culturale. Che significato assume l’apprendimento in condizioni di malattia?. Diventa riaffermazione dell’identità di alunno e occasione di resilienza. È sospeso fino alla guarigione completa. È sostituito da attività ludiche e ricreative. Tutte le risposte sono false. Qual è l’effetto dell’esperienza ospedaliera sui compagni di classe dell’alunno malato?. Può generare disagio e distanza emotiva nel gruppo. Porta a una riorganizzazione del curricolo. Può favorire una crescita civile ed empatica, promuovendo una visione più inclusiva della scuola. Riduce la partecipazione scolastica per mancanza di motivazione. Qual è il ruolo dell’insegnante montessoriano?. Tutte le risposte sono vere. Trasmettere contenuti in modo diretto e sistematico. Valutare costantemente le prestazioni degli alunni. Preparare l’ambiente, osservare e intervenire solo quando necessario. Che cosa si intende per “mente assorbente” nel metodo Montessori?. La predisposizione all’apprendimento linguistico. La dipendenza dall’adulto per costruire significati. L’attitudine a memorizzare nozioni teoriche. La capacità del bambino di conoscere il mondo attraverso l’esperienza diretta. Qual è il principio centrale del pensiero pedagogico di Maria Montessori?. L’insegnante deve guidare ogni fase del processo educativo. L’educazione deve essere trasmissiva e direttiva. L’infanzia è una fase passiva da proteggere. Il bambino è un soggetto competente e attivo, capace di costruire autonomamente il proprio apprendimento. Perché il metodo Montessori è considerato universale?. Perché si fonda sulla natura umana e non su contingenze storiche o culturali. Perché si adatta solo a bambini con bisogni educativi speciali. Perché è stato adottato da tutte le scuole pubbliche. Perché è stato sviluppato per le periferie urbane. Qual è il fondamento filosofico della scuola steineriana?. L’antroposofia, che considera l’uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito. Il comportamentismo, che si basa su stimolo e risposta. Il cognitivismo, che privilegia l’elaborazione mentale. Il positivismo, che valorizza l’osservazione scientifica. In che senso la scuola steineriana è anche un progetto sociale?. Perché adotta un modello gestionale centralizzato. Perché si rivolge esclusivamente a bambini con bisogni educativi speciali. Perché supera le barriere di classe e religione, promuovendo educazione integrale e responsabilità collettiva. Perché è finanziata da enti pubblici e privati. Che cosa caratterizza le “lezioni d’epoca” nel piano di studi Waldorf?. Sono attività extracurricolari svolte nel pomeriggio. Sono incontri tra insegnanti e genitori per discutere il programma. Sono momenti dedicati alla valutazione finale degli apprendimenti. Sono cicli intensivi in cui una materia viene approfondita quotidianamente per alcune settimane. Quali sono i tre principi cardine della pedagogia Waldorf?. Creatività, disciplina e rendimento. Inclusione, controllo e replicabilità. Libertà, fraternità e uguaglianza. Autonomia, valutazione e competizione. *Quali sono alcune finalità educative della scuola nel bosco?. Favorire la competizione tra pari. Promuovere salute fisica, autonomia, educazione ambientale e relazioni prosociali. Preparare i bambini alla scuola secondaria. Insegnare le discipline scientifiche in modo intensivo. Qual è il principio comune alla scuola nel bosco?. Garantire la sicurezza attraverso ambienti protetti e chiusi. Sostituire la scuola tradizionale con attività ricreative. Ridurre il tempo scolastico per favorire il benessere. Offrire ai bambini occasioni di apprendimento autentico attraverso l’immersione nell’ambiente naturale. Qual è il significato pedagogico del “cerchio del mattino”?. È un rito che segna l’appartenenza al gruppo e prepara all’esplorazione. È una tecnica per gestire il comportamento. È un momento di valutazione delle competenze. È una pausa per il riposo prima delle attività. In che senso la scuola nel bosco è un progetto culturale e sociale?. Perché offre un’alternativa economica alla scuola pubblica. Perché riduce l’impatto ambientale delle strutture scolastiche. Perché costruisce comunità educanti consapevoli e promuove cittadinanza ecologica e solidale. Perché si rivolge solo a famiglie con visione pedagogica alternativa. he cosa distingue la forma classica della scuola nel bosco?. Si svolge interamente all’aperto, con rifugi di emergenza in caso di maltempo. Prevede uscite stagionali programmate. Si basa su attività digitali in ambienti naturali. Alterna attività nel bosco e in aula. Qual è il ruolo della natura nella tradizione pedagogica?. È sfondo decorativo per attività scolastiche. È spazio di svago e ricreazione. È luogo da evitare per motivi di sicurezza. È ambiente formativo che stimola osservazione, sensibilità, relazione e senso del limite. Che cosa significa educare in e out secondo l’Outdoor Education?. Svolgere lezioni all’aperto solo in primavera. Integrare ambiente interno ed esterno in un continuum vitale, superando la frammentazione tra mente e corpo. Alternare momenti di studio e di riposo. Separare le attività scolastiche da quelle ricreative. Quali sono gli effetti del “deficit di natura” sull’infanzia contemporanea?. Insicurezza, perdita di senso, difficoltà di concentrazione. Riduzione dei comportamenti antisociali. Maggiore autonomia e capacità di adattamento. Aumento della motivazione scolastica. Quali competenze vengono sviluppate attraverso l’educazione all’aperto?. Organizzative e gestionali. Logico-matematiche e scientifiche. Tecniche, digitali e linguistiche. Motorie, cognitive, relazionali ed emotive. Che cosa caratterizza l’Outdoor Education?. È un approccio per insegnare educazione civica nei parchi. È una pedagogia esperienziale che valorizza l’ambiente esterno come spazio privilegiato per l’apprendimento. È una tecnica per migliorare la concentrazione in aula. È una metodologia per svolgere attività sportive all’aperto. |




